Nuda proprietà: cos’è, come funziona e perché conviene

Vendere o comprare la nuda proprietà di una casa significa avviare una transazione immobiliare senza coinvolgere il diritto ad abitare tra le mura della casa in questione. In altre parole, si acquista la proprietà della casa, ma non la facoltà di farne la propria residenza, almeno fino a che chi vi abita al momento resta in vita. Nonostante possa sembrare un acquisto poco conveniente, non sono pochi in Italia coloro che acquistano case in nuda proprietà. A chi allora conviene vendere e a chi comprare una casa in nuda proprietà? Cosa significa e come funziona? Vediamolo insieme.

Cos’è la nuda proprietà

La nuda proprietà è un diritto reale su una casa che non comprende però il diritto di usufrutto. In particolare chi detiene la nuda proprietà è possessore delle mura, ma non vi abita; ad abitarvi è solitamente qualcun altro. Il nudo proprietario è quindi qualcuno che non ha necessità di utilizzare il bene, né di ricavarne un profitto, almeno non nell’immediato.

Secondo quanto rilevato dall’Ufficio Studi di Tecnocasa, nel 2023 la tipologia di immobile più compravenduta con la formula della nuda proprietà è stata il trilocale, preferito nel 30,4% dei casi, seguito dal bilocale, scelto nel 24,3% delle transazioni, mentre le compravendite di immobili indipendenti e semi-indipendenti rappresentano il 15,7% del totale, in crescita rispetto al 7,7% del 2022.

Cosa significa vendere la nuda proprietà di una casa

Vendere la nuda proprietà di una casa implica che chi lo fa abbia necessità di ricavare liquidità, senza però dover andare ad abitare altrove, o mantenendo la possibilità, come usufruttuario, di affittarla, ricavando ulteriore reddito. Solitamente è la scelta di persone avanti con l’età che cercano un modo per integrare la propria pensione.

Per quanto riguarda i venditori di nuda proprietà, secondo Tecnocasa nel 2023 la maggioranza sono persone che vivono da sole: nel 66,7% dei casi si tratta di single, vedovi, divorziati o separati. Inoltre, nel 79,3% dei casi i venditori hanno un’età superiore ai 64 anni.

Cosa significa acquistare una casa in nuda proprietà

Chi compra una casa in nuda proprietà è qualcuno che non ha necessità di abitare la casa nell’immediato, e contemporaneamente può acquistarla ad un prezzo ridotto. Senza il diritto di usufrutto, infatti, una casa evidentemente costa meno. Tale investimento può avere senso a lungo termine, ad esempio se si vuole destinare l’abitazione ad un figlio piccolo, che diventerà proprietario anche del diritto di abitare la casa alla morte dell’usufruttuario.

Secondo quanto rilevato da Tecnocasa, nel 2023 il 72,9 per cento di coloro che hanno acquistato una casa in nuda proprietà lo ha fatto per reperire liquidità, per mantenere il proprio tenore di vita, oppure per far fronte ad esigenze straordinariesopravvenute con l’età o con la necessità di dover aiutare i propri figli nell’acquisto di una casa. Ancora, nel 2023 il 63,8% di chi ha comprato una nuda proprietà lo ha fatto come investimento a lungo termine, rispetto al 62,5% del 2022.

Gli acquirenti più attivi nel mercato della nuda proprietà per Tecnocasa sono quelli di età compresa tra i 45 e i 54 anni, che rappresentano il 29,3% del totale, mentre la percentuale di acquirenti over 65 è bassa, attestandosi al 6,9%. La maggior parte delle compravendite di nuda proprietà è effettuata da famiglie, che costituiscono il 70,8% del totale (spesso genitori che acquistano per i figli), mentre i single rappresentano il 29,2%. In altri casi, l’acquisto viene concluso per garantirsi un tesoretto da integrare alla pensione negli anni futuri.

Acquisto nuda proprietà, quali tasse?

L’acquisto della nuda proprietà implica il pagamento delle imposte ordinarie a seconda che si tratti di prima casa o meno; se ha i requisiti prima casa paga il 2% sul prezzo o valore catastale (al netto del valore dell’usufrutto); se seconda casa, paga il 9%. La manutenzione straordinarie è è inoltre a carico del nudo proprietario, mentre Imu, spese condominiali, manutenzione ordinaria sono a carico dell’usufruttuario.

Nuda proprietà e agevolazioni prima casa

È possibile acquistare una nuda proprietà con le agevolazioni prima casa, ma in questo caso il Fisco ha chiarito che, come sempre, è obbligatorio trasferire la residenza. In particolare, il Fisco ha ricordato che le agevolazioni prima casa “spettano, oltre che per l’acquisto della proprietà di case di abitazione diverse da quelle classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9, anche per gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse case”.

Quando conviene la nuda proprietà

Acquistare la nuda proprietà conviene quando si intende are un investimento a lungo termine, perché si sborsa un prezzo più basso, dal momento che il valore della casa è decurtato del valore dell’usufrutto, ma se ne entra in possesso solo alla morte dell’usufruttuario, o comunque al momento in cui si decide di far terminare il diritto di usufrutto.

Vendere la nuda proprietà conviene quando si ha bisogno di liquidità ma non si desidera vivere altrove. La liquidità può essere versata tutta in una volta o sotto forma di rendita; in questo caso occorre però essere sicuri che l’acquirente non si riveli poi inadempiente.

Nuda proprietà ed eredità

Gli eredi dell’usufruttuario di una casa venduta in nuda proprietà a terzi, ovviamente, non erediteranno la proprietà e nemmeno l’usufrutto. Ciò può essere uno svantaggio, ma non necessariamente. Potrebbe trattarsi di una casa che agli eredi non interessa, quindi vendere la nuda proprietà è anche un modo dell’anziano di sgravare i figli da fastidiose incombenze successive alla morte.

Nuda proprietà e mutuo

Si può comprare una nuda proprietà usufruendo di un mutuo. Il finanziamento avrà però importo ridotto essendo commisurato al valore dell’immobile decurtato di quello dell’usufrutto. Secondo Tecnocasa, nel 2023 il 27,1% degli acquisti di nuda proprietà è avvenuto tramite mutuo, mentre il 72,9% è stato concluso in contanti. La percentuale di acquisti con mutuo è in aumento rispetto agli anni precedenti.

