In Europa attenzione al livello dei dazi, possibili conseguenze per i mutui in Italia
Manca l’ufficialità, ma ormai è praticamente fatta: Donald Trump si avvia ad iniziare il proprio secondo mandato, diventando il 47° Presidente Usa, e il partito repubblicano ha ottime probabilità di primeggiare ampiamente anche al Congresso. La sconfitta di Kamala Harris e del partito democratico, dopo gli anni della contestata presidenza Biden, potrebbe cambiare sostanzialmente gli scenari mondiali, a partire dalla situazione geopolitica legata ai conflitti in corso per finire con l’economia e i mercati, data la politica di dazi ventilata nel programma repubblicano. Cosa accadrà allora ai mercati e all’economia globale con la vittoria di Trump? I commenti degli esperti.
- Elezioni Usa e mercati finanziari
- Vince Trump, vola il bitcoin
- Il programma di Trump e gli effetti sull’economia
- Elezioni Usa, le conseguenze per l’Europa e la situazione geopolitica
- Vittoria di Trump, conseguenze in Italia
Elezioni Usa e mercati finanziari
Come sempre accade, i mercati finanziari hanno premiato l’uscita dall’incertezza elettorale in Usa e hanno aperto in rialzo. Le Borse europee sono positive (Ftse Mib +0.79 per cento alle ore 9.15) in sintonia con i future su Wall Street, che prevedono un’apertura in rialzo di oltre un punto e mezzo.
Volano inoltre le quotazioni del dollaro, a scapito dell’oro, che solitamente va in direzione opposta essendo il bene rifugio alternativo alla valuta; se la moneta americana si è rafforzata contro l’euro a quota 1,073 (contro gli 1,0877 della chiusura di ieri) e il cross dollaro/yen è salito a 153,74, contro i 152,26 della chiusura precedente, il metallo giallo perde terreno a quota 2.724,5 dollari l’oncia, in calo dello -0,71%.
Vince Trump, vola il bitcoin
Buone notizie per chi ha investito in Bitcoin, che nell’entusiasmo elettorale Trump ha annunciato voler valorizzare, dichiarando di voler fare dell’America “la capitale cripto del mondo”. Le quotazioni della valuta virtuale sono volate dell’8,6 per cento superando la soglia dei 75.000 dollari, giungendo al livello record di 75.120.
Il bitcoin è stato una parte importante della campagna elettorale di Trump, che ha ottenuto in questo modo il sostegno di alcuni dei più importati esponenti dell’industria cripto come i gemelli Tyler e Cameron Winklevoss, fondatori di Gemini, Jesse Powell, fondatore di Kraken e anche David Bailey, CEO di Bitcoin Magazine.
Cosa succederà ora al Bitcoin? Secondo la fin-tech italiana CheckSig, “è lecito aspettarsi una graduale istituzionalizzazione per Bitcoin e altre cripto. Pur facendo la tara alla demagogia da campagna elettorale, è lecito aspettarsi che le promesse fatte vengano mantenute. Nonostante le aperture significative che erano state fatte da Kamala Harris, la situazione attuale è la più favorevole al mondo cripto mai visto finora. Ci si aspetta quindi che il governo americano, nei prossimi 4 anni, investa su Bitcoin introducendo norme che portino all’istituzionalizzazione dei crypto-asset e favoriscano gli investimenti in questa asset class. Trump non ha fatto mistero di voler licenziare Gensler, l’attuale presidente della Sec, per dare impulso ad una regolamentazione più aperta che verrà accolta con positività dai mercati spingendo Bitcoin verso nuovi massimi”.
Il programma di Trump e gli effetti sull’economia
Con la vittoria di Donald Trump, gli effetti del suo programma elettorale si faranno inevitabilmente sentire sull’economia globale, date le ripercussioni delle politiche fiscali proposte su tassi di interesse, dazi e crescita Usa (e, di conseguenza, mondiale).
