Case green, le novità della direttiva: cosa prevede l’accordo

Il testo su cui è stata raggiunta l’intesa sarà votato dalla commissione Itre il prossimo 23 gennaio

Giovedì 7 dicembre si è conclusa la trattativa tra le istituzioni europee sulla direttiva europea sulle case green iniziata lo scorso giugno. Parlamento, Consiglio e Commissione Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio su un testo relativo alla Energy performance of buildings directive (Epbd), che dovrà essere approvato e poi ufficialmente adottato da Parlamento e Consiglio Ue. Il testo sarà votato dalla commissione Itre il prossimo 23 gennaio.

Sul social network X, la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, ha scritto: “Complimenti al Parlamento e al Consiglio per avere raggiungo un accordo provvisorio sulla Epbd. Non è soltanto una importante cassetta degli attrezzi da utilizzare per le nostre ambizioni climatiche, ma anche un pacchetto di misure concrete per migliorare la vita dei nostri cittadini, abbassare le bollette energetiche e dare una spinta all’economia”.

Case green, gli obiettivi e le date della direttiva Ue

L’obiettivo della nuova direttiva europea sulle case green è tracciare un percorso per raggiungere un parco edifici neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Nell’incontro dello scorso 12 ottobre, durato quasi dodici ore, aveva prevalso una linea più morbida, arrivando all’eliminazione della norma che imponeva l’obbligo di intervenire sugli immobili entro determinate scadenze, mentre nell’incontro del 7 dicembre sono stati decisi gli obiettivi intermedi di risparmio di energia per l’intero patrimonio edilizio dei Paesi membri. 

In particolare, gli Stati dell’Unione europea dovranno garantire che gli edifici residenziali più inquinanti riducano il consumo medio di energia del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, gli edifici non residenziali del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Il 55% della riduzione energetica dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. Entro il 2030, inoltre, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblicil’obbligo scatterà a partire dal 2028.

Efficienza energetica

GTRES

Commentando l’accordo provvisorio raggiunto giovedì 7 dicembre, il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha scritto su X: “Sulla proposta di direttiva Ue ‘case green’ siamo arrivati al traguardo. Confedilizia ha cominciato a lanciare l’allarme su questa proposta proprio due anni fa. Per tutto questo periodo ci siamo battuti – tra scetticismo, accuse di ‘negazionismo’, attacchi da parte delle tante categorie interessate ai lavori e qualche ironia di presunti competenti – affinché un’impostazione ideologica e molto pericolosa per l’Italia fosse sostituita da un approccio realistico e di buon senso. La riunione del 7 dicembre ha confermato il cambio di rotta del 12 ottobre. Il risultato, quindi, è stato raggiunto. Bisogna sempre battersi, anche quando ci sono poche speranze di prevalere. Se si prevale, si gioisce. Altrimenti, si è soddisfatti lo stesso. Per essersi battuti”.

Case green, le altre ultime notizie

Il testo della direttiva europea sulle case green ha previsto anche la fine degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili entro il 2040, l’eliminazione dal 2025 di tutti gli incentivi per le caldaie autonome e l’obbligo di installare i pannelli solari solo sugli edifici pubblici, su quelli non residenziali di grandi dimensioni e su quelli nuovi.

Fonte: Idealista.it

OMI, ancora calo delle compravendite nel III trim 2023: -10,4%

Continua la contrazione del mercato immobiliare. Secondo la nota trimestrale dell’Osservatorio OMI dell’Agenzia delle Entrate, infatti, nel III trimestre dell’anno si è registrato un calo del 10,4% delle compravendite rispetto all’analogo periodo del 2022. In questo periodo sono state vendute 157 mila abitazioni, circa 18mila in meno rispetto allo scorso anno.

compravendite

Agenzia Entrate

A livello nazionale, le compravendite di abitazioni diminuiscono maggiormente nei comuni non capoluogo, dove il calo è del 10,8% (circa 13 mila abitazioni scambiate in meno rispetto al terzo trimestre 2022), ma subiscono una decisa flessione anche nei comuni capoluogo, -9,5%.

Rispetto al terzo trimestre del 2022, la diminuzione degli scambi è diffusa in tutte le aree del Paese, senza eccezioni. Al Nord Est e al Centro la variazione negativa è più marcata (rispettivamente -12,9% e -12,6%) mentre al Nord Ovest il calo si attesta a -10,3%, tasso trascinato dalle perdite registrate nei comuni non capoluogo (-11,1%).

Al Sud si registra un calo del 7,3% equamente distribuito tra comuni minori e comuni capoluogo (rispettivamente -7,2% e -7,5%). Nelle Isole, invece, si osserva la diminuzione più lieve, -6,3%. Le perdite più consistenti si registrano nei comuni non capoluogo del Nord Est con un tasso tendenziale negativo del 14,1%.

Compravendite per tagli dimensionali

La diminuzione degli scambi, come emerge dal confronto con lo stesso trimestre del 2022, coinvolge tutti i tagli dimensionali in special modo i tagli più grandi e risulta più accentuata al crescere della grandezza delle abitazioni.

In particolare, le abitazioni di taglio piccolo diminuiscono dell’8%, le abitazioni nella classe da 50 a 85 m2 hanno una variazione del -9,4%, quelle di taglio compreso tra 85 m2 e 115 m2diminuiscono del 10,6%, le abitazioni di taglio compreso tra 115 e 145 m2 subiscono una flessione pari a -11,7% e infine le grandi abitazioni, con superfici oltre i 145 m2 registrano un calo pari al 10,4%.

Nel dettaglio delle aree i cali, come per il complesso nazionale, risultano crescenti all’aumentare della grandezza delle residenze. Al Nord e nelle Isole il calo è elevato anche per gli alloggi di dimensioni più contenute.

