Il cosiddetto piano salva casa del ministro delle Infrastrutture e vicepremier, Matteo Salvini, sembra pronto per approdare in Consiglio dei Ministri. Il provvedimento volto a regolarizzare e sanare le lievi difformità edilizie che si trovano all’interno delle mura domestiche dovrebbe essere esaminato in settimana. Domani mattina dovrebbe arrivare in preconsiglio e venerdì in Cdm. Ma in cosa consiste? E perché non si deve parlare di condono? Cerchiamo di capirne i contenuti, in base alle ultime notizie, in attesa di avere maggiori chiarimenti.
Parlando di questo piano salva casa, lo stesso Salvini ha voluto precisare che “piano casa significa sì sanatoria, ma di piccole difformità interne anche a causa di leggi discordanti. Un concetto diverso dal condono, che significa possibilità di sistemare opere che oggi non sono legali”. Il provvedimento dovrebbe così prevedere la possibilità di sanare alcune modifiche interne, come lo spostamento di muri e tramezzi o la chiusura di verande, e piccole modifiche esterne, come l’ampliamento di finestre e balconi o la realizzazione di tende da esterno.
GTRES
Come spiegato dal Sole 24 Ore, il decreto “conterrà interventi sulle tolleranze costruttive e le parziali difformità”, ossia “difformità minori che non vanno a incidere sulla struttura di un edificio, sulle sue caratteristiche essenziali”. Il tutto con l’obiettivo di consentire la possibilità di sanare “i piccoli interventi non pienamente legittimi, ma non andare a condonare abusi”.
A quanto pare, il provvedimento – che dovrebbe interessare gli edifici realizzati prima della fine degli Anni ’70 – prende in considerazione piccoli scostamenti dai parametri autorizzati che non rappresentano un illecito edilizio e interventi “non eccessivamente pesanti e impattanti” che non richiedono titolo abilitativo, permesso e comunicazione.
Come precisato sempre dal Sole 24 Ore, il piano salva casa dovrebbe articolarsi su tre livelli:
i problemi di natura formale, come errori di rappresentazione nel progetto che sono stati corretti al momento dell’esecuzione in cantiere e che quindi provocano un disallineamento tra il progetto autorizzato e la realtà degli immobili;
le difformità interne non solo formali, come le modifiche di alcuni elementi effettuate prima del 1977, quando non era prevista la presentazione di tutte le planimetrie in occasione del progetto, e le modifiche interne intervenute nei decenni;
le difformità che potevano essere sanate al momento della realizzazione dell’intervento, ma che adesso non sono più regolarizzabili per effetto del meccanismo della doppia conformità.
Dopo il via libera alla direttiva europea sulle cosiddette case green, la domanda nasce spontanea: a che punto è l’Italia? Quante sono le case in regola con le nuove disposizioni e quante quelle che dovranno mettersi in pari con i requisiti richiesti entro i tempi richiesti? L’obiettivo della direttiva approvata dall’Ecofin lo scorso 12 aprile è infatti ridurre in maniera netta il consumo energetico e le emissioni di gas inquinanti riconducibili a case e palazzi entro il 2035, con il fine ultimo di realizzare immobili a zero emissioni entro il 2050. Vediamo qual è la situazione nelle regioni italiane.
La classifica nazionale, stilata grazie ai dati raccolti dal Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE), prende in considerazione variabili come gli APE green, che deve contenere la classificazione energetica degli immobili, le emissioni di CO2 e gli indici di consumo medio di energia rinnovabile (EPgl,ren) e non rinnovabile (EPgl,nren).
Sulla base di questi dati, quella che emerge è una situazione in cui, ad avere l’attestato di prestazione energetica, è una netta minoranza di case italiane. Tra le regioni che ne hanno di più, è la Valle d’Aosta ad aggiudicarsi il titolo di prima regione d’Italia per case green, grazie ad un punteggio di 8,4 su 10: è prima per l’elevato numero di attestati di prestazione energetica APE (22,1%) – superiore alla media italiana di 14,3% di attestati – e per l’indice di consumo medio di energia rinnovabile (40,8 kWh/m2 anno).
La medaglia d’argento, invece, va al Trentino-Alto Adige con uno score di 7,9. Al terzo posto troviamo Lombardia – seconda per numero di attestati di prestazione energetica (20,7%) – e Basilicata – quarta per APE (18,6%) e per l’impiego medio di energia rinnovabile (25,9 kWh/m2 anno) –, che totalizzano entrambe un 7,6 su 10.
Fuori dal podio Marche (6,4) e Friuli Venezia-Giulia (6), seguite a pari merito da Abruzzo (5,8) – caratterizzato da basse emissioni di CO2 e da un uso ridotto di energie non rinnovabili – e Veneto (5,8) – penalizzato da un basso utilizzo di energia rinnovabile.
La classifica prosegue poi con Piemonte (5,4) e Toscana (5). Al nono posto, entrambe con un punteggio di 4,9, Puglia e Umbria: la prima, grazie al rilascio di basse quantità di CO2; la seconda, per l’alto valore di consumo medio di energia rinnovabile. Chiude la top 10 la Sicilia (4,7), prima per emissioni ridotte di anidride carbonica.