Fonte: Idealista.it

Battuta d’arresto dei prezzi delle case: -1,6% nel II trim 2024

Il prezzo medio delle abitazioni in Italia è di 1.821 euro/m²

Nel secondo trimestre del 2024, i prezzi delle abitazioni in Italia hanno subito una battuta d’arresto, registrando un calo dell’1,6% rispetto al trimestre precedente e rimanendo invariati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a una media di 1.821 euro al metro quadro. Questi dati emergono dal nuovo report sui prezzi delle abitazioni usate, elaborato da idealista, il portale immobiliare leader nello sviluppo tecnologico in Italia.

Secondo Vincenzo De Tommaso, Responsabile dell’Ufficio Studi di idealista: “la diminuzione dei prezzi indica un cambiamento rispetto alla moderata tendenza rialzista che ha caratterizzato il mercato immobiliare negli ultimi anni. Questo cambiamento è causato dall’atteggiamento più cauto degli acquirenti, verosimilmente in attesa di potenziali riduzioni dei tassi di interesse da parte della BCE, e riflette una riduzione della domanda per le transazioni immobiliari residenziali.

Con la diminuzione della domanda, l’offerta, pur essendo ancora limitata, sta gradualmente aumentando nel Paese, soprattutto nelle grandi città come Milano e Torino. Questo potrebbe anticipare condizioni di mercato più favorevoli per coloro che stanno considerando di investire o di acquistare proprietà nel mercato immobiliare nei prossimi mesi”.

Capoluoghi
Il mercato immobiliare delle città capoluogo mostra una tendenza generale al ribasso, con 58 capoluoghi che vedono una diminuzione dei prezzi, 41 con un aumento e tre (Milano, Viterbo e Pisa) che rimangono stabili rispetto al trimestre precedente. Le città che hanno registrato i cali più significativi sono Benevento (-7,4%), Potenza (-6,2%) e L’Aquila (-6,1%). Altre 55 città hanno subito riduzioni variabili tra il -5,8% di Ascoli Piceno e il -0,1% di Cosenza e Ravenna. Al contrario, gli aumenti maggiori sono stati osservati a Vicenza (6,8%), Cuneo (4,3%), Verbania e Ferrara (entrambe con un incremento del 2,7%).

I prezzi medi delle case per capoluogo nel II trimestre 2024

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CapoluogoPrezzo medio (euro/mq)
Milano4.987
Venezia4.486
Firenze4.110
Bologna3.443
Trento3.063
Roma3.012
Siena2.917
Monza2.754
Napoli2.738
Rimini2.691
Pisa2.581
Massa2.538
Salerno2.446
Treviso2.429
Verona2.382
Cagliari2.363
Parma2.301
Modena2.292
Verbania2.280
Padova2.231

Nei principali mercati, gli unici aumenti sono stati registrati a Firenze (0,7%) e Venezia (0,4%). Milano è rimasta stabile, mentre Bologna (-0,2%), Roma (-0,3%), Torino (-0,8%), Palermo (-2,6%) e Napoli (-3%) hanno registrato cali.

Milano si conferma la città con i prezzi immobiliari più elevati (4.987 euro/m²), seguita da Venezia (4.486 euro/m²) e Firenze (4.110 euro/m²), le uniche tre città italiane con valori superiori ai 4.000 euro al metro quadrato. Le città più economiche per l’acquisto di un immobile sono Caltanissetta (713 euro/m²), Ragusa (734 euro/m²) e Biella (753 euro/m²).

Province
A livello provinciale, la tendenza ribassista è più evidente con 81 province in calo, guidate da Benevento (-7,6%), Fermo e Sondrio (-6,5%) e Reggio Calabria (-5,5%). Anche le province di Milano (-1,2%) e Roma (-1,9%) sono in diminuzione. Viterbo e Ragusa rimangono stabili questo trimestre. Gli incrementi riguardano 23 province, trainati da Cuneo (4,5%), Livorno (2,7%) e Vicenza (2,5%).

I prezzi delle case per provincia nel II trimestre 2024

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ProvinciaPrezzo medio (euro/mq)
Bolzano-Bozen4.504
Milano3.389
Savona3.071
Lucca3.060
Firenze2.905
Imperia2.718
Aosta2.621
Rimini2.552
Venezia2.511
Roma2.404
Livorno2.374
Bologna2.356
Grosseto2.347
Sassari2.342
Trento2.334
La Spezia2.228
Trieste2.211
Napoli2.158
Ravenna2.151
Brescia2.149

La provincia più cara è Bolzano (4.504 euro/m²), seguita da Milano (3.389 euro/m²), Savona (3.071 euro/m²) e Lucca (3.060 euro/m²), tutte con valori superiori ai 3.000 euro al metro quadrato. Le province più economiche sono Biella (625 euro/m²), Caltanissetta (651 euro/m²) e Isernia (669 euro/m²).

Regioni
Nel trimestre primaverile, i prezzi delle case sono diminuiti in quasi tutte le regioni italiane, con le eccezioni di Trentino-Alto Adige (1,4%), Friuli-Venezia Giulia (0,2%) e Liguria (0,1%), che hanno registrato incrementi. Le riduzioni hanno colpito 17 regioni, con i cali maggiori nelle Marche (-3,3%), Basilicata, Campania e Valle d’Aosta (tutte -3,1%). Altre regioni con ribassi significativi includono Calabria (-2,8%), Lazio (-2,2%), Abruzzo (-2,1%) e Sicilia (-1,7%), tutte superiori alla media nazionale del -1,6%.

I prezzi delle case per regione nel II trimestre 2024

RegionePrezzo medio (euro(mq)
Trentino-Alto Adige3.144
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste2.621
Liguria2.501
Toscana2.315
Lombardia2.153
Lazio2.085
Emilia-Romagna1.837
Veneto1.805
Sardegna1.600
Campania1.594
Marche1.493
Friuli-Venezia Giulia1.447
Piemonte1.269
Puglia1.233
Abruzzo1.168
Basilicata1.152
Umbria1.054
Sicilia1.022
Calabria889
Molise881

Il Trentino-Alto Adige, con 3.144 euro/m², si conferma la regione italiana con i prezzi più elevati, seguito da Valle d’Aosta (2.621 euro/m²), Liguria (2.501 euro/m²) e Toscana (2.315 euro/m²). Anche Lombardia (2.153 euro/m²), Lazio (2.085 euro/m²) ed Emilia-Romagna (1.837 euro/m²) presentano valori superiori alla media nazionale di 1.821 euro. Le regioni più economiche per l’acquisto di un’abitazione sono Molise (881 euro/m²) e Calabria (889 euro/m²), le uniche con prezzi inferiori ai 1.000 euro al metro quadro.