Nuove abitazioni vs abitazioni esistenti

Nel III trim 2023 sono state acquistate circa 12.600 nuove abitazioni pari all’8,1% del totale delle abitazioni compravendute23. Rispetto all’omologo trimestre del 2022 si registra ancora una flessione, seppur meno evidente rispetto allo scorso trimestre, dei volumi di scambio di abitazioni di nuova costruzione, con un calo tendenziale che sfiora il 16%

Nel tempo si è avuto un calo di compravendite per le nuove abitazioni, con volumi che passano dalle quasi 26.000  stimate a inizio 2011, alle circa 14mila dell’ultima rilevazione trimestrale. Il calo, come dimostra la curva dei dati destagionalizzati, è stato più pronunciato fino al 2015, mostrando, negli anni successivi, una sostanziale stabilizzazione e una lieve crescita nel 2021 che continua nel 2022, e registra di nuovo una flessione all’inizio del 2023. 

La quota di scambi di nuove abitazioni è rimasta stabilmente vicina al 20% fino al quarto trimestre 2013, per poi diminuire lentamente e portarsi al di sotto del 10% dal 2019, risalita al 10,8% nel secondo trimestre del 2022, si è portata sotto il 10% neisuccessivi trimestri e risulta in rialzo, pari all’8,1%, nell’ultima rilevazione

Abitazioni nuove

Fonte: Idealista.it

Tra tassi di interesse alti, inflazione e Pnrr ecco come cambierà il settore delle costruzioni

I più recenti dati Istat sulle costruzioni mostrano una produzione stagnante a settembre e in calo nei primi nove mesi dell’anno. Il crollo  delle compravendite di abitazioni è un segnale di difficoltà delle famiglie di cui la politica deve tener conto. Il miglioramento della fiducia degli imprenditori edili lascia intravedere un possibile andamento favorevole dell’attività nel breve periodo. Sono alcune delle osservazioni di Giovanni Pelazzi, Presidente di Argenta SOA, che commenta la situazione del settore delle costruzioni in Italia, analizzata dal report 2023 sulle costruzioni del Centro Studi Argenta SOA.

In che stato si trova ad oggi il settore edile?

“I dati diffusi oggi dall’Istat ci consegnano un quadro fatto di luci e ombre, – risponde Pelazzi.- La produzione nelle costruzioni ha ristagnato a settembre (+0,2% su agosto) e, dopo la caduta nel secondo trimestre (-3,2% sul primo), si osserva un incremento dell’attività edile nella media del terzo (+0,8% sul secondo)”.
 

Come interpretare questi dati?

“È sicuramente un dato rassicurante – sostiene Giovanni Pelazzi, – anche se bisogna tenere conto che i mesi estivi spesso si caratterizzano per una forte varianza. Ad ogni modo, nei primi nove mesi dell’anno l’attività è in calo del 2,4% e, di questo passo, nella media del 2023 si va verso una diminuzione intorno al 2% rispetto al 2022. Un dato che si può ritenere anche meno negativo di quello atteso solo pochi mesi fa, tenuto conto del contesto difficile sia dal punto di vista economico sia anche sotto il profilo dell’incertezza che ha caratterizzato le decisioni e le strategie intorno agli incentivi destinati al settore”.

Qual è il sentiment degli operatori del settore?

“Per i prossimi mesi gli imprenditori non sono particolarmente pessimisti né sulla dinamica della produzione attuale né su quella attesa”, afferma Pelazzi. “Naturalmente, il PNRR funge da catalizzatore degli investimenti nel comparto e da attivatore della produzione futura. Circa 40 miliardi di euro di investimenti previsti dal PNRR in maniera diretta o indiretta riguardano le costruzioni. Si tratta di una fetta rilevante, considerando che l’ammontare complessivo di investimenti del settore ammonta a circa 180 miliardi annui”.


Qual è l’impatto sulla compravendita di abitazioni?


“Come indicano i dati, le compravendite sono in calo del 14% nei primi sei mesi di quest’anno rispetto al primo semestre del 2022. D’altronde, è inevitabile, visto che il costo medio di un mutuo a tasso fisso oggi è fortemente aumentato e i prezzi di vendita delle abitazioni sono cresciuti, in un contesto di forte rallentamento economico e con attese di calo dei prezzi, fattori che portano le famiglie a rinviare le scelte di acquisto delle abitazioni”.

Da cosa sarà influenzato il settore delle costruzioni in futuro?

“A pesare sul futuro del settore sono gli effetti dell’inflazione e del costo del denaro per famiglie e imprese, oltre all’incertezza che rende più difficile programmare le strategie sia per le imprese che per le famiglie. Pur se l’inflazione mostra segni di decelerazione, i prezzi restano ancora elevati rispetto a due anni fa: i livelli sono più alti in media del 18%, con un onere più forte per le famiglie meno benestanti – a causa della composizione del paniere degli acquisti – per le quali i livelli dei prezzi sono superiori del 22%”.

Qual è invece l’impatto dei mutui?

“L’aumento del costo di finanziamento per le famiglie è alto: il costo medio di un mutuo a tasso fisso oggi è intorno al 5%, per il credito al consumo è quasi al 9%, mentre sono saliti contestualmente i prezzi di vendita degli immobili. Per le imprese i tassi sono intorno al 4,5% medio e si sono irrigiditi i criteri di garanzia richiesti dalle banche con il risultato che si è ridotta la domanda di prestiti (quasi il 7% in meno a settembre, secondo Banca d’Italia). Al Sud, in particolare, sempre secondo Banca d’Italia, il costo medio di un finanziamento è superiore di circa un punto percentuale rispetto al Nord. Se si considera che le aspettative sono di un calo dei prezzi nel prossimo anno, le famiglie sono portate a rinviare le scelte di acquisto delle abitazioni (nel secondo trimestre -16% le vendite di abitazioni in un anno). Questa situazione potrebbe avere effetti gravi per le imprese del comparto. Le difficoltà delle famiglie e a cascata delle imprese devono essere al centro della strategia della politica”.

Come influirà il PNRR?

“C’è da considerare anche un effetto “spiazzamento” degli investimenti pubblici rispetto a quelli privati in questa fase, ma la spinta che può venire dal PNRR – se verranno rispettati i tempi e la spesa prevista – è rilevante e bisogna fare di tutto affinché non manchi all’economia italiana questo boost”.