Tra le regioni meno virtuose, con margini di miglioramento, la Calabria (4,4), l’Emilia-Romagna (4,1) – prima per utilizzo di energia non rinnovabile con 240,7 kWh/m2 anno, superiore alla media annuale italiana di 203,7 kWh/m2 –, Molise (3,8) e Lazio (3,1), sulle quali pesa un numero estremamente ridotto di APE green rilasciati.
La ripresa del mercato immobiliare italiano partirà dal secondo semestre dell’anno in corso. La previsione è contenuta nella nona edizione di Real Estate DATA HUB, il report realizzato dai Centri Studi di RE/MAX Italia e di Avalon Real Estate in collaborazione con l’Ufficio Studi di 24MAX. Lo studio presenta con esclusive analisi sull’andamento del mercato immobiliare italiano nel 2023 e un outlook del 2024 e dettagliati approfondimenti sulle dinamiche delle città di Roma, Milano, Bologna e Palermo e sulle relative regioni, esaminate per singoli comparti: residenziale e lusso, logistico, direzionale, commerciale e ricettivo.
Negli ultimi due anni, le dinamiche del mercato immobiliare sono state fortemente influenzate dall’aumento combinato dei prezzi degli immobili e dei tassi di interesse. “L’incremento dei tassi di interesse e dell’inflazione ha determinato un riaggiustamento al rialzo dei rendimenti attesi nel corso del 2023, comportando così una riduzione nel numero di transazioni; il successivo stop alla politica monetaria restrittiva e la riduzione dei tassi prevista per i prossimi mesi stanno iniziando a riattivare il mercato, sbloccando l’atteggiamento cautelativo adottato finora dagli investitori”, spiega Paolo Ranieri, partner di Avalon Real Estate.
Un’altra componente che sta acquisendo sempre più rilevanza, ai fini dell’equilibrio del mercato, riguarda lo stock di immobili in vendita. Il 2023 ha confermato le aspettative di rallentamento degli investimenti con una contrazione della domanda, da un lato, disincentivata dall’aspetto economico, dall’altro, dalla riduzione dell’offerta che sbilancia il mercato dal lato dei venditori. I comparti immobiliari analizzati hanno risentito del contesto macroeconomico in modo diverso.
Nel 2023, è stato il settore residenziale ad aver risentito maggiormente degli effetti dei tassi interesse, con una riduzione delle compravendite di quasi il 10% rispetto al 2022. Il comparto direzionale è rimasto stabile, mentre il segmento retail ha mostrato una crescita in linea con quanto verificatosi nel 2022. Per quanto riguarda il 2024, l’effetto dell’attesa riduzione dei tassi di interesse da parte della BCE ipotizzata per il mese di giugno si rifletterà gradualmente sull’andamento del mercato nei mesi successivi, favorendo un ritorno della fiducia degli investitori con un aumento graduale della domanda nella seconda parte dell’anno. Tra le destinazioni d’uso, si prevede che continuerà ad attrarre sempre più interesse il settore industriale-logistico, che si conferma asset class del 2023.
Analisi del mercato residenziale
Secondo le analisi della nona edizione di Real Estate DATA HUB, nel 2023 il mercato residenziale ha manifestato un certo dinamismo, con un’attività più intensa nella prima parte dell’anno e un lieve rallentamento nel terzo e quarto trimestre, in linea con la stagionalità storica. “Va sottolineato che queste fluttuazioni non hanno inciso sul riequilibrarsi della domanda, confermando il trend di un mercato in consolidamento”, commenta Dario Castiglia, Ceo & Founder di RE/MAX Italia.
A livello nazionale si osserva un maggior aumento dell’offerta in provincia rispetto alle città, con qualche eccezione nei grandi centri urbani. Secondo l’analisi degli immobili transati riportata nel Real Estate DATA HUB, le preferenze dei consumatori si sono mantenute sostanzialmente stabili rispetto al 2022, confermando al primo posto i trilocali (42,55% del totale) in tutte le regioni italiane, seguiti dai bilocali (23,93%), soprattutto al Centro e al Nord, e dai quadrilocali (17,74%), particolarmente ricercati nel Sud e nelle isole.
I monolocali, invece, risultano essere la tipologia di immobile meno transata in tutte le regioni, con un’incidenza intorno al 2% sul totale. Nel panorama del mercato immobiliare residenziale, la Lombardia emerge come la regione trainante, seguita, nel Nord, da Veneto e Piemonte. Nel Centro Italia, il Lazio si posiziona al vertice, seguito da Toscana ed Emilia-Romagna, mentre al Sud, la Puglia e la Campania mostrano una significativa attività. Nelle isole, la Sicilia guida il mercato.