L’indice dei valori immobiliari di idealista aggiornato
A partire dal rapporto relativo al secondo trimestre del 2022, abbiamo aggiornato la metodologia di calcolo per la determinazione del prezzo delle abitazioni rimuovendo gli annunci di aste dal campione storico di idealista (da gennaio 2012 ad oggi).  

Tale approccio permette di minimizzare le distorsioni statistiche derivanti dai prezzi di questi annunci, che non rispecchiano l’effettiva richiesta del proprietario, ma il prezzo di base d’asta (prezzo inferiore al suo valore), e garantisce la massima accuratezza del nostro report.

Dal 2021 abbiamo osservato una presenza crescente di annunci di aste sul portale, soprattutto nelle aree urbane, da qui la scelta di intervenire per rimuovere gli annunci prima di procedere al calcolo per minimizzare le distorsioni del campione e far sì che le serie di prezzi generate siano più stabili e rappresentino al meglio i prezzi di offerta.

Nel 2019 idealista aveva introdotto una nuova metodologia di calcolo tesa a rendere la nostra analisi dell’evoluzione dei prezzi, specialmente in aree di piccole dimensioni, ancora più robusta che in passato. Per evitare salti nella nostra serie, i dati dal 2007 erano stati ricalcolati con la nuova metodologia.

Su raccomandazione del team statistico di idealista/data, divisione specializzata nella gestione di grandi volumi di informazioni e nel data modeling, avevamo aggiornato la formula per indicare il prezzo medio con maggiore certezza: oltre a eliminare gli annunci atipici e con i prezzi fuori mercato, si calcola il valore mediano invece del valore medio. Con questo cambiamento, oltre ad affinare ulteriormente il nostro indice rendendolo più rispondente alla realtà del mercato, omologhiamo la nostra metodologia a quelle applicate in altri Paesi per ottenere dati immobiliari.

Tra le tipologie immobiliari che compongono il campione da analizzare, vengono incluse le case unifamiliari (viletta o chalet), mentre sono esclusi gli immobili, di qualsiasi tipo, che sono rimaste nel nostro database senza ottenere interazioni utente per molto tempo. Inoltre, a partire da questo mese sono state scartate anche le aste. Il rapporto è sempre basato sui prezzi di offerta pubblicati dagli inserzionisti di idealista.

Fonte: Idealista.it

Affitti record: +6,9% nel II trimestre e +11,4% in un anno. Scopri i canoni per città

canoni di locazione in Italia raggiungono un nuovo record, toccando i 14,1 euro al metro quadro. È il livello più alto registrato dal 2012, anno di inizio delle rilevazioni di idealista. Nel secondo trimestre del 2024, l’aumento è stato del 6,9%, mentre su base annua l’incremento è stato dell’11,4%, secondo l’ultimo report pubblicato da idealista, portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia.

Secondo Vincenzo De Tommaso, Responsabile dell’Ufficio Studi di idealista: “L’aumento dei prezzi delle locazioni è dovuto a una combinazione di fattori: la crescente domanda, l’offerta limitata, l’inflazione e i cambiamenti nelle preferenze degli affittuari. In molti, a causa dell’aumento dei tassi di interesse, hanno scelto di rimanere in affitto piuttosto che acquistare una casa, bloccando ulteriormente il mercato. Monitorare questi elementi sarà fondamentale per capire come evolverà il mercato degli affitti in Italia nei prossimi trimestri”.

Capoluoghi
Nella primavera di quest’anno, la maggior parte dei capoluoghi ha visto un aumento dei canoni. Le città con i maggiori incrementi sono state Venezia (12,3%), Arezzo (9,9%), Prato (9,8%), Agrigento (8,6%), Catania (8,1%) e Messina (8%). Aumenti in altre 49 città, con variazioni che vanno dal 6,8% di Caserta allo 0,3% di Trieste.

Canoni di locazione per capoluogo nel II trim 2024

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CapoluogoCanone medio (euro/mq)
Milano23,1
Venezia20,0
Firenze19,9
Bologna17,1
Roma16,4
Napoli15,2
Como15,0
Bolzano-Bozen14,7
Rozzano14,0
Cagliari13,1
Monza12,5
Padova12,4
Verona12,4
Pisa12,2
Modena12,2
Parma12,1
Siena12,0
Bergamo11,9
Prato11,9
Ravenna11,7

Fonte: idealista/dataScaricare i datiCreato con Datawrapper

Tra i principali mercati, Torino (4,6%), Napoli (3,8%) e Roma (2%) hanno registrato gli aumenti maggiori. Al contrario, Bologna (-0,5%), Milano (-1,1%) e Firenze (-3,9%) hanno subito cali. Le riduzioni più marcate si registrano ad Asti (-7,7%), Caltanissetta (-6,5%), Pesaro (-6%) e Como (-5,9%). Gli altri cali variano dal -5,3% di Lecco al -0,3% di Cesena.

Milano rimane la città più costosa con 23,1 euro al metro al quadro di media mensile, seguita da Venezia (20 euro/m²), Firenze (19,9 euro/m²) e Bologna (17,1 euro/m²). Le città con i canoni più bassi sono Caltanissetta (4,6 euro/m²), Reggio Calabria (5,4 euro/m²) e Cosenza (5,7 euro/m²).

Province
Quasi tutte le aree provinciali italiane – oltre il 90% – hanno registrato aumenti nel secondo trimestre. Gli incrementi maggiori si sono rilevati a Latina (36,6%), Arezzo (32,2%), Massa-Carrara (31,9%), Fermo (24,4%), Ascoli Piceno (23,2%), Teramo (22,7%) e Sassari (22,2%). Aumenti a doppia cifra anche in altre 18 province, con variazioni tra il 21,4% di Catanzaro e il 10% di Vercelli. Altre 69 province evidenziano incrementi tra il 9,9% di Brindisi e lo 0,1% di Bologna. La provincia di Roma ha visto una crescita del 7,9%, mentre Milano ha segnato una lieve contrazione dello 0,4%. Sono solo 10 le province che hanno subito una riduzione dei canoni di locazione, con Rimini (-17,3%) che ha registrato il calo più significativo.