Fonte: Idealista.it

Comunicazione della cedolare secca in caso di subentro degli eredi, alcuni chiarimenti

La Cgt di primo grado di Firenze è intervenuta in merito alla comunicazione della cedolare secca in caso di subentro degli eredi. A partire da quando è possibile esercitare l’opzione per il regime agevolativo? È su questo punto che si è concentrata la sentenza 459/1/2023, trattando il caso di una contribuente che aveva ricevuto per eredità testamentaria un immobile, condotto in locazione. Vediamo quanto precisato.

Nel dettaglio, come sottolineato dal Sole 24 Ore che ha analizzato la vicenda, la contribuente aveva ricevuto per eredità testamentaria un immobile, condotto in locazione, e aveva presentato la dichiarazione di subentro richiedendo espressamente di volersi avvalere della cedolare secca nel termine di 30 giorni dalla data di apertura del testamento. Ma, secondo l’ufficio, c’era stata tardività della comunicazione decorrente dall’evento successorio, determinato dalla data di decesso del locatore.

La contribuente, però, aveva evidenziato il fatto che l’opzione della cedolare secca non poteva essere esercitata prima dell’apertura del testamento, momento in cui è stato reso noto il trasferimento mortis causa dell’immobile locato. Di conseguenza, la contribuente aveva esercitato in modo corretto l’opzione per il regime agevolativo della cedolare secca dall’apertura del testamento, ossia quando è effettivamente subentrata nel contratto di affitto.

Real Estate

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Con la sentenza 459/1/2023, la Cgt di primo grado di Firenze ha stabilito che è legittima l’opzione per la cedolare secca esercitata dall’erede entro il termine di 30 giorni dalla data in cui è venuto a conoscenza del subentro mortis causa nel contratto di locazione. In particolare, la Cgt di primo grado di Firenze ha ritenuto non perentorio il termine per aderire al regime fiscale agevolato, dovendo valutare i possibili eventi che determinano il sorgere degli effetti traslativi della titolarità del bene. Del resto, secondo l’articolo 2935 del Codice civile “Decorrenza della prescrizione”, la prescrizione comincia a decorrere solo se e quando il diritto può essere fatto valere.

Si ricorda che, in linea generale, quando c’è un passaggio di proprietà per atto tra vivi o per successione il regime facoltativo e agevolativo della cedolare secca cessa di esistere e il contratto torna ad essere assoggettato al regime ordinario. In questi casi, l’Amministrazione ha individuato un termine entro il quale scegliere il regime fiscale. Tale termine è individuato in 30 giorni dalla data del subentro.

Il caso esaminato dalla Cgt di primo grado di Firenze ha però portato alla ribalta la necessità di “considerare i possibili eventi che determinano il sorgere degli effetti traslativi della titolarità del bene” e quindi di poter optare per la cedolare secca entro il termine di 30 giorni dalla data in cui l’erede viene a conoscenza del subentro mortis causa nel contratto di locazione.

Fonte: Idealista.it

Affitti case: crollo a novembre (-2,1%), ma boom in un anno (12,1%). Scopri i canoni nella tua città

A novembre, i canoni di locazione in Italia hanno registrato una diminuzione del 2,1%, stabilendosi a 12,4 euro/m2 mensili, secondo l’analisi condotta dall’Ufficio Studi di idealista, il portale immobiliare leader in Italia per lo sviluppo tecnologico. Nonostante questo rallentamento nell’ultimo mese, emerge un notevole incremento del 12,1% nell’arco degli ultimi 12 mesi.

Regioni
A livello regionale, si osservano cali generalizzati degli affitti in tutte le aree, tranne in Trentino-Alto Adige (3,2%) e Molise (1,2%), che registrano aumenti a novembre. Le contrazioni più marcate coinvolgono Valle d’Aosta (-8,4%), Calabria (-5,2%) e Puglia (-4,7%), seguite da Liguria (-4,4%) e Abruzzo (-4%). Le restanti 13 regioni in ribasso oscillano tra il -3,5% del Lazio e il -0,2% del Piemonte.

La regione con i canoni di affitto più elevati è la Valle d’Aosta (18,9 euro/m2), seguita da Lombardia (17,5 euro/m2), Toscana (15,8 euro/m2) e Trentino-Alto Adige (14,4 euro/m2). Prezzi superiori alla media italiana sono riscontrati anche in Emilia-Romagna (13,1 euro/m2), mentre le altre regioni oscillano dai 12,3 euro del Lazio ai 6,3 euro mensili del Molise, la zona più conveniente per gli affittuari italiani.

Province
Parallelamente alle regioni, la tendenza provinciale degli affitti risulta negativa, con cali in 73 zone su 107. I ribassi più significativi, superiori al dieci per cento, sono registrati a Latina (-16%), Grosseto (-13,6%), Fermo (-13%), Sassari (-11,1%) e Brindisi (-10,2%). Al contrario, gli incrementi più marcati interessano Oristano (8,2%), Sondrio (7%) e Bolzano (6,5%).

In termini di prezzi, Lucca (26,6 euro/m2) si posiziona come la provincia più costosa, seguita da Belluno (25,9 euro/m2), Bolzano (21,5 euro/m2) e Milano (21,2 euro/m2). Le province con affitti più accessibili sono Enna (4,9 euro/m2), Caltanissetta (5,2 euro/m2) e Benevento (5,5 euro/m2).

Capoluoghi
A livello cittadino, la tendenza si presenta contrastata, con 39 capoluoghi in aumento, 39 in calo e 4 (Verona, Frosinone, Perugia e Pavia) stabili. Le maggiori crescite del mese sono registrate a Vibo Valentia (6,5%), Campobasso e Pescara (entrambe 5,2%), Trento (4,5%) e Lodi (3,8%).
Al contrario, Brindisi (-6%), Macerata e Grosseto (-5,8%), Pesaro (-5,3%) e Ragusa (-5,2%) sono i capoluoghi con i cali più significativi.