Nell’ultima parte del 2023, i giorni sul mercato per la vendita di immobili residenziali sono ritornati ai livelli del 2022: occorronoin media 7 mesi per concludere un’operazione di vendita e 3 mesi per l’affitto. Analizzando il mercato nazionale per macroaree, si osserva un andamento simile e con una maggiore dinamicità al Nord, dove i giorni di mercato si riducono a circa 5 mesi. Sul fronte dei prezzi si registra una leggera crescita nel lungo periodo. Anno su anno si evidenzia una fluttuazione rispetto al trend dei prezzi al metro quadro, con un rallentamento che nel 2023 si attesta sui 1.762 euro, rispetto ai 1.812 euro del 2022.
Mercato creditizio
Secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi di 24MAX – società di mediazione creditizia del Gruppo RE/MAX, il 93,78% dei mutui erogati nel secondo semestre 2023 è stato finalizzato all’acquisto. Il tasso fisso si conferma la soluzione preferita, con il 79,66%, mentre il tasso variabile è al 18,77% e il tasso misto al 1,57%. Aumenta la percentuale di richiedenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Per le fasce di età, quella compresa tra i 35-44 anni si conferma essere la più attiva, rappresentando il 36,3% della domanda.
Stabile l’importo medio erogato, che si mantiene in un intervallo compreso fra i 100 e i 140 mila euro. “Il mercato del credito e l’accessibilità dei mutui hanno certamente scoraggiato potenziali venditori che intendevano cambiarecasa”, spiega Castiglia, che ad oggi ricopre anche la carica di Amministratore Delegato di 24MAX. “Un eventuale taglio dei tassi certamente stimolerebbe la domanda, determinandone aumenti graduali verso la fine dell’anno”.
Immobiliare logistico
Nel corso del 2023, nonostante il contesto macroeconomico, il settore logistico si è confermato il più dinamico, continuando a distinguersi per la capacità di adattarsi alle nuove esigenze e alle sfide del futuro. I crescenti costi di sviluppo hanno ridotto la costruzione di nuovi immobili, mentre la domanda è rimasta alta, comportando un incremento dei prezzi. La crescita del settore è stata favorita dal boom dell’e-commerce e dalla relativa richiesta di consegne rapide ed efficienti. Per il 2024 si prevede un ulteriore rafforzamento del comparto.
Immobiliare direzionale
Nel corso del 2023, l’immobiliare direzionale si è dimostrato attivo grazie a un parziale allentamento dell’atteggiamento prudenziale degli investitori interessati a location prime e asset di qualità. Per il 2024, si evidenziano prospettive di crescita con una particolare attenzione agli immobili di qualità e ai collegamenti infrastrutturali delle location meno centrali.
Immobiliare commerciale
Il mercato retail è sempre più caratterizzato da nuove esigenze legate all’esperienza di acquisto, all’omnicanalità e alla sostenibilità. A fronte della riduzione degli investimenti registrata nel 2023, nei prossimi mesi ci si aspetta una ripresa, sostenuta dal profondo processo di trasformazione già in atto e dal rafforzamento del mercato High Street dove cresce la domanda di immobili di alta qualità posizionati in zone centrali.
Immobiliare ricettivo
I dati relativi al 2023, combinati con i primi andamenti visibili nel 2024, portano a sperare in una ripresa sempre più decisa del settore ricettivo, dove l’offerta turistica italiana si sta arricchendo con nuove proposte esperienziali, attirando una clientela sempre più esigente, proveniente anche dall’estero.
La legge di Bilancio 2024 ha introdotto alcune importanti novità in tema di cedolare secca per le locazioni brevi. In particolare, secondo quanto disposto, dallo scorso primo gennaio l’aliquota è passata dal 21 al 26 per cento. Attenzione però: la tassazione più elevata riguarda solo la seconda, terza e quarta casa locata. In caso di quinto immobile affittato è invece necessario aprire la partita Iva. Ma da quando bisogna tener conto dell’aumento dell’aliquota? La risposta l’ha fornita il Fisco. Si ricorda, inoltre, che per locazione breve si intende un contratto di locazione per un immobile a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni.
A Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, è stato domandato: Da quando bisogna tener conto dell’aumento dell’aliquota al 26% riguardante la cedolare secca? Se il contratto di locazione breve è stato stipulato a fine 2023 con scadenza a gennaio 2024 è ancora applicabile l’aliquota del 21%?”.
Cosa cambia nel 2024 per gli affitti brevi?
Nel fornire la sua risposta, il Fisco ha ricordato che le nuove disposizioni che prevedono un aumento dell’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca si applicano a partire dal 1° gennaio 2024, quando è entrato in vigore l’articolo 1, comma 63, della legge n. 213/2023 (legge di Bilancio 2024).
È proprio di questi giorni poi una circolare dell’Agenzia delle Entrate (la circolare n. 10/2024) con la quale è stata fatta una precisazione:
indipendentemente dalla data di stipula dei contratti e dalla percezione dei canoni, l’imposta sostitutiva nella misura del 26% è dovuta sui redditi derivanti dai contratti di locazione breve maturati a partire dal 1° gennaio 2024 (secondo il principio del pro-rata temporis, in base all’articolo 26 del Tuir).
La nuova aliquota del 26% si applica quindi sui redditi di locazione maturati dal 1° gennaio 2024, a prescindere dalla data di stipula dei relativi contratti e dalla percezione dei canoni.