Crescita Usa e politiche economiche globali
“Il programma di Donald Trump conferma riduzione delle aliquote fiscali per le società, riduzione dell’aliquota marginale sulle persone fisiche e nessun aumento dell’imposizione sulle plusvalenze, – ricorda Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer, UBS WM Italy, UBS Europe SE, Succursale Italia. – Alcuni incentivi dell’IRA potrebbero essere cancellati e la supervisione regolamentare ridotta, a vantaggio soprattutto del settore petrolifero e di quello finanziario. L’impatto macroeconomico del programma repubblicano potrebbe essere positivo per il prodotto interno lordo (PIL), ma la combinazione di minor tassazione, meno immigrazione e più dazi potrebbe risultare inflattiva, allontanando i tagli dei tassi d’interesse. Tuttavia, deficit più alti e tensioni commerciali potrebbero indebolire il dollaro, come auspicato dallo stesso Trump per favorire la manifattura statunitense. La conferma degli sconti fiscali per le aziende avrebbe un impatto positivo iniziale per la borsa, così come la promessa di una minor regolamentazione per alcuni settori. Quanto al protezionismo, Trump favorisce i negoziati bilaterali e ha proposto dazi universali del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti e del 60% su quelle provenienti dalla Cina”.
“Il ciclo economico non cambierà il 6 novembre, il giorno dopo le elezioni, – avverte Karsten Junius, Chief Economist di J. Safra Sarasin. – Tuttavia, il mix di politiche potrebbe prendere una strada diversa. In caso di vittoria dei repubblicani, lo scenario prevede una riduzione delle tasse, una maggiore deregolamentazione, politiche di immigrazione più restrittive e la probabile implementazione di tariffe su vasta scala, che porteranno a un aumento delle aspettative di inflazione, a un incremento significativo dei deficit di bilancio, ma anche a una maggiore incertezza politica. I mercati probabilmente prezzerebbero un ciclo di tagli dei tassi della Fed più breve e un premio a termine più alto per tenere conto dell’incertezza aggiuntiva, riflettendo anche un potenziale scontro tra politica fiscale e monetaria. Inoltre, le prospettive di un aumento dei dazi dovrebbero colpire in particolare le valute europee e dei Paesi emergenti, data la loro dipendenza dal commercio internazionale. Una vittoria repubblicana potrebbe inizialmente essere vista come la più favorevole per gli utili statunitensi e portare il mercato USA a sovraperformare il resto del mondo. I dazi doganali saranno un fattore di rischio, ma soprattutto per i titoli azionari al di fuori degli Stati Uniti. Per quanto riguarda i settori, ci aspettiamo che gli industriali, i servizi di comunicazione e i beni di consumo discrezionali traggano i maggiori vantaggi dalla riduzione delle imposte, mentre i tassi d’interesse più elevati, la riduzione della regolamentazione e il miglioramento delle attività di M&A favoriranno probabilmente i titoli finanziari. L’energia dovrebbe beneficiare di processi di approvazione più rapidi, ma se ciò dovesse portare a una maggiore produzione di petrolio e gas e a prezzi più bassi, l’impatto effettivo sulla performance è più ambiguo. I servizi petroliferi sono il nostro segmento preferito dello spazio energetico, in quanto probabilmente beneficerebbero della costruzione di infrastrutture petrolifere”.
Pimco fornisce un dettagliato scenario di quanto accadrà all’America con il nuovo mandato di Trump nel seguente grafico:
Tassi di interesse Fed
Secondo Alessio Garzone, Senior analyst di Gamma Capital Markets, “un risultato netto a favore di Trump potrebbe comportare una politica fiscale espansiva, con tagli fiscali e misure di deregolamentazione mirate a stimolare la crescita economica. Questo potrebbe tradursi in una spinta iniziale per i mercati azionari, ma anche in pressioni inflazionistiche più elevate. La Federal Reserve, in risposta, potrebbe mantenere una politica monetaria più restrittiva per contenere l’inflazione, limitando la portata dei tagli dei tassi previsti”.