Tra i principali mercati della locazione, Venezia (2,4%), Napoli e Palermo (entrambe con un incremento dell’1%) evidenziano una chiara tendenza positiva. Roma mostra una variazione pressoché stabile, con un modesto aumento dello 0,1%. Al contrario, Milano (-1,8%) e Torino (-2%) registrano una contrazione nei prezzi degli affitti.

Nonostante la diminuzione di novembre, Milano (22,5 euro/m2) mantiene il titolo di città più costosa d’Italia per gli affitti, seguita da Firenze (19,9 euro/m2), Venezia (18,4 euro/m2) e Bologna (17,3 euro/m2). Caltanissetta (4,7 euro/m2) si conferma come il capoluogo più conveniente per le locazioni, precedendo Vibo Valentia (5 euro/m2) e Reggio Calabria (5,3 euro/m2).

L’indice dei prezzi degli immobili idealista
Per la realizzazione dell’indice dei prezzi degli immobili di idealista vengono analizzati i prezzi di offerta basati sui metri quadri costruiti (a corpo) pubblicati dagli inserzionisti della piattaforma. Le inserzioni atipiche e le inserzioni con prezzi fuori mercato vengono eliminate dalle statistiche. Includiamo la tipologia di case unifamiliari (ville) e scartiamo immobili di qualsiasi tipologia che non hanno ottenuto interazioni da parte degli utenti per molto tempo. I dati finali vengono generati utilizzando la mediana di tutte le inserzioni valide in ciascun mercato.

Fonte: Idealista.it

Ristrutturazione edilizia, come rinnovare gli edifici esistenti e ridurre drasticamente i consumi

Rinnovare gli edifici esistenti con un approccio olistico, creando il minimo disagio a chi vi abita, renderli smart e ridurre drasticamente i consumi è possibile. A dimostrarlo due progetti coordinati dal Politecnico di Milano e finanziati nell’ambito di Horizon 2020 e Horizon Europe, programmi quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione. Si tratta di Heart e Re-Skin. Entrambi mirano a sviluppare dei pacchetti tecnologici multifunzionali, in grado di trasformare un edificio esistente, ad alta intensità energetica, in una struttura moderna, smart, efficiente e sostenibile. Ma di cosa si tratta esattamente? idealista/news lo ha chiesto a Niccolò Aste, professore ordinario di Fisica tecnica e ambientale al Politecnico di Milano e coordinatore dei progetti.

Il progetto Heart (Holistic Energy and Architectural Retrofit Toolkit) è un toolkit che mette a sistema tecnologie costruttive ed impiantistiche da applicarsi ai fini della riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Il tutto è governato da una piattaforma informatica basata su cloud che include funzionalità decisionali e di gestione dell’energia. Questa diventa così il “cuore” dell’edificio, regolandone il consumo e il flusso energetico. Sono due gli edifici pilota sviluppati nell’ambito del progetto per dimostrarne sul campo la reale efficacia: uno si trova a Bagnolo in Piano in Italia e l’altro a Lione in Francia.

Il progetto Re-Skin, che è l’evoluzione di Heart in chiave di circolarità, integrando Ict, energie rinnovabili, materiali sostenibili (biobased, riciclati o riciclabili) e installazioni di nuova generazione, offre una soluzione olistica e sistemica per il retrofit energetico e l’aggiornamento intelligente di edifici residenziali, commerciali e pubblici. Questo progetto è ancora aperto ed è in fase di sperimentazione a Milano in Italia, poi si interverrà in Francia, in Spagna e in Bulgaria.

Il Politecnico di Milano ha lavorato a due progetti in tema di ristrutturazione degli edifici: Heart e Re-Skin. Di cosa si tratta?

“Gli interventi che abbiamo studiato e che si stanno facendo in giro per l’Europa sono interventi di deep renovation, cioè di ristrutturazione profonda. Si mette mano all’edificio in modo significativo provocando il minimo disagio agli abitanti”.

Nello specifico, i progetti Heart e Re-Skin in cosa consistono?

“Sono progetti di ricerca, sviluppo ed applicazione sul campo. Sia per Heart che per Re-Skin abbiamo studiato dei cosiddetti toolkit, pacchetti di interventi multi-tecnologici che vengono applicati agli edifici esistenti.

Quando si parla di pacchetto multi-tecnologico ci si riferisce ad esempio ad un pacchetto composto da tecnologie di facciata, da sistemi fotovoltaici, da pompe di calore, da una piattaforma cloud che gestisce l’edificio e lo fa interfacciare con l’esterno, da una serie di altri dispositivi già compatibili tra di loro e studiati per la reciproca interazione che vengono applicati in maniera sistemica sull’edificio rinnovandolo.

Si tratta di un approccio olistico. In questo caso tutti i componenti, seppur prodotti da aziende diverse, sono già stati ottimizzati per interagire tra di loro. Ciò comporta un risparmio complessivo notevole”.

Con questo sistema tutto viene ottimizzato?

“Sì, esatto. Ottimizzazione è il termine giusto. All’interno c’è un sistema di building automation che inizia a lavorare prima ancora di essere installato sull’edificio e con i dati a disposizione comincia a simulare l’edificio com’è e come sarà. Attraverso simulazioni iterative e progressive individua il migliore abbinamento tra materiali e apparecchiature. Tutto viene ottimizzato e messo a sistema. Tutto viene messo nella condizione di dare la migliore prestazione possibile. Chiaramente, non si raggiunge mai la perfezione, ma ci si può avvicinare, aumentando l’efficienza ed evitando sprechi e mismatch.

La sfida dei progetti Heart e Re-Skin è trasformare un edificio vecchio, con prestazioni carenti, in  uno smart building ad alta efficienza.

Heart è stato il primo progetto, Re-Skin è una versione evoluta di Heart con molti contenuti di circular economy. Gli obiettivi di Re-Skin sono ancora più ambiziosi, ma sempre confortati dai dati”.

Quali possono essere i benefici in termini di riduzione dei consumi degli smart building

“Si può arrivare al 90% in meno di consumi di climatizzazione.