Canoni di locazione per provincia nel II trim 2024

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ProvinciaCanone medio (euro/mq)
Lucca31,0
Belluno29,3
Grosseto23,8
Ravenna23,2
Milano22,0
Aosta21,8
Rimini21,4
Livorno17,4
Firenze17,4
Sassari17,1
Venezia16,9
Latina16,1
Bolzano-Bozen16,0
Bologna15,9
Roma15,6
Brescia15,4
Savona14,9
Nuoro14,5
Massa-Carrara14,0
Imperia13,8

Fonte: idealista/dataScaricare i datiCreato con Datawrapper

Lucca (31 euro/m2), Belluno (29,3 euro/m2), Grosseto (23,8 euro/m2), Ravenna (23,2 euro/m2) e Milano (22 euro/m2) sono le province con i canoni più “pesanti” per i locatari. Di contro, le aree provinciali più economiche sono Enna, Caltanissetta (entrambe a quota 5 euro/m2) e Avellino (5,6 euro/m²).

Regioni
Nel secondo trimestre i canoni sono aumentati in tutte le regioni, tranne che in Trentino-Alto Adige, dove si è registrato un calo dello 0,9%. Gli incrementi più significativi sono avvenuti in Calabria (19,8%), Molise (14,4%), Marche (12,8%), Abruzzo (11,2%), Lazio (10,9%) e Liguria (10,8%). Aumenti al di sotto del 10% nelle altre regioni italiane, compresi tra il 9,5% della Valle d’Aosta e lo 0,2 dell’Emilia-Romagna.

Canoni di locazione per regione nel II trim 2024

RegioneCanone medio (euro/mq)
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste21,8
Lombardia19,0
Toscana18,3
Lazio14,6
Emilia-Romagna14,3
Trentino-Alto Adige13,8
Liguria13,3
Veneto12,2
Sardegna12,0
Campania10,3
Friuli-Venezia Giulia10,1
Piemonte9,7
Marche9,7
Puglia9,1
Abruzzo8,7
Calabria8,6
Sicilia8,0
Molise7,5
Basilicata7,3
Umbria7,3

Fonte: idealista/dataScaricare i datiCreato con Datawrapper

La Valle d’Aosta si conferma la regione con i prezzi più alti (21,8 euro/m²), seguita da Lombardia (19 euro/m²) e Toscana (18,3 euro/m²). Al di sopra della media nazionale (14,1 euro/m²) ci sono anche Lazio (14,6 euro/m²) ed Emilia-Romagna (14,3 euro/m²). Le regioni più economiche sono, invece, Molise e Umbria (7,3 euro/m²).

L’indice dei prezzi degli immobili idealista

Per la realizzazione dell’indice dei prezzi degli immobili di idealista vengono analizzati i prezzi di offerta basati sui metri quadri costruiti (a corpo) pubblicati dagli inserzionisti della piattaforma. Le inserzioni atipiche e le inserzioni con prezzi fuori mercato vengono eliminate dalle statistiche. Includiamo la tipologia di case unifamiliari (ville) e scartiamo immobili di qualsiasi tipologia che non hanno ottenuto interazioni da parte degli utenti per molto tempo. I dati finali vengono generati utilizzando la mediana di tutte le inserzioni valide in ciascun mercato.

Fonte: Idealista.it

Bollette: stop al mercato tutelato, è partito il servizio a tutele graduali

Per chi non ha scelto di passare al libero

È entrato in vigore da ieri, lunedì 1° luglio 2024, per i consumatori italiani di energia elettrica non vulnerabili, il servizio a tutele graduali: a tutti i clienti che ancora non hanno definito il passaggio al mercato libero, una procedura competitiva ha assegnato, suddividendo l’Italia in 26 aree territoriali, l’operatore che per i prossimi tre anni dovrà garantire il servizio, fatta salva la possibilità di passare in ogni momento al mercato libero. È dunque terminato il 30 giugno, dopo 17 anni, il cosiddetto mercato tutelato, con l’obiettivo di completare la necessaria transizione verso il mercato libero per tutti i cittadini.

“È un passaggio epocale – spiega il ministro Gilberto Pichetto – nel rapporto tra cittadino ed energia, che vogliamo continuare a guidare con chiarezza e trasparenza”. “Attraverso le procedure competitive – aggiunge il Ministro – abbiamo garantito prezzi ancora più bassi di quelli della tutela, ampliando anche il numero degli operatori in grado di offrire il servizio”. “Ora – conclude – vigileremo e porteremo avanti ogni azione affinché il mercato libero possa esprimere al più presto prezzi altrettanto competitivi, puntando a costruire offerte a misura delle diverse famiglie, che presentano differenze sia nelle modalità che nelle quantità di energia assorbite”.

Nulla cambia invece per i consumatori vulnerabili: per loro, la legge ha previsto un sistema che, pur non impedendo l’accesso al mercato, si faccia carico di chi, per età o particolare situazione socioeconomica, possa avere difficoltà ad individuare l’offerta per sé più conveniente.

Fonte: Idealista.it

Bonus casa 2024, quali scadono a fine anno

Ecco ad oggi le agevolazioni fiscali per l’abitazione destinate a termine entro il 31 dicembre

L’inizio del mese di luglio non segna solo l’arrivo ufficiale della bella stagione, rappresenta anche il momento giusto per decidere di approfittare dei bonus casa 2024prima del loro termine. Secondo quanto previsto ad oggi, infatti, molte agevolazioni scadono a fine anno. In attesa di un eventuale intervento da parte del governo, che potrebbe decidere di rimodulare i benefici fiscali anche alla luce della direttiva sulle case green (che è stata approvata dal Parlamento europeo lo scorso 12 marzo, ha ottenuto il via libera da parte dell’Ecofin lo scorso 12 aprile ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue lo scorso 8 maggio), vediamo quali sono le date da segnare in agenda e quali sconti sono prossimi alla conclusione.