Non condivide la possibilità di conseguenze sulla politica monetaria della Fed,almeno nell’immediato, IG Italia, secondo cui “nel breve periodo fino a fine 2024 non ci dovrebbe essere alcun impatto. Nel medio/lungo periodo il discorso è ben diverso soprattutto in caso di una vittoria di Donald Trump e di un successo dei repubblicani al Congresso (il cosiddetto scenario “Red Wave”). Con uno sweep repubblicano, Donald Trump potrà mantenere le promesse fatte in campagna elettorale con una politica fiscale ultra-espansiva e una politica commerciale protezionistica con l’introduzione di nuovi dazi. Tali misure dovrebbero alimentare nuovamente le pressioni inflazionistiche complicando il lavoro della FED che potrebbero essere meno dovish rispetto a quello che prevede il mercato. Non possiamo inoltre escludere che Donald Trump (come era già successo durante la sua amministrazione 2017-2020) possa fare pressioni sulla Federal Reserve per avere tassi di interesse molto bassi”.
Il programma di Trump e le conseguenze su lavoro, dazi e petrolio
Mentre gli investitori tengono d’occhio il rischio dei dazi, l’aspetto più inflazionistico del programma di D. Trump è la sua volontà di ritirare milioni di lavoratori immigrati dal mercato del lavoro, già sotto pressione. A parere di Michael Nizard, portfolio manager di Edmond de Rothschild AM, “Il rapporto tra posti di lavoro aperti e lavoratori disoccupati è ancora superiore a 1 e probabilmente aumenterà ancora se questa politica verrà attuata, contribuendo a sostenere gli aumenti salariali e quindi l’inflazione sottostante. Anche la guerra commerciale di Trump contro la Cina (tassa del 60% su tutti i prodotti) e il resto del mondo (tassa universale del 10% su tutti i prodotti) potrebbe alimentare una nuova ondata di inflazione. Storicamente, i dazihanno sempre portato a un aumento dei prezzi dei prodotti interessati, anche durante l’episodio del 2018-2019, con la differenza che l’economia statunitense ha ora una capacità molto maggiore di generare inflazione. Tutti questi fattori metteranno probabilmente in discussione il successo della Fed nel controllo dell’inflazione e potrebbero indurla a rallentare l’attuale allentamento monetario.
Infine, la tendenza al ribasso del petrolio è destinata ad accelerare, indebolita dalla determinazione del nuovo Presidente degli Stati Uniti ad aumentare la produzione di petrolio statunitense. L’impatto non sarà diretto, in quanto i produttori statunitensi rimangono principalmente guidati dall’obiettivo di generare maggiori rendimenti per gli azionisti, ma l’abolizione degli standard ambientali e delle autorizzazioni a trivellare sui terreni federali dovrebbe avere un effetto marginale di rialzo sulla produzione. Ciò potrebbe far precipitare ulteriormente i prezzi del petrolio, poiché l’OPEC potrebbe decidere di reagire con una guerra dei volumi per evitare di perdere ulteriori quote di mercato”.