Questo perché da una parte con le tecnologie di involucro i consumi si riducono molto, dall’altra con l’integrazione del fotovoltaico nelle coperture si autoproduce energia. Quindi si abbatte il fabbisogno di energia e gran parte di essa viene prodotta con il fotovoltaico”.

Il fotovoltaico è una preziosa fonte di energia? 

“Il fotovoltaico è un’ottima fonte di energia, anche competitiva. In linea teorica, si potrebbe vivere di solo fotovoltaico. Il suo unico problema è che dipende dalla variabilità dell’irraggiamento solare, serve dunque l’accumulo, che però costa, ha un ciclo di vita più breve (dell’edificio sicuramente, ma anche dell’impianto fotovoltaico), ha un impatto ambientale diverso. Si tratta dunque di una questione in più da affrontare.

Facendo queste considerazioni, nel primo progetto, Heart, abbiamo installato dei sistemi avanzati di accumulo termico: il fotovoltaico produce elettricità, questa elettricità alimenta la pompa di calore e la pompa di calore riscalda o raffredda l’edificio a seconda della stagione; ma se si ha elettricità in eccedenza dal fotovoltaico, invece di accumularla in una batteria, la pompa di calore riscalda o raffredda dell’acqua in un serbatoio contente materiali a cambiamento di fase, che ne aumentano la capacità termica, così si ha acqua calda o fredda da usare quando non c’è sole. In questo modo si utilizza fino in fondo l’energia fotovoltaica. Nel progetto Re-Skin, invece, al fine di abbattere costi ed impatti stiamo utilizzando batterie riciclate dal settore automobilistico, questo nella logica dell’economia circolare”.

Perché sono importanti questi progetti?

“Questi progetti sono importanti perché c’è l’occasione di studiarli, di elaborare delle soluzioni e poi di provarli sul campo. In Heart abbiamo due edifici pilota, uno a Bagnolo in Piano in Italia e uno a Lione in Francia. In Re-Skin, che è ancora aperto, ne abbiamo quattro: uno a Milano, uno in Francia, uno in Spagna e uno in Bulgaria”.

È davvero possibile trasformare un edificio esistente altamente energivoro in una struttura moderna, efficiente e sostenibile lungo tutto il ciclo di vita? 

“Sì. Questo è proprio uno dei risultati dei nostri progetti”.

L’attenzione verso il risparmio energetico è oramai forte. Come cambieranno le nostre case?

“Gli edifici cambieranno sicuramente, non forse tanto nell’estetica, anche se mi auguro si assista anche a un’evoluzione del linguaggio architettonico, ma certamente nell’efficientamento, anche perché abbiamo degli obblighi, morali ma soprattutto normativi come quelli derivanti dalla nuova direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici.

Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. E non è solo il disagio di un’estate al caldo. Se prosegue, il cambiamento climatico vuol dire cataclismi, danni all’agricoltura, alle acque, fenomeni metereologici estremi, aree che cominciano a desertificarsi, scioglimento dei ghiacciai etc. Il cambiamento climatico è un disastro, i primi effetti li vediamo adesso, ma sono niente rispetto a quello che potrà accadere in futuro se non si agisce con efficacia e determinazione. Una catastrofe ambientale, ma anche sociale ed economica a livello planetario che non ci possiamo permettere.

Il cambiamento climatico è legato soprattutto alle emissioni di CO2. Negli ultimi cento anni c’è stata un’impennata di livelli di CO2 nell’atmosfera che non si è mai registrata in milioni di anni.

E il 40/50% delle emissioni, in Europa siamo intorno al 50%, è dovuto al settore edilizio. La maggior parte dell’inquinamento in atmosfera, di produzione della CO2, è dovuta al settore edilizio.

In considerazione di ciò tutte le politiche energetico-ambientali dicono che è necessario intervenire sugli edifici. Come? Facendo meglio quelli nuovi e porre rimedio in quelli esistenti, il che significa innanzitutto abbattere i consumi energetici e le emissioni associate. Di conseguenza, tutte le politiche parlano di riqualificazione energetica, che fa spendere meno all’utente e che è necessaria per questa azione di contrasto al cambiamento climatico. Dopodiché ci si pone giustamente il problema di chi paga questo efficientamento energetico. Il grande dibattito verte proprio su questo punto”.

Un problema che appare difficile da risolvere…

“Un po’ alla volta si stanno mettendo a punto degli strumenti di incentivazione, di supporto, per queste azioni. Il superbonus è stato una di queste azioni, ha dato un forte impulso, ma non è stato organizzato nel migliore dei modi. L’intenzione era buona, ma le modalità con cui è stato gestito hanno aperto tante perplessità e generato criticità. I meccanismi devono essere studiati meglio, considerando che un efficientamento energetico può avere dei tempi di ritorno finanziariamente interessanti. Nella nuova direttiva europea, ad esempio, c’è la previsione di mutui specifici o fondi di investimento nell’efficienza energetica, oltre a diversi strumenti di finanziamento.

Il tema di chi paga dovrà essere affrontato nel dettaglio. Abbattere i consumi energetici è una convenienza collettiva, bisogna prevedere che anche la copertura sia in qualche modo a carico della collettività e non solo del singolo.

Una politica lungimirante a riguardo dovrebbe tenere in considerazione le diverse disponibilità economiche, le diverse possibilità, i diversi strumenti di incentivazione e trovare delle soluzioni applicabili. Soluzioni che, trovando dei meccanismi adeguati, potrebbero ad esempio prevedere una parte di coinvolgimento del soggetto interessato (che sicuramente ha un ritorno), una parte di finanziamenti da soggetti economici (come i fondi d’investimento) e una parte di incentivo pubblico (adeguatamente modulato)”.

Fonte: Idealista.it

Mutui e affitti tra i fringe benefit: le novità della legge di Bilancio 2024

Mutui e affitti potrebbero essere inseriti tra i fringe benefit, ovvero tra le gratifiche aziendali ai dipendenti. È una delle possibilità apportate dalla legge di Bilancio 2024, che vorrebbe includere rate e canoni a fianco degli altri vantaggi per i dipendenti, quali la detassazione (per importi fino a mille euro, duemila se ci sono figli a carico) o bonus per le spese domestiche. Ecco cosa potrebbe cambiare per mutui e affitti tra i fringe benefit.