È però importante ricordare che l’aliquota dell’imposta sostitutiva della cedolare secca sarà applicata al 26% a partire dal secondo immobile dato in locazione. Il proprietario che mette in locazione diverse unità ha dunque la possibilità di sceglierne una per ciascun periodo d’imposta per cui fruire dell’aliquota ridotta del 21%. La scelta dovrà essere indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta d’interesse.
Quando si paga la cedolare secca sugli affitti brevi 2024?
La cedolare secca può essere pagata in un’unica soluzione entro il 30 novembre dell’anno di riferimento, se l’importo è inferiore a 257,52 euro. Deve invece essere corrisposta in due rate se l’importo dovuto è superiore a 257,52 euro: la prima, del 40%, deve essere saldata entro il 30 giugno; a seconda, del restante 60%, entro il 30 novembre.
L’Istat ha pubblicato i dati che si riferiscono all’inflazione rilevata ad aprile 2024, evidenziando un aumento dello 0,8% su base annua. L’indice FOI cresce allo stesso identico passo dell’indice nazionale dei prezzi al consumo (sempre 0,8%), il che farà scattare un aumento, seppur contenuto, per i canoni di locazione degli inquilini che hanno il rinnovo annuale dell’affitto. In Italia, si dovranno pagare mediamente circa 6 euro in più al mese (e 72 euro all’anno). Scopriamo quanto aumentano gli affitti a seconda delle diverse città italiane.
l peso dell’inflazione si traduce in uno degli effetti più tangibili per le finanze delle famiglie italiane per chi ha l’adeguamento dei canoni di locazione annuale (per i contratti 4+4). Gli aumenti più rilevanti sono quelli con cui dovranno fare i conti gli inquilini milanesi, che vedranno aumentare l’affitto mensile di 15 euro in più al mese rispetto allo scorso anno. A Roma, invece, l’incremento mensile sarà di 9 euro in media.
È il quadro che emerge da un’analisi di idealista, portale leader per sviluppo tecnologico in Italia, che ha calcolato quanto inciderà l’aumento dell’inflazione sull’adeguamento dei contratti di locazione di un trilocale in base all’Indice dei prezzi al consumo aggiornato e pubblicato dall’Istat. L’aumento dell’inflazione incide direttamente sui contratti di locazione legati all’indice FOI, ovvero quelli che prevedono la formula di durata 4+4.
Quanto aumentano gli affitti nei capoluoghi italiani con l’inflazione
I dati sono eleborati sulla media dei canoni di locazione di un trilocale rivalutati con l’indice FOI di aprile 2024
Pagina 1 di 6
Capoluogo
Canone aggiornato (€/mese)
Aggiornamento FOI 0,8% (€/mese)
Canone mediano di un trilocale ad aprile ’23 (€/mese)
Milano
1.915
15
1.900
Venezia
1.310
10
1.300
Bologna
1.210
10
1.200
Bolzano-Bozen
1.210
10
1.200
Firenze
1.210
10
1.200
Como
1.109
9
1.100
Roma
1.109
9
1.100
Monza
1.008
8
1.000
Ravenna
983
8
975
Modena
958
8
950
Padova
958
8
950
Verona
907
7
900
Napoli
897
7
890
Bergamo
877
7
870
Varese
857
7
850
Vicenza
857
7
850
Belluno
838
7
831
Bari
806
6
800
Prato
806
6
800
Parma
806
6
800
Il report si concentra sull’analisi della media dei canoni di locazione richiesti negli annunci di trilocali in affitto pubblicati su idealista. Per lo studio, infatti, è stato scelto questo taglio immobiliare nello specifico perché si tratta di quello più richiesto dalle famiglie, la categoria su cui l’aumento dell’inflazione pesa maggiormente.
In Italia, l’affitto per una casa con tre stanze, secondo quanto rilevato nel mese di aprile 2024, era di 720 euro al mese. Gli inquilini che hanno l’adeguamento annuale calcolato con l’indice di inflazione FOI di aprile 2024, quindi, dovranno pagare 6 euro in più al mese in media. Tuttavia, a seconda della zona in cui si vive gli aumenti possono subire differenze anche molto significative.
Lo scenario, infatti, muta in maniera anche marcata a seconda della città presa in esame (il report si è concentrato esclusivamente sui capoluoghi e non sulle province per via di una base dati molto più consistente) e della media dei canoni cittadini.
Gli inquilini che subiranno gli aumenti più evidenti dei canoni di locazione sono quelli di Milano (+15 euro al mese e 180 euro in più all’anno). Dato facilmente immaginabile, se si considera che il capoluogo lombardo risulta stabilmente anche quello in cui si registra la media degli affitti più cara d’Italia.
Aumentano di circa 10 euro al mese (120 all’anno) gli affitti per gli inquilini che hanno il rinnovo annuale del canone di locazione residenti a Venezia, Bologna, Bolzano e Firenze. Mentre a Roma e Como gli aumenti saranno di circa 9 euro al mese (e 108 all’anno).