  1. Bonus ristrutturazione casa, quando scade
  2. Scadenza ecobonus 65% e 50%
  3. Bonus mobili, qual è la scadenza
  4. Bonus verde, quando scade
  5. Superbonus 70 per cento, ecco la scadenza
  6. Sismabonus, la scadenza nel 2024

Bonus ristrutturazione casa, quando scade

Il bonus ristrutturazione per la casa scade il 31 dicembre 2024. La detrazione è rivolta ai contribuenti soggetti all’Irpef, residenti o meno nel territorio dello Stato, che sostengono le spese di ristrutturazione. L’agevolazione riguarda i proprietari degli immobili oggetto dell’intervento; i titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili; gli inquilini; il familiare convivente con il possessore o il detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (coniuge, componente dell’unione civile, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado); il convivente more uxorio (per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016).

Il beneficio fiscale, che deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo, permette ai contribuenti di detrarre dall’Irpef il 50% delle spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2024, con un limite massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Per gli interventi di ristrutturazione realizzati su immobili residenziali adibiti promiscuamente all’esercizio di un’attività commerciale, dell’arte o della professione, la detrazione spetta nella misura ridotta della metà. 
Per le spese legate a interventi antisismici sono previste detrazioni più elevate, che possono arrivare fino all’85%. Anche in questo caso, le detrazioni devono essere usufruite fino al 31 dicembre 2024. 

Scadenza ecobonus 65% e 50%

L’ecobonus al 65% e 50% scade il 31 dicembre 2024. L’agevolazione fiscale per gli interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici consiste in una detrazione dall’Irpef o dall’Ires la cui entità varia a seconda che l’intervento riguardi la singola unità immobiliare o gli edifici condominiali e dell’anno in cui lo stesso è stato effettuato. La detrazione deve essere ripartita in dieci rate annuali di pari importo.

Per poter usufruire dell’ecobonus, gli interventi devono essere eseguiti su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) esistenti, censiti o per i quali è stato chiesto l’accatastamento, di qualunque categoria catastale, anche se rurali, compresi quelli strumentali per l’attività d’impresa o professionale, merce o patrimoniali.

Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate, per la maggior parte degli interventi la detrazione è pari al 65%, per altri spetta nella misura del 50%. 

In questa seconda categoria rientrano:

  • l’acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi;
  • l’acquisto e posa in opera di schermature solari;
  • l’acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili;
  • la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A o con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (spetta, invece, la maggiore detrazione del 65% se le caldaie, oltre a essere almeno in classe A, sono anche dotate di sistemi di termoregolazione evoluti).

L’ecobonus spetta a tutti i contribuenti residenti e non residenti, titolari di qualsiasi tipologia di reddito:

  • le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni;
  • i contribuenti titolari di reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali);
  • le società semplici;
  • le associazioni tra professionisti;
  • gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale.

Il beneficio, inoltre, spetta a chi possiede o detiene, in base a un titolo idoneo, l’immobile oggetto di intervento:

  • il proprietario o il nudo proprietario;
  • il titolare di un diritto reale di godimento, quale usufrutto, uso, abitazione o superficie;
  • l’inquilino o il comodatario dell’immobile;
  • i soci di cooperative a proprietà divisa e indivisa;
  • gli imprenditori individuali, per gli immobili che non rientrano fra i beni strumentali o i beni merce;
  • coloro che producono redditi in forma associata (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti equiparati, imprese familiari), alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali;
  • i familiari conviventi, vale a dire il coniuge (a cui è equiparata la parte dell’unione civile), i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;
  • il convivente di fatto;
  • il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
  • il promissario acquirente.

Bonus mobili, qual è la scadenza

Può beneficiare del bonus mobili ed elettrodomestici chi acquista entro il 31 dicembre 2024 mobili ed elettrodomestici nuovi (di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori) e ha realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

Il bonus mobili ed elettrodomestici è una detrazione Irpef per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione deve essere calcolata su un importo massimo di 5.000 euro per il 2024, comprensivo delle eventuali spese di trasporto e montaggio, e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Il pagamento deve essere effettuato con bonifico o carta di debito o credito.

Real Estate

Bonus verde, quando scade

Il bonus verde scade nel 2024. Si tratta di una detrazione Irpef del 36% sulle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi; per la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili. Se legate all’esecuzione di questi interventi, anche le spese di progettazione e manutenzione danno diritto all’agevolazione. 

Il bonus verde deve essere ripartito in dieci quote annuali di pari importo e deve essere calcolato su un importo massimo di 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo. La detrazione massima è dunque di 1.800 euro (36% di 5.000) per immobile. Il pagamento delle spese deve avvenire attraverso strumenti che ne consentano la tracciabilità.

L’agevolazione spetta ai contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi e che hanno sostenuto le relative spese. Anche i familiari conviventi di chi possiede o detiene l’immobile possono accedere al bonus verde, se ne sostengono le spese e le fatture e i bonifici sono intestati a questi soggetti.

Superbonus 70 per cento, ecco la scadenza

Il superbonus al 70 per cento riguarda le spese sostenute nel 2024. L’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del decreto-legge n. 34/2020 (decreto Rilancio) è stata più volte modificata nel tempo. La detrazione iniziale era del 110%, si è poi passati a una detrazione del 90%, che quest’anno è scesa al 70%.

Sismabonus, la scadenza nel 2024

Il sisma bonus, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2024, offre la possibilità di beneficiare di una detrazione del 50%, che deve essere calcolata su un ammontare massimo di 96.000 euro per unità immobiliare (per ciascun anno) e che deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo. 

Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate, la detrazione è più elevata (70 o 80%) quando dalla realizzazione degli interventi si ottiene una riduzione del rischio sismico di 1 o 2 classi e quando i lavori sono stati realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali (80 o 85%). 

Il sisma bonus, grazie al quale i contribuenti che eseguono interventi per l’adozione di misure antisismiche sugli edifici possono detrarre una parte delle spese sostenute dalle imposte sui redditi, può essere richiesto per le somme spese nel corso dell’anno e può essere ceduto se relativo a interventi effettuati su parti comuni di edifici condominiali. 

Le percentuali di detrazione fruibili con il sisma bonus 2024 dipendono dalla tipologia di intervento e di immobile interessato (se unità immobiliari o parti comuni di edifici condominiali): 

  • 50% con miglioramento dell’unità immobiliare senza cambio di classe di rischio sismico;
  • 70% con riduzione di una classe di rischio;
  • 80% con riduzione di due classi di rischio;
  • 75% con riduzione di una classe di rischio per lavori su parti condominiali;
  • 85% con riduzione di due classi di rischio per lavori su parti condominiali.