  1. Bonus mutui e affitti come fringe benefit
  2. Come funziona il fringe benefit mutuo o affitto
  3. Mutui e affitti tra i finge benefit: le critiche

Bonus mutui e affitti come fringe benefit

La legge di Bilancio 2024 potrebbe prevedere un bonus esentasse, erogato dal datore di lavoro come gratifica aziendale, per coprire il canone di affitto o la rata del mutuo, solo nella sua quota di interessi. Nel caso l’azienda decidesse di aderire a questa possibilità data dal Governo (che per le aziende si traduce appunto nel vantaggio della detassazione), il bonus per i dipendenti potrebbe alzarsi, dai canonici 258,23 euro, a:

  • 2mila euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, reddito fino a 2840,51 euro e 24 anni di età;
  • 4 mila euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, reddito fino a 2840,51 euro e oltre 24 anni di età;
  • 1000 euro per tutti gli altri.

Come funziona il fringe benefit mutuo o affitto

Se la misura sui fringe benefit dovesse essere effettivamente approvata, la questione sarà tutta operativa, ovvero: come erogare il bonus mutuo o affitto da parte del datore di lavoro. I criteri di calcolo e le modalità di erogazione sono infatti stabiliti dal Tuir (art.51) tra le norme sulla concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, che stabiliscono l’effettiva quota detassabile e le indicazioni sull’attribuzione del bonus. Il che potrebbe presentare delle difficoltà contabili se si tiene conto che, in presenza di tassi di interesse in continuo cambiamento, gli importi da erogare sarebbero da ricalcolare ogni mese.

Mutui e affitti tra i finge benefit: le critiche

Se quindi il possibile bonus mutui e affitti tra i fringe benefit viene accolto con favore in un momento di difficoltà economica come questo, le perplessità sulla sua applicazione restano molte.

Oltre alla difficoltà di calcolo e alle dubbie modalità di erogazione di cui parlavamo sopra, un’altra critica è costituita dal fatto che l’innalzamento del tetto massimo delle gratifiche aziendali riguarderà solo il 2024, il che non costituisce evidentemente un aiuto stabile su cui le famiglie possano contare. La richiesta è quindi che l’aggiornamento delle soglie divenga permanente, in modo da rendere effettivo il beneficio a lungo termine del bonus, sia per i dipendenti che per le aziende.

Un’altra perplessità riguarda i requisiti per l’accesso al bonus. Si tratterebbe infatti soltanto di un beneficio che riguarda la prima casa, e la lista dei documenti da presentare sarebbe stata giudicata troppo onerosa.

Fonte: Idealista.it

Bonus casa, al via dal 1° dicembre la comunicazione dei crediti di imposta non utilizzabili

L’Agenzia delle Entrate ha fatto sapere che la comunicazione dei crediti d’imposta non utilizzabili deve essere inviata a decorrere dal 1° dicembre 2023 tramite un apposito servizio web disponibile nell’area riservata del sito internet della stessa Agenzia, all’interno della “Piattaforma cessione crediti”, direttamente da parte dell’ultimo cessionario titolare dei crediti stessi.

Con il provvedimento n. 2023/410221, in particolare, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che dal 1° dicembre sarà disponibile il servizio sulla “Piattaforma cessione crediti” dell’Agenzia delle Entrate per la comunicazione delle somme inutilizzabili relativi ai bonus casa e al superbonus. La comunicazione dovrà essere inviata dall’ultimo cessionario, sia che si tratti di opzione per la cessione del credito che di sconto in fattura.

Ma cosa deve contenere la comunicazione? Secondo quanto spiegato dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, la comunicazione dei crediti d’imposta non utilizzabili da inviare tramite la “Piattaforma cessione crediti” deve indicare dati specifici.

Per i cosiddetti crediti d’imposta tracciabili devono essere indicati il protocollo telematico attribuito alla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura da cui sono derivati i crediti non utilizzabili; una o più rate annuali dei suddetti crediti. La comunicazione è accolta se le rate dei crediti risultano ancora nella disponibilità del cessionario che ha effettuato la comunicazione stessa.

Per i crediti non tracciabili devono essere indicati gli estremi identificativi della rata annuale del credito derivante dalla comunicazione di prima cessione del credito o sconto in fattura; la comunicazione è accolta se il cessionario dispone di credito residuo sufficiente per la tipologia di credito indicata e la relativa rata annuale.

Nella comunicazione è indicata anche la data in cui l’ultimo cessionario è venuto a conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito.

Le comunicazioni accolte sono immediatamente efficaci e i crediti a cui si riferiscono non risulteranno più a disposizione del cessionario che ha effettuato le comunicazioni stesse.

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L’introduzione della comunicazione dei crediti di imposta non utilizzabili

La comunicazione dei crediti di imposta non utilizzabili è stata introdotta dall’articolo 25 del decreto legge n. 104/2023, “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici”.

Secondo quanto previsto da tale articolo, “nelle ipotesi in cui i crediti non ancora utilizzati risultino non utilizzabili per cause diverse dal decorso dei termini di utilizzo dei medesimi crediti, l’ultimo cessionario è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dall’avvenuta conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano a partire dal 1° dicembre 2023. Nel caso in cui la conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito sia avvenuta prima del 1° dicembre 2023, la comunicazione è effettuata entro il 2 gennaio 2024”. 

La mancata comunicazione entro i termini previsti comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa tributaria pari a 100 euro

Fonte: Idealista.it

Guida alla scelta e alla manutenzione del parquet in bagno

Optare per il parquet in bagno significa realizzare uno spazio dove la natura del legno si sposa armoniosamente con la funzionalità della stanza dedicata all’igiene e al relax. Sebbene si tratti di una scelta estetica estremamente gradevole, si tratta di una decisione da prendere con consapevolezza, considerando attentamente le caratteristiche del legno, le esigenze specifiche del bagno e adottando le misure necessarie per proteggere il pavimento da potenziali danni causati dall’umidità e dall’acqua.