Tra i capoluoghi del Sud, si segnalano gli aumenti di 7 euro al mese che si registrano a Napoli e di circa 6 euro al mese a Bari, Salerno e Cagliari. Più in generale, si registrano aumenti contenuti (non oltre i 3 euro mensili) a: Chieti, Reggio Calabria, Terni, Alessandria, Asti, Carbonia, Caltanissetta, Vibo Valentia, Biella, Enna, Isernia.
Dubbi sul funzionamento del Fondo di Garanzia Prima casa? Da oggi c’è la guida mutui di Abi aggiornata al 2024, che chiarisce tutte le procedure da attuare in caso di sospensione delle rate del mutuo, a quali mutui si applica questa misura, con quali modalità si può attivare il Fondo di Solidarietà e come presentare la domanda. Ecco quali temi sono approfonditi nella guida Abi sul Fondo di Solidarietà per i mutui prima casa 2024.
Nella Guida Abi “Fondo di garanzia per i mutui prima casa” si potranno trovare tutte le spiegazioni relative allo strumento che unisce istituzioni pubbliche e banche nel venire incontro ai mutuatari in difficoltà con il pagamento delle rate, esteso al 31 dicembre 2024 per quanto riguarda la garanzia fino all’80 per cento della quota capitale dei mutui in difficoltà. In particolare, la sospensione delle rate del mutuo si applica per l’acquisto dell’immobile, eventualmente accompagnato da una riqualificazione energetica. Sono sempre esclusi quelli di lusso, rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
La garanzia statale sui mutui di importo non superiore a 250mila euro, nel nel 2024 può arrivare all’80% in presenza di alcune condizioni. In particolare occorre avere un Isee fino a 40 mila euro e rientrare in una delle seguenti categorie per avere priorità:
giovani coppie (compresi i conviventi more uxorio da almeno due anni), di cui almeno uno under 36;
famiglie numerose
nuclei monogenitoriali con figli minori;
giovani under 36;
inquilini di alloggi IACP
Garanzia oltre l’80 per cento per famiglie numerose
In caso di famiglie numerose, la garanzia statale sui mutui prima casa può essere anche più consistente rispetto all’80 per cento. In particolare:
con tre figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 40mila euro annui: garanzia all’80%;
con quattro figli di età inferiore a 21 anni e ISEE non superiore a 45mila euro annui: percentuale massima di copertura fino all’85%;
con cinque o più figli di età inferiore a 21 anni con ISEE non superiore a 50mila euro annui: garanzia fino al 90%.
A quali mutui si applica il Fondo di Garanzia
La misura si applica ai mutui relativi all’acquisto di un immobile adibito ad abitazione principale non di lusso, che non superano l’importo di 250.000 euro. Il mutuo deve essere destinato all’acquisto dell’immobile, oppure all’acquisto con riqualificazione energetica. Sono sempre esclusi gli immobili di lusso, rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
Come fare domanda per il Fondo di Garanzia mutui prima casa
Per fare richiesta di sospensione delle rate, il cittadino in possesso dei requisiti previsti deve compilare il modulo pubblicato sul sito di Consap, gestore del Fondo, diverso per persone fisiche o cooperative edilizie, corredato della documentazione necessaria, da presentare presso la banca che ha concesso il mutuo, con le modalità definite dalla banca stessa. La banca deve aver aderito alla misura e far parte delle banche convenzionate. L’esito verrà comunicato entro 20 giorni dalla presentazione della domanda.
La novità scatterà a partire dal 2028, ma dal 2025 l’aliquota scenderà al 36%
Tra le plieghe del maxi emendamento del governo al decreto 39/2024, o dl superbonus,si nasconde anche un’importante novità per il bonus ristrutturazione. Una modifica che sebbene non abbia un impatto immediato sull’agevolazioni per le ristrutturazioni per il 2024, attualmente in vigore con un’aliquota del 50%, mette un’ipoteca importante per il 2025 e soprattutto dal 2028 in avanti.
Tra i piani del governo c’è una completa ristrutturazione delle agevolazioni sulla casa. Se la prova più palese è il maxi emendamento al dl superbonus, che introduce lo spalma crediti obbligatorio in 10 anni per le spese sostenute nel 2024 e nel 2025 e prevede che non sarà più possibile compensare i crediti fiscali con contributi previdenziali o INAIL da parte delle banche, un segnale importante è anche l’intervento sul bonus ristrutturazione che per il 2024 ha un’aliquota del 50%.
Bonus ristrutturazioni al 30% dal 2028
L’articolo 9 bis comma 8, prevede infatti“all’articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: «3-ter. Per le spese agevolate ai sensi del presente articolo sostenute a partire dal 1° gennaio 2028 al 31 dicembre 2033, escluse quelle di cui al comma 3-bis, l’aliquota di detrazione è ridotta al 30 per cento»“. Detto in altre parole, a partire dal 2028 l’attuale aliquota del bonusristrutturazionescenderà al 30%.