Elezioni Usa, le conseguenze per l’Europa e la situazione geopolitica
Per l’Europa, le implicazioni della vittoria di Trump saranno piuttosto forti. Secondo Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, “Partendo dalle implicazioni sul dollaro, un’elezione di Trump dovrebbe portarne a un apprezzamento. Se i repubblicani dovessero vincere anche al Congresso, ci aspetteremmo un sorpasso decisivo del dollaro. In base alla natura della guerra commerciale tra USA e UE, il rafforzamento del dollaro potrebbe essere positivo o negativo. Se l’Europa riuscisse a trovare un accordo sul fronte commerciale all’inizio dell’amministrazione, i benefici di un euro più debole sarebbero dominanti. L’elezione di Harris avrebbe rappresentato sostanzialmente una continuità per le relazioni economiche europee con gli Stati Uniti. Lo stesso vale per la geopolitica, dove Harris avrebbe continuato semplicemente le politiche di Biden. In questo ambito, Trump rappresenterà invece un grande cambiamento. Nel breve termine, probabilmente contribuirà a mitigare il conflitto in Ucraina. Questo potrebbe essere positivo dal punto di vista del sentiment e della percezione del rischio. Tuttavia, ciò sarebbe accompagnato da una maggiore richiesta di spesa fiscale in Europa per la difesa e il sostegno all’Ucraina. Per alcuni Paesi, questo potrebbe aggiungere ulteriori pressioni sul bilancio, ma anche rappresentare una forza per l’integrazione dell’UE, in quanto il debito comune potrebbe tornare a essere un meccanismo privilegiato”.
C’è però anche chi crede che la vittoria di Trump non intaccherà l’andamento economico europeo. “La fiducia dei consumatori si sta riprendendo in Europa e anche in Italia – dove è al di sopra del trend storico – i consumatori inizieranno a risparmiare di meno in un mercato del lavoro in salute e questo significa che in Europa ci saranno più consumi, spingendo la crescita della regione. Questo trend è già iniziato nel terzo trimestre e credo che sarà una tendenza del prossimo anno, – fa notare Ignacio de la Torre, Capoeconomista, Arcano Partners. – La vittoria di Donald Trump, infatti, non cambia questo scenario perché qualsiasi dazio sui beni europei verrà imposto in maniera graduale e non è comunque destinato ad avere un effetto significativo sull’Europa a livello macro: in percentuale del PIL l’impatto delle esportazioni europee negli Stati Uniti è infatti molto limitato – 0,9% netto e circa 3% lordo – rispetto a quello dei consumi che è del 52%, quindi 15 volte di più. I cambiamenti all’outlook del Vecchio Continente saranno dunque molto più limitati di quanto si pensi: anche perché una cosa è ciò che si promette e una cosa è ciò che si realizza e crediamo che molte delle promesse di Trump non saranno realizzate o saranno ridimensionate e questo sarà evidente già in occasione delle elezioni di mid-term.
Vittoria di Trump, conseguenze in Italia
Sebbene sia difficile valutare quali possano essere le conseguenze in Italia della vittoria di Donald Trump, c’è un ambito su cui la cosa potrebbe avere effetti, e sono i tassi dei mutui. Secondo gli esperti di Facile.it, l’elezione di Trump potrebbe portare ad un incremento delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti e quindi costringere la FED, la Banca Centrale Americana, ad abbracciare una politica più restrittivamoderando il ritmo dei tagli dei tassi intrapreso negli ultimi mesi. Una scelta che, se si realizzasse, potrebbe avere effetti anche sui mercati europei e, a cascata, sui tassi dei mutui italiani, in particolare i fissi, che potrebbero tornare a crescere.
Si tratta di una logica di mercato: l’eventuale scelta della FED di rallentare con il taglio dei tassi comporterebbe un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato americani, che diventerebbero così ancora più appetibili rispetto a quelli europei. Questo comporterebbe una fuga di capitali verso gli USA con l’effetto di aumentare le vendite, e quindi i rendimenti, dei titoli obbligazionari europei, e con inevitabili ricadute anche sugli IRS, gli indici di riferimento per i mutui a tasso fisso italiani.
Se l’IRS dovesse aumentare, quindi, anche i tassi dei nuovi mutui salirebbero. A riprova del fatto che questo sia uno scenario tutt’altro che remoto, già da qualche giorno è possibile notare come il mercato obbligazionario europeo (ad esempio l’ETF Euro Government Bond 15-30yr) stia vedendo, trainato dai titoli di Stato americani, un aumento dei propri rendimenti, con i primi movimenti rialzisti anche per gli IRS.
Fonte: Idealista.it