Dunque, quali sono gli accorgimenti da adottare se si desidera installare il parquet in bagno? Come effettuare la corretta manutenzione del pavimento in questi casi? Cerchiamo di fare chiarezza sull’argomento, segnalando tutti i vantaggi e gli svantaggi di optare per il legno in questa zona dell’appartamento fino ad arrivare alle corrette pratiche di manutenzione per il parquet.

  1. Cosa c’è da sapere su parquet e zona bagno
  2. Pavimento parquet in bagno: pro e contro
  3. Manutenzione del parquet in bagno

Cosa c’è da sapere su parquet e zona bagno

Il legno, con la sua bellezza naturale e la sensazione di calore che trasmette, è un materiale versatile che può essere impiegato anche in ambienti come il bagno. Tuttavia, la scelta e l’installazione del parquet in questa zona della casa richiede particolare attenzione per evitare danni dovuti all’umidità e all’acqua.

Infatti, per garantire il successo della scelta di utilizzare il parquet in bagno, è essenziale adottare alcune precauzioni, tra cui:

  • la corretta posa del parquet;
  • l’aerazione della zona;
  • la scelta di specie legnose resistenti all’umidità;
  • l’uso di finiture protettive;
  • l’impiego di prodotti adatti alla manutenzione e pulizia quotidiana del pavimento.

I rischi da cui proteggersi riguardano in particolare i ristagni d’acqua e l’eccesso di umidità. Nello specifico, mentre l’accumulo prolungato di acqua rappresenta una vera e propria minaccia per il pavimento in legno, specialmente quando deriva da perdite continue, le gocce d’acqua occasionali sono generalmente meno dannose. In ogni caso, quando si posa un pavimento in parquet in bagno è sempre consigliabile evitare l’eccesso di umidità e il contatto con acqua derivante da vasca e doccia, assicurandosi di aerare adeguatamente la stanza e rimuovere prontamente l’acqua che si posa sul pavimento.

A questo punto, è possibile affermare che, per prevenire che il pavimento si rovini, è bene adottare specie legnose particolarmente resistenti agli sbalzi di temperatura, tra cui il Teak, l’Iroko, il Doussiè, ed il Merbau.

parquet in bagno

canva.com

Anche il parquet in laminato e il parquet in rovere in bagno possono essere ottime scelte, tenendo sempre presenti gli accorgimenti appena esposti rispetto ai rischi dell’utilizzo del legno in questa zona della casa. In realtà, l’unico elemento peculiare del rovere riguarda il tannino, una sostanza contenuta in questo materiale che può portare alla creazione di macchie scure in presenza di elevata umidità. Tuttavia, per prevenire questo fastidioso inconveniente, è sufficiente evitare di esporre il pavimento a ristagni d’acqua prolungati.

Infine, per quanto riguarda la tipologia di parquet, sia il massello che il prefinito sono opzioni valide e, in ogni caso, è necessario ricorrere a trattamenti specifici che permettono di impermeabilizzare il parquet in bagno. A tal riguardo, le moderne vernici all’acqua sono la scelta ideale, poiché offrono un aspetto naturale al pavimento e proteggono efficacemente il parquet. Per completare la protezione contro l’umidità, è poi consigliabile utilizzare del silicone per sigillare gli spazi tra le pareti e il battiscopa.

Qual è il parquet più resistente all’acqua?

La resistenza del parquet all’acqua è un elemento cruciale nella scelta del pavimento di questa stanza o per altre zone della casa particolarmente esposte all’umidità. Tra le specie legnose consigliate, il Teak si distingue per la sua elevata resistenza ed è comunemente impiegato anche in ambienti navali.

Pavimento parquet in bagno: pro e contro

Prima di effettuare l’investimento su questo genere di pavimenti, è bene conoscere quali sono i pro e i contro del parquet in bagno, in modo tale da ottenere il risultato sperato per i propri interni. In particolare, i vantaggi del parquet in bagno sono:

  • carattere naturale: nel contesto della zona bagno, luogo dedicato al benessere e cura personale, l’utilizzo del legno per il pavimento trasmette una sensazione di serenità e accoglienza difficilmente replicabile con altri materiali;
  • comfort tattile: a differenza del gres, che può risultare freddo al tatto soprattutto durante l’inverno, il parquet in bagno offre un piacevole comfort quando calpestato;
  • igiene e uniformità: la superficie uniforme del parquet, priva di fessure, rappresenta un vantaggio in termini di igiene;
  • personalizzazione estetica: optare per questa tipologia di pavimentazione significa poter scegliere tra una vasta gamma di opzioni estetiche, consentendo di personalizzare l’aspetto del pavimento e dell’intero ambiente. Ad esempio, arredare un bagno con parquet e marmo consente di realizzare uno spazio estremamente raffinato. Tramite l’adozione di specie legnose disponibili in diverse tonalità e marmi dall’aspetto lussuoso, è possibile realizzare una zona bagno accogliente;
  • continuità dell’arredo: la possibilità di estendere l’uso del parquet in tutti gli ambienti, conferisce all’appartamento un aspetto coerente ed uniforme;
  • pregio: un bagno con parquet acquisisce un valore superiore grazie alle sue qualità estetiche e materiali intrinseche.
parquet in bagno

canva.com

Questa scelta d’arredo porta con sé anche alcuni svantaggi tra cui:

  • sensibilità: il parquet è suscettibile a graffi e ammaccature quando colpito o sovrastato da oggetti appuntiti o pesanti;
  • assorbimento dell’umidità: la natura igroscopica del legno comporta l’assorbimento rapido delle molecole d’acqua presenti nell’ambiente. Pertanto, è essenziale garantire una corretta ventilazione per evitare ristagni d’acqua prolungati sulla superficie.

Tali svantaggi sono tuttavia facilmente superabili, in particolare, per il primo punto è sufficiente porre attenzione agli oggetti riposti in bagno e a calpestare il pavimento a piedi nudi, in modo da evitare che si graffi. Con riguardo all’ultimo punto dell’elenco dei contro, invece, è bene sottolineare che, come già affermato, l’igroscopicità di questo materiale non impedisce di usarlo in ambienti particolarmente esposti all’acqua.