Bonus ristrutturazione nel 2025
Ma la novità riguarda anche il bonus ristrutturazioni nel 2025 perché a partire dal prossimo anno la percentuale di detrazione sarà infatti del 36%. Questo perché il 36% è l’aliquota standard dell’agevolazione per le ristrutturazioni che è attualmente al 50% per via delle maggiorazioni introdotte anno dopo anno dal governo. Cambia l’aliquota, ma cambia anche il tetto massimo di spesa. Dall’attuale 96mila euro, a gennaio 2025 si passerà infatti alla metà 48mila euro. Un limite che dovrebbe essere confermato dal 2028.
Per l’acquisto il tasso di sforzo è passato dal 18,5% al 19,5% nell’ultimo anno, mentre quello dell’affitto è passato dal 24,2% al 26,8%
Secondo una recente analisi condotta da idealista, il portale immobiliare leader per lo sviluppo tecnologico in Italia, la quota del reddito familiare necessaria per l’acquisto di un’abitazione è aumentata di un punto percentuale nell’ultimo anno, raggiungendo il 19,5%. Allo stesso tempo, la percentuale del reddito familiare richiesta per la locazione è salita di oltre 2 punti percentuali, arrivando al 26,8% nel primo trimestre del 2024. Lo studio prende come riferimento appartamenti con due camere da letto e fotografa l’impegno economico richiesto per la casa da parte delle famiglie italiane.
Sforzo per l’acquisto
Nel contesto dell’attuale mercato immobiliare italiano, emerge un quadro complesso riguardo all’effort finanziario richiesto per l’acquisto di una casa rispetto all’affitto. Secondo recenti dati, in 34 capoluoghi italiani il tasso di sforzo per l’acquisto di un immobile raggiunge livelli significativamente alti, superando la media nazionale del 19,5%. Tra le città dove la quota per l’acquisto di una nuova abitazione supera il livello di guardia del 30% del reddito familiare consigliato dagli esperti, spiccano Venezia (39,7%), Bolzano (36,2%), Milano (35,9%), Rimini (33,5%), Napoli (33,4%) e Firenze (30,3%). Roma e Bologna, pur figurando ai primi posti della graduatoria, si collocano poco sotto tale livello, rispettivamente al 28,2% e al 26,5%.
Al contrario, altre 72 città capoluogo registrano un tasso di sforzo per l’acquisto inferiore alla media nazionale, con variazioni che vanno dal 19,4% di Brescia al 6,1% di Biella, che si conferma come il capoluogo con il minor impatto finanziario per l’acquisto di un’abitazione in Italia.
Rispetto all’anno precedente (primo trimestre 2023), si osserva un significativo aumento del tasso di sforzo per l’acquisto in 82 capoluoghi italiani, con aumenti che vanno dal 5,2% di Pesaro allo 0,1% registrato a Cremona e Varese. Napoli segna il maggiore incremento anno su anno con il 3,8%, seguita da Firenze (3,7%). Milano è l’unico grande mercato a evidenziare un calo (-1,7%) nel medesimo periodo. Inoltre, tra i 22 capoluoghi dove la quota di reddito familiare necessaria per l’acquisto di una casa è diminuita, spicca Bolzano con il maggiore ribasso del 6,3%.
A livello provinciale, è sempre Bolzano a mettersi in luce come la provincia con il tasso di sforzo più elevato per l’acquisto di un’abitazione, raggiungendo il 39,7%. Seguono da vicino Savona (35,6%), Imperia (34,4%) e Rimini (33,9%), evidenziando una significativa pressione economica sulle famiglie in queste aree. Napoli (29,6%), Milano (26,7%), Venezia (26,6%), Firenze (26,4%) e Roma (25,5%) sono altre province in cui si registra un notevole impegno finanziario per l’acquisto di una casa. Dall’altro lato dello spettro, spicca Biella con un tasso di sforzo del 5,1%, confermandosi come la provincia dove l’acquisto di un’abitazione richiede uno sforzo economico meno impattante rispetto alla media nazionale.
Anche nelle province italiane, l’impegno finanziario per l’acquisto di una casa è in aumento nella stragrande maggioranza delle aree monitorate (90), confermando la tendenza diffusa nel mercato nazionale. Solo in 16 province si sono registrati cali, mentre Avellino si distingue per aver mantenuto un tasso di sforzo invariato rispetto all’anno precedente.
Sforzo per l’affitto
L’impegno finanziario delle famiglie italiane per l’affitto cresce in numerose città italiane nell’ultimo trimestre, precisamente in 60 capoluoghi sugli 82 monitorati in questo report.
Sei città italiane superano il 30% consigliato dagli esperti per lo sforzo nell’affittare una casa con due camere da letto. Firenze si distingue con la percentuale più alta, raggiungendo il 42,8% del reddito familiare necessario per affittare, seguita da Como (42,4%), Napoli (41,2%), Milano (41%), Venezia (38,8%) e Brescia (30,5%). Al di sotto di questi livelli, ma comunque sopra la media nazionale, troviamo Barletta (29,5%), Bolzano (28,6%), Padova (27,7%) e Cagliari (27,6%).
Complessivamente, 78 capoluoghi italiani presentano un tasso di sforzo per la locazione inferiore alla media nazionale del 26,8%, con Bologna (26,6%) e Roma (26,5%) in testa di una lista che vede Enna e Vibo Valentia le città meno onerose per le tasche degli inquilini, richiedendo solo l’11,9% del reddito familiare da destinare all’affitto.
