“Condividiamo le finalità espresse nel Dl casa, soprattutto in relazione alla possibilità di consentire la riqualificazione del patrimonio edilizio e favorirne il riutilizzo, contenere il consumo di suolo, favorire processi di rigenerazione urbana e far fronte al crescente fabbisogno abitativo, e giudichiamo positivamente alcuni contenuti a partire dalla volontà di semplificazione. Ma vi sono elementi di criticità che possono aprire la strada ad abusi o avere impatti negativi sugli standard urbanistici”. Così Cgil e Fillea in audizione nella commissione Ambiente della Camera sul decreto relativo a semplificazioni in materia edilizia e urbanistica, che, aggiungono: “Ci aspettavamo misure per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica e per favorire un mercato degli affitti a costi sostenibili, grandi emergenze del Paese che il decreto non affronta”.
Per Cgil e Fillea “è positivo che si intervenga, come richiesto più volte dal sindacato per far fronte a nuove esigenze, anche di carattere sociale e, non da ultimo, per permettere alle classi più disagiate di accedere alle agevolazioni per la riqualificazione del patrimonio edilizio diffuso, anche in previsione dell’applicazione della direttiva comunitaria case green. Il termine del 24 maggio per la regolarizzazione – sottolineano – va probabilmente nella condivisibile direzione di evitare deroghe conclamate e violazioni che possono diventare prassi costruttive”.
Per quanto riguarda le criticità, nella memoria depositata alla Camera si specifica che “un provvedimento con le finalità di questo decreto dovrebbe essere incardinato su alcuni principi: legittimità chiara, evitare operazioni che affaticano ulteriormente i Comuni, e che per questi ci siano minore entrate. Ma senza aprire la strada, con ulteriori semplificazioni, a deroghe per abusi maggiori. In tal senso deve permanere la doppia conformità per gli interventi in assenza o difformità del permesso di costruire”.
Inoltre, a proposito delle variazioni di destinazioni d’uso “bisogna tener conto dell’impatto sugli standard urbanistici, non essendo previsto l’obbligo di reperire ulteriori aree per servizi di interesse generale, né per parcheggi. Il silenzio assenso, che si sostituisce al silenzio diniego, è impensabile se legato al termine di quarantacinque giorni, rendendo impossibili verifiche. E’ importante valutare gli elementi che rischiano di non snellire l’attività dei Comuni, come la verifica dei tecnici previste in relazione ai diritti dei terzi”.
E sul tema delle parziali difformità non demolibili “sembrano rese legittime e la forma sanzionatoria, se legata all’incremento del valore venale, può essere di difficile applicazione. Sono elementi, a nostro parere, da chiarire in sede di conversione”, aggiungono.
Fonte: Idealista.it