Fonte: Idealista.it

Come scegliere il miglior mutuo surroga dopo i tagli della Bce

Alcuni consigli per scegliere il contratto migliore per le proprie esigenze

Con il taglio dei tassi di interesse Bce, che potrebbe essere il primo di una serie, torna l’interesse per la surroga del mutuo. Cambiare le condizioni del proprio mutuo in essere chiedendo un nuovo tasso di interesse commisurato ai nuovi valori di mercato potrebbe essere una buona soluzione per abbassare la rata: ma come scegliere il miglior mutuo surroga? Ecco alcuni consigli.

“Questo primo taglio dei tassi rappresenta un buon punto di partenza – è stato il commento di Carlo De Masi, Presidente di Adiconsum nazionale, all’ultima decisione della Bce, – anche se auspicavamo un po’ più di coraggio da parte della Banca Centrale Europea, perché un quarto di punto è decisamente poco rispetto alla crescita degli ultimi due anni”.

“Con questa riduzione dei tassi – aggiunge Carlo Piarulli, Responsabile nazionale del Credito di Adiconsum – chi ha acceso un mutuo di 120mila euro a vent’anni vedrà ridursi la rata di circa 60 euro al mese, scendendo da 765 a 700 euro mensili. Due i target che ne beneficeranno: chi ha un mutuo a tasso variabile e chi accenderà un nuovo mutuo. In questa fase, in caso di un’ulteriore riduzione dei tassi, la scelta di un mutuo a tasso variabile può rappresentare un’opportunità. È un momento positivo anche per le surroghe, perché il ribasso dei tassi aumenta la concorrenza tra gli Istituti di credito e, dunque, la possibilità di negoziare soluzioni più convenienti per le famiglie. Questo vale non solo per i mutui, ma anche per il credito al consumo”.

“Ci auguriamo e anzi ci aspettiamo – conclude De Masi – che, entro la fine dell’anno, i tassi possano essere rivisti al ribasso con più decisione da parte della BCE, in considerazione anche del fatto che, per la perdita di potere d’acquisto dei salari, le famiglie spendono sempre meno e attingono ai propri risparmi per pagare bollette e beni di prima necessità”.

Come scegliere, quindi, il miglior mutuo surroga? Per fare la scelta giusta è bene fare attenzione ai seguenti aspetti:

  • conoscere la propria situazione in termini di propensione al rischio e al risparmio;
  • valutare la propria preferenza per tasso fisso o variabile, tenendo conto che scegliendo il fisso ci si può assicurare per più lungo tempo le condizioni migliori che si possono spuntare al presente
  • valutare l’entità della durata residua del mutuo per capire se conviene o meno surrogare
  • cercare attentamente la banca migliore disposta a concedere le surroghe che meglio si adattano alle proprie esigenze
  • valutare se sia meglio una surroga (che comporta il cambiamento di banca) o una rinegoziazione delle condizioni del proprio mutuo presso la stessa banca.

Fonte: Idealista.it

Come richiedere la visura catastale, chi può farlo e dove

I chiarimenti del Fisco

La visura catastale, oltre a consentire la consultazione degli atti e dei documenti catastali, permette di acquisire i dati identificativi e reddituali dei beni immobili (terreni e fabbricati); i dati anagrafici delle persone, fisiche o giuridiche, intestatarie dei beni immobili; i dati grafici dei terreni (mappa catastale) e delle unità immobiliari urbane (planimetrie); le monografie dei Punti Fiduciali e dei vertici della rete catastale; l’elaborato planimetrico (elenco subalterni e rappresentazione grafica); gli atti di aggiornamento catastale. Ma come richiedere la visura catastale? Vediamo chi può farlo e dove.

Fisco Oggi, la rubrica telematica dell’Agenzia delle Entrate, è stato domandato: “Come posso risalire alla mappa catastale di una proprietà di famiglia della quale sono titolare insieme con i miei tre fratelli?”.

Visura catastale, chi può richiederla

Nel fornire la risposta, il Fisco ha ricordato che i contribuenti titolari, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento possono chiedere la consultazione della mappa.

Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate, le informazioni catastali, ad eccezione della consultazione delle planimetrie riservata esclusivamente agli aventi diritto sull’immobile o ai loro delegati, sono pubbliche, questo significa che l’accesso è consentito a tutti, pagando i relativi tributi speciali catastali e nel rispetto della normativa vigente.

I titolari, anche in parte, del diritto di proprietà o di altri diritti reali di godimento possono invece chiedere la consultazione gratuita e in esenzione dei tributi, per gli immobili di cui risultano titolari in catasto (consultazione personale).

A Trento e Bolzano i servizi catastali sono gestiti dalle rispettive Province autonome.

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Visura catastale, dove richiederla

La mappa catastale di una proprietà può essere richiesta:

  • presso gli Uffici Provinciali – Territorio dell’Agenzia delle Entrate (tranne che per le sedi di Trento e Bolzano, nelle quali il servizio è gestito dalle rispettive Province autonome);
  • presso uno sportello catastale decentrato (il cui elenco è disponibile nella sezione “Catasto e Cartografia”, all’interno delle pagine del sito dedicate agli Uffici provinciali – Territorio);
  • utilizzando, nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, il servizio online “Consultazioni visure, planimetrie e ispezioni ipotecarie dei propri immobili”, oppure tramite il servizio “Consultazione personale”, visualizzabile nella categoria “Fabbricati e terreni” dello stesso sito, selezionando la pagina “Consultazione dati catastali e ipotecari”.

Per i dati informatizzati la visura è rilasciata al richiedente in formato cartaceo, se richiesta agli sportelli, o come file in formato pdf, se richiesta telematicamente. Se i dati sono disponibili solo in formato cartaceo, è necessario rivolgersi presso il competente Ufficio provinciale – Territorio.

Fonte: Idealista.it

Mutuo seconda casa al 100 per cento: è davvero possibile ottenerlo?

È davvero difficile ottenere un mutuo seconda casa al 100%, considerando anche i costi più alti rispetto al mutuo prima casa

È davvero possibile ottenere l’erogazione di un mutuo seconda casa al 100 per cento, ad esempio per acquistare un immobile in una località di villeggiatura? Sono molte le famiglie che desiderano realizzare il sogno di comprare una seconda casa, al mare o in montagna, dove trascorrere del tempo di qualità e di relax in diversi periodi dell’anno. Eppure, l’accesso al credito per queste compravendite non è sempre semplice, soprattutto quando si vuole partire da zero, senza propri risparmi a disposizione. Che fare?