Nel contesto dei principali mercati urbani, l’impegno finanziario per l’affitto è cresciuto nell’ultimo anno a Napoli (8,4%) e Torino (3,4%), mentre è diminuito a Milano (1,8%) e in particolare a Roma (-5,7%).
Guardando alle province, ben 24 aree superano la media nazionale del 26,8% per la quota di reddito familiare destinata all’affitto. La provincia di Ravenna spicca per richiedere il maggior sforzo alle famiglie, con una media del 52,7% del reddito da destinare per l’affitto. La seguono Lucca e Milano, rispettivamente con il 50% e il 46,1%. Le variazioni superiori alla media italiana spaziano dal 36,4% di Firenze al 27% di Teramo. Al contrario, lo sforzo minore è richiesto nelle province di Biella (12,1%), Terni (13,2%) e Alessandria (13,7%).
Metodologia Il tasso di sforzo misura il peso della casa sul potere d’acquisto delle famiglie. Nel caso della compravendita: è la percentuale del reddito familiare netto annuo (ISTAT) destinato all’acquisto di un trilocale nella zona d’interesse identificata, con un mutuo di 30 anni, un tasso di interesse in linea con l’aggiornamento mensile dalla BCE e un contributo iniziale del 20%. Il calcolo viene effettuato utilizzando il prezzo mediano di zona dei trilocali, al quale viene scontato il margine di negoziazione.
Dal trimestre precedente è stata aggiornata la metodologia sul calcolo del mutuo, attualmente nel calcolo del tasso di sforzo viene utilizzato il tipo di ammortamento alla francese.
Seguono le tabelle con i dati nazionali, provinciali e cittadini relativi al tasso di sforzo per l’acquisto di un’abitazione aggiornati a marzo 2024
Il tasso di sforzo per comprare e affittare casa per provincia
Pagina 1 di 6
Provincia
Affitto mar-23
Affitto mar-24
Acquisto mar-23
Acquisto mar-24
Agrigento
22,3%
21,8%
14,1%
13,3%
Alessandria
13,5%
13,7%
8,0%
8,2%
Ancona
17,7%
16,7%
13,4%
15,2%
Aosta
n.d.
n.d.
21,0%
20,6%
Arezzo
16,6%
16,0%
13,6%
14,3%
Ascoli Piceno
20,0%
20,4%
20,7%
21,1%
Asti
13,5%
14,4%
9,4%
10,7%
Avellino
16,6%
16,6%
11,3%
11,3%
Bari
26,2%
26,0%
19,6%
20,6%
Barletta-Andria-Trani
28,9%
27,7%
24,0%
24,3%
Belluno
29,4%
28,2%
15,3%
15,6%
Benevento
18,1%
18,7%
11,9%
12,7%
Bergamo
22,8%
23,4%
15,4%
16,0%
Biella
11,4%
12,1%
4,8%
5,1%
Bologna
26,2%
25,9%
21,2%
22,0%
Bolzano-Bozen
34,4%
31,4%
42,4%
39,7%
Brescia
27,9%
30,0%
22,6%
24,4%
Brindisi
31,7%
30,8%
16,0%
17,3%
Cagliari
27,1%
31,2%
20,3%
24,3%
Caltanissetta
17,6%
17,9%
9,5%
11,3%
Il tasso di sforzo per comprare e affittare casa per capoluogo
1.848 euro/m2 il prezzo medio del mattone in Italia
Gli ultimi dati dell’Ufficio Studi di idealista, portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia, rivelano un rallentamento nei prezzi delle abitazioni usate ad aprile (-0,1%), con una media di 1.848 euro al metro quadrato. L’andamento annuale dei prezzi rimane positivo, registrando un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente
Regioni
La tendenza dei mercati regionali mostra un quadro contrastato, con 10 aree in calo, 8 in aumento e due, Abruzzo e Puglia, che rimangono stabili rispetto a marzo. Con un balzo dell’1,4% ad aprile, il Trentino-Alto Adige registra il maggior aumento del periodo. Seguono altre 7 regioni con variazioni che vanno dallo 0,4% della Lombardia allo 0,1% dell’Emilia-Romagna. Al contrario, i maggiori ribassi si evidenziano nel Molise (-0,8%), in Campania e nel Lazio (entrambe giù dello 0,7%). Altri cali si collocano in un range che va dal -0,6% della Sicilia al -0,1% del Friuli-Venezia Giulia.
Il Trentino-Alto Adige si conferma come la regione con i prezzi al metro quadrato più elevati, raggiungendo i 3.144 euro. Seguono Valle d’Aosta (2.693 euro/m²), Liguria (2.507 euro/m²) e Toscana (2.329 euro/m²), tutte con prezzi superiori alla media nazionale. Anche Lombardia (2.197 euro/m²), Lazio (2.118 euro/m²) ed Emilia-Romagna (1.850 euro/m²) presentano valori al di sopra della media italiana. Le restanti regioni mostrano prezzi compresi tra i 1.820 euro del Veneto e gli 886 euro del Molise, la regione più economica per l’acquisto di un immobile in Italia.
Province
A livello provinciale, osserviamo un equilibrio tra aree in calo (50) e altrettante in crescita; nel frattempo, 6 macroaree (Siracusa, Arezzo, Firenze, Massa-Carrara, Brescia e La Spezia) rimangono stabili.
I maggiori rialzi registrati nel mese di aprile si sono verificati a Vercelli (1,9%), Trento e Isernia (entrambi 1,8%), seguiti da Macerata (1,4%) e Gorizia (1,3%). Al contrario, la provincia che ha registrato i maggiori ribassi dei prezzi è Benevento (-2,6%), seguita da Enna (-1,8%), Rimini e L’Aquila (entrambe -1,7%).
Sul versante dei prezzi, la provincia italiana più cara si conferma anche questo mese Bolzano, con i suoi 4.510 euro al metro quadro. La seguono Milano (3.434 euro/m²) e Lucca (3.098 euro/m²). Valori superiori alla media italiana in altre 27 province italiane compresi tra i 3.080 euro di Savona ed i 1.867 euro di Latina. Mentre, le aree provinciali meno costose per l’acquisto di un immobile sono Biella (628 euro/m²), Caltanissetta (669 euro/m2) e Isernia (678 euro/m2).
Capoluoghi
Nei capoluoghi, si osserva una leggera prevalenza di aree con prezzi in diminuzione (48), rispetto a quelle in aumento (46) e 10 che mantengono stabilità rispetto al mese precedente.
I maggiori incrementi del periodo si concentrano nelle città di Andria (2,9%), Udine (2,7%), Isernia (2,6%), Verbania (2,5%) e Como (2%). I capoluoghi di regione che Incrementano maggiormente il loro valore sono Firenze (0,9%), Bologna (0,5%) e Torino (0,2%). Milano e Roma rimangono stabili, mentre Palermo (-1%) e Napoli (-1,5%) registrano i maggiori cali. I ribassi più significativi si registrano a L’Aquila (-4,4%), Benevento (-3,8%) e Potenza (-3%).
Milano, nonostante la stabilizzazione di aprile, conferma la sua posizione come la città più costosa per acquistare casa, con un prezzo medio di 4.990 euro al metro quadrato. Seguono Bolzano (4.532 euro/m²) e Venezia (4.463 euro/m²). Firenze si posiziona al quarto posto della classifica con 4.121 euro/m², seguita da Bologna (3.470 euro/m²), Roma (3.021 euro/m²) è all’ottavo posto, Napoli (2.770 euro/m²) si colloca al decimo posto in termini di prezzi. Al contrario, Caltanissetta (732 euro/m²) si conferma come il capoluogo più economico d’Italia, seguita da Ragusa (735 euro/m²) e Biella (741 euro/m²) nella classifica dei valori immobiliari cittadini.
Nota metodologica
A partire dal rapporto relativo al secondo trimestre del 2022, abbiamo aggiornato la metodologia di calcolo per la determinazione del prezzo delle abitazioni rimuovendo gli annunci di aste dal campione storico di idealista (da gennaio 2012 ad oggi).
Tale approccio permette di minimizzare le distorsioni statistiche derivanti dai prezzi di questi annunci, che non rispecchiano l’effettiva richiesta del proprietario, ma il prezzo di base d’asta (prezzo inferiore al suo valore), e garantisce la massima accuratezza del nostro report. Dal 2021 abbiamo osservato una presenza crescente di annunci di aste sul portale, soprattutto nelle aree urbane, da qui la scelta di intervenire per rimuovere gli annunci prima di procedere al calcolo per minimizzare le distorsioni del campione e far sì che le serie di prezzi generate siano più stabili e rappresentino al meglio i prezzi di offerta. Nel 2019 idealista aveva introdotto una nuova metodologia di calcolo tesa a rendere la nostra analisi dell’evoluzione dei prezzi, specialmente in aree di piccole dimensioni, ancora più robusta che in passato. Per evitare salti nella nostra serie, i dati dal 2007 erano stati ricalcolati con la nuova metodologia. Su raccomandazione del team statistico di idealista/data, divisione specializzata nella gestione di grandi volumi di informazioni e nel data modeling, avevamo aggiornato la formula per indicare il prezzo medio con maggiore certezza: oltre a eliminare gli annunci atipici e con i prezzi fuori mercato, si calcola il valore mediano invece del valore medio. Con questo cambiamento, oltre ad affinare ulteriormente il nostro indice rendendolo più rispondente alla realtà del mercato, omologhiamo la nostra metodologia a quelle applicate in altri Paesi per ottenere dati immobiliari. Tra le tipologie immobiliari che compongono il campione da analizzare, vengono incluse le case unifamiliari (viletta o chalet), mentre sono esclusi gli immobili, di qualsiasi tipo, che sono rimaste nel nostro database senza ottenere interazioni utente per molto tempo. Inoltre, a partire da questo mese sono state scartate anche le aste. Il rapporto è sempre basato sui prezzi di offerta pubblicati dagli inserzionisti di idealista.