In generale, le banche tendono a non concedere mutui al 100%. Eppure, mentre sulla prima casa è possibile accedere ad alcuni fondi pubblici per rendere possibile l’erogazione di un finanziamento completo, seppur in presenza di determinate condizioni, per la seconda non vi sono grandi alternative. In ogni caso, è utile avvalersi di strumenti online che permettano di trovare il mutuo migliore per le proprie esigenze.

  1. Come funziona il mutuo per la seconda casa?
  2. Mutuo seconda casa al 100 per cento: quando è possibile
  3. Quanto costa un mutuo seconda casa?

Come funziona il mutuo per la seconda casa?

Innanzitutto, prima di comprendere se un mutuo seconda casa al 100% sia davvero fattibile, è utile capire il funzionamento per questa tipologia di finanziamento. Per quanto vi siano di certo delle analogie con i mutui prima casa, la maggior parte degli istituti di credito applica dei limiti più stringenti.

Quella di imporre limiti più gravosi è una scelta più che fisiologica: per le banche, infatti, una richiesta di finanziamento per una seconda casa rappresenta un rischio più alto. Il richiedente potrebbe aver già acceso un mutuo, ad esempio per la prima casa, e deve trovarsi in una situazione reddituale che gli permetta di mantenere fede a più finanziamenti contemporanei. Per questa ragione, seppur con qualche differenza tra un istituto di credito e l’altro, per le seconde case:

  • il massimo erogabile è normalmente più basso per le seconde case, tra il 60 e il 70% del rapporto tra il valore del prestito e quello dell’immobile, anche se alcune banche possono proporre fino all’80% in presenza di condizioni reddituali particolarmente solide;
  • la durata massima del mutuo è di 30 anni, mentre per le prime case si può arrivare anche a 40 in determinate condizioni;
  • in genere, i mutui seconda casa non vengono concessi se l’importo della rata supera il 25% del reddito mensile dichiarato, contro il 30/35% per un finanziamento prima casa.
Richiesta mutuo seconda casa

A differenza dei mutui sulla prima casa, e delle relative agevolazioni, è inoltre utile sapere che:

  • sarà necessario corrispondere un’imposta sostitutiva al 2% sul mutuo;
  • non si potrà approfittare della detrazione fiscale sugli interessi passivi;
  • tassi d’interesse, sia per il mutuo a tasso fisso che variabile, tendono a essere più alti rispetto alla prima casa, poiché le banche applicano uno spread maggiore dato il più elevato rischio.

Come si richiede un mutuo seconda casa

Il processo di richiesta di un mutuo per la seconda casa, invece, non vede sostanzialmente grandi differenze rispetto alla prima abitazione. Sarà infatti necessario produrre:

  • i propri documenti anagrafici, incluso il permesso di soggiorno per i cittadini extracomunitari, l’atto di matrimonio per i coniugati e l’omologa di separazione o la sentenza di divorzio per i separati;
  • la documentazione sulla situazione reddituale, dalla dichiarazione dei redditi alle ultime due buste paga per i dipendenti, passando per i cedolini della pensione oppure le ricevute di pagamento per gli autonomi;
  • documenti relativi all’immobile che si vuole acquistare, completi della proposta di acquisto, del preliminare di compravendita, dell’atto di provenienza dell’immobile, della planimetria, dell’abitabilità e della concessione edilizia.

Come consuetudine, la banca prescelta opererà tutte le valutazioni del caso, compresa la perizia dell’immobile, e procederà quindi all’approvazione o al rifiuto della richiesta di mutuo. In ogni caso, prima di procedere con la richiesta il consiglio è quello di consultare una guida passo per passo al mutuo.

Mutuo seconda casa al 100 per cento: quando è possibile

Compreso in generale il funzionamento di questa tipologia di finanziamento, sorge un più che lecito dubbio: è possibile ottenere un mutuo seconda casa al 100 per cento

È solitamente molto difficile, se non impossibile, ottenere un finanziamento al 100% per l’acquisto di una seconda casa. Vi sono infatti diversi fattori da prendere in considerazione, a partire da un maggiore rischio percepito dagli stessi istituti di credito:

  • come si è visto nei precedenti paragrafi, la maggior parte delle banche non concede mutui più generosi del 60/70%, solo in alcuni rari casi si può arrivare all’80%;
  • sulle seconde case non sono previste le agevolazioni tipiche dei mutui prima casa.

D’altronde, dal 1995 il CICR – il Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio – ha specificato che l’ammontare massimo del finanziamento concesso dalle bande non possa superare l’80% del valore dell’immobile ipotecato. In alcuni remoti casi, l’istituto di credito potrebbe concedere un mutuo al 100%, ma in presenza di clienti di lungo corso e dalla posizione economica decisamente florida, tali da poter rientrare dal debito pressoché immediatamente.

A chi sono riservate le agevolazioni del mutuo al 100%?

Eppure, come si è accennato nel precedente paragrafo, spesso si sente parlare di mutui al 100%, grazie all’ausilio di alcune agevolazioni. A chi sono riservate?

Il riferimento principale è quello del Fondo Prima Casa gestito dalla Consap, che prevede la possibilità di ottenere un finanziamento al 100% unicamente per:

  • l’acquisto della prima casa;
  • coloro che hanno età pari o inferiore a 36 anni;
  • coloro che presentano un ISEE non superiore ai 40.000 euro.

Già il primo requisito, quello dell’abitazione principale, esclude dall’accesso al fondo chi vuole acquistare una seconda casa.

Quanto costa un mutuo seconda casa?

Appreso come sia davvero remota la possibilità di ottenere un mutuo seconda casa al 100%, quali sono le alternative? E quali sono i costi?

Innanzitutto, bisogna prendere in considerazione un fattore già evidenziato in precedenza. Se la banca non eroga più del 70% di quanto necessario per finalizzare l’acquisto dell’immobile, bisognerà provvedere alla quota mancante con:

  • fondi già a propria disposizione, come ad esempio i risparmi;
  • sottoscrivere una fideiussione, o una polizza fideiussoria, che copra proprio la porzione mancante.
Costi del mutuo seconda casa

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A questo vanno aggiunti gli altri costi relativi alla tassazione tipica per questa tipologia di mutuo, che comprendono:

  • l’imposta di registro al 9% per l’acquisto da privati e del 10% dal costruttore;
  • l’imposta ipotecaria di 50 euro tra privati e di 200 euro dal costruttore;
  • l’imposta catastale di 50 euro sempre tra privati e 200 euro dal costruttore;
  • l’imposta sostitutiva al 2%.

Dopodiché, è necessario considerare:

  • costi della banca, come ad esempio quelli di perizia e istruttoria;
  • l’eventuale sottoscrizione di polizze contestuali all’apertura del mutuo;
  • un tasso di interesse più elevato rispetto ai mutui prima casa, perché – come già visto – le banche applicano uno spread più alto.

Quanto si scarica del mutuo seconda casa?

Dati i costi più alti del mutuo seconda casa rispetto al finanziamento per l’abitazione principale, si potrebbe pensare di risparmiare approfittando di agevolazioni o sgravi fiscali. Purtroppo, per questa tipologia di mutuo non sono previste:

  • specifiche detrazioni nella dichiarazione dei redditi;
  • la possibilità di detrarre gli interessi passivi nella misura del 19%.

Se, tuttavia, il mutuo sottoscritto è per la ristrutturazione dell’immobile, anche per la seconda casa si potrà accedere ai diversi incentivi che, di anno in anno, lo Stato mette a disposizione. Le percentuali di sconto e la tipologia di agevolazione varia a seconda del bonus prescelto e, naturalmente, bisognerà seguire precise regole sia per la conduzione dei lavori che sulla qualità dell’efficientamento energetico finale dell’immobile. Ancora, sarà necessario dimostrare di aver sostenuto le specifiche spese di ristrutturazione nelle modalità previste dalla legge.

Fonte: Idealista.it

Dichiarazione di rispondenza impianto elettrico: cos’è e quando serve farla?

Conosciuta come DiRi, sostituisce in qualche specifico caso la dichiarazione di conformità

La dichiarazione di rispondenza sostituisce la dichiarazione di conformità quando questa sia stata smarrita o mai prodotta: riguarda però esclusivamente impianti installati tra il 13 marzo 1990 ed il 27 marzo 2008. Conosciuto più comunemente come DiRi, questo documento serve a certificare l’idoneità dell’impianto in base alla normativa vigente all’epoca della costruzione.   

  1. Chi può fare la dichiarazione rispondenza di un impianto energetico?
  2. Quanto dura la dichiarazione di rispondenza?
  3. Il costo di una dichiarazione di rispondenza
  4. Dichiarazione di rispondenza prima del 1990 e dopo il 2008

Chi può fare la dichiarazione rispondenza di un impianto energetico?

Per rilasciare il rilascio della dichiarazione di rispondenza e è necessario l’intervento di un tecnico abilitato o di un professionista iscritto ad un ordine professionale (per esempio un ingegnere) e con almeno cinque anni di esperienza nel settore impiantistico.

Il tecnico sarà legalmente responsabile di ciò che dichiarerà nella certificazione dopo il sopralluogo visivo ed il controllo tecnico sull’impianto. La DiRi deve essere redatta in più copie, una delle quali consegnata al committente, l’altra trattenuta dal professionista e l’ultima consegnata dall’impresa in Comune.

dichiarazione rispondenza impianto elettrico

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Va detto però che la dichiarazione di rispondenza va fatta solo in questi casi specifici. Questi:

  • su impianti installati tra il 13 marzo 1990 ed il 26 marzo 2008 
  • se la dichiarazione di conformità è inesistente oppure è irreperibile;
  • se c’è bisogno di attivare una nuova fornitura di energia elettrica o se viene richiesto un aumento di potenza della fornitura di energia elettrica per gli impianti che non hanno dichiarazione di conformità.

La mancata presentazione della DiRi espone al rischio di sanzioni, ma soprattutto rappresenta un pericolo per la sicurezza delle persone e dell’edificio. 

Quanto dura la dichiarazione di rispondenza?

La dichiarazione di rispondenza non scade, quindi resterà valida fino ad un nuovo intervento che apporti modifiche all’impianto. In caso di smarrimento è comunque sempre possibile contattare l’impresa installatrice per farsi consegnare una copia: altrimenti l’unica soluzione possibile è chiedere l’accesso agli atti nel settore ambiente del Comune di residenza.

Su quali impianti va prodotta la dichiarazione di rispondenza? Non solo su quello elettrico. Schematicamente potremmo indicare questi: 

  • produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche 
  • automazione di porte, cancelli e barriere
  • radiotelevisivi
  • riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie
  • idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie
  • distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo
  • sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili
  • protezione antincendio.

Il costo di una dichiarazione di rispondenza

Ci sono molte variabili per determinare il costo della dichiarazione di rispondenza, come la dimensione dell’abitazione, il tipo di impianto da verificare oppure il costo aggiuntivo degli eventuali interventi richiesti dal tecnico dopo la verifica. Mediamente si calcola comunque un costo di 500 euro. 

La preparazione della dichiarazione si articola in due momenti:

  • Il primo si chiama “Conferma Ordine Verifica” e riguarda fondamentalmente la parte tecnica, con la verifica dell’impianto e l’individuazione di tutti i dati da comprendere nel documento. 
  • Il secondo si chiama “Conferma Ordine Dichiarazione” e riguarda la redazione della dichiarazione.  
dichiarazione rispondenza impianto elettrico

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Dichiarazione di rispondenza prima del 1990 e dopo il 2008

Per gli impianti realizzati prima del 1990 non esiste l’obbligo della dichiarazione di rispondenza. Bisogna però che rispettino la vigenti normative europee. Quelli realizzati tra il 1990 ed il 2008 devono presentare la dichiarazione di conformità e, solo in assenza di questa, la DiRi. Tutti gli impianti realizzati dopo il 27 marzo 2008 devono invece avere la dichiarazione di conformità.

Questo perché le leggi che regolano la sicurezza degli impianti sono del 1990 (legge 46/1990, che ha introdotto l’obbligo di conformità) e del 2008  (il DM 37/2008, quando il legislatore ha varato, ampliando il quadro normativo in materia di certificazioni degli impianti elettrici,  la dichiarazione di rispondenza).

Fonte: Idealista.it