Infatti, è anche possibile posare il parquet in un bagno cieco, avendo però cura di monitorarlo costantemente ed evitare i ristagni d’acqua per periodi di tempo eccessivamente lunghi. In quest’ultimo caso specifico, potrebbe essere utile installare un estrattore d’aria o dotare la stanza di deumidificatore.

Manutenzione del parquet in bagno

Prestando attenzione alla specie legnosa, alla finitura, e alle pratiche di manutenzione, è possibile godere della bellezza e della funzionalità del parquet anche in questi ambienti. La manutenzione regolare del pavimento in legno è un compito piuttosto agevole, richiedendo l’utilizzo di strumenti specifici e l’attenzione a particolari dettagli. Per iniziare, la rimozione della polvere superficiale può essere eseguita agevolmente con un’aspirapolvere dotata di una spatola a setole morbide o mediante l’uso di panni in microfibra elettrostatica.

Dopo questa fase preliminare, il pavimento in legno del bagno necessita di una pulizia più approfondita. Un panno umido, ben strizzato e immerso in una soluzione composta da acqua tiepida e detergente neutro, o preferibilmente un apposito detergente per parquet, può essere impiegato efficacemente. Tuttavia, è essenziale evitare l’uso di solventi, alcool, acidi o ammoniaca, poiché potrebbero arrecare danni irreparabili alla finitura del pavimento.

Più nello specifico, nel caso di pavimenti verniciati, è consigliabile utilizzare un panno in microfibra insieme a un detergente neutro diluito in acqua. Per i pavimenti oliati, è necessario impiegare un prodotto nutriente specifico che, oltre a pulire, ravvivi il pavimento. Nel complesso, è preferibile evitare l’uso di scope con frange, così come detergenti generici reperibili nei supermercati.

Oltre alla pulizia periodica, è cruciale adottare piccole precauzioni per garantire che il pavimento in legno mantenga la sua bellezza originale nel tempo. Come già accennato, ciò include evitare accumuli d’acqua dovuti a perdite da doccia o vasca, asciugando prontamente eventuali liquidi sul pavimento. La stessa attenzione dovrebbe essere riservata ai tappeti utilizzati per facilitare l’uscita dalla doccia, i quali, se bagnati o anche solo umidi, devono essere rimossi il prima possibile. Infine, l’applicazione di feltrini sugli arredi o sugli sgabelli presenti nel bagno è consigliata per prevenire danni al pavimento causati da sfregamenti.

Che succede se si bagna il parquet?

Se il parquet viene bagnato in modo eccessivo o per un periodo prolungato, può subire danni irreversibili come gonfiore, deformazione, o addirittura marcitura. In questi casi, è fondamentale intervenire tempestivamente, asciugando accuratamente il parquet e, se necessario, sostituendo le parti danneggiate.

Come proteggere il parquet dall’acqua?

Proteggere il parquet in bagno dai ristagni d’acqua è essenziale per preservarne la bellezza e la durabilità. Dopo aver effettuato il trattamento impermeabilizzante, alcune precauzioni da adottare includono l’impiego di tappetini o tappeti in gomma che non rimangono umidi dopo l’uso in modo tale da ridurre il contatto con l’acqua, e la pulizia accurata dopo ogni utilizzo del bagno.

Fonte: Idealista.it

Compravendite, prezzi e affitti residenziali: le previsioni di Nomisma fino al 2026

Se le prospettive di crescita dell’Italia e del mondo sono cautamente positive, prudenza occorre nel valutare l’andamento del mercato immobiliare italiano. Il rallentamento nelle compravendite residenziali 2023, legato per lo più agli effetti dell’aumento dei tassi di interesse, rischia infatti di estendersi anche al prossimo anno. Osservati speciali: i canoni di locazione delle case che, a differenza dei prezzi di vendita residenziali, prendono il volo soprattutto in alcune città italiane, con un focus sulla tematica degli affitti brevi. Questa la sintesi del 3° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma, con le previsioni su prezzi e compravendite fino al 2026.

  1. La situazione economica in Italia e nel mondo
  2. Casa, le intenzioni di acquisto degli italiani
  3. Compravendite immobiliari e previsioni fino al 2026
  4. Prezzi residenziali in Italia, le previsioni a quattro anni
  5. Previsioni sul mercato degli affitti in Italia
  6. Affitti brevi e aumento dei canoni, la posizione di Nomisma

La situazione economica in Italia e nel mondo

Nell’analizzare la congiuntura economica, Lucio Poma, capo economista di Nomisma, si dice moderatamente ottimista relativamente alla capacità delle imprese italiane di scommettere sul futuro, pur in una situazione in cui le previsioni di crescita sul nostro Paese del Fondo Monetario Internazionale sono state limate di alcuni decimi di punto, restando però positive, al +0,7% annuo per il 2023 (contro il +1,1% pronosticato lo scorso luglio).

La situazione dell’inflazione, a livello globale ma in particolare per quanto riguarda Usa e Ue, mostra una componente “core” che non riesce a ridursi, nonostante invece la componente volatile prevalentemente determinata dai beni energetici sia in deciso calo. Il che determinerà probabilmente, secondo Poma, non solo un freno ma anche, presto o tardi, un taglio dei tassi di interesse, soprattutto negli Usa, dove l’economia è guidata in special modo dalla domanda di beni di consumo, danneggiata dall’inflazione.

In questo scenario la fiducia di imprese e consumatori in Italia è in calo; nonostante infatti la produzione industriale dia segnali incoraggianti,

resta il divario tra inflazione e salari, in crescita del 5,5 per cento contro un +3,2 per cento, che sconta anche il gap ancora maggiore dei mesi passati.

Anche la situazione occupazionale, mai migliore di così con una disoccupazione al 7,4 per cento, è una situazione a doppio taglio: il grande numero di inattivi, che non cercano lavoro né studiano, diminuisce l’offerta di risorse umane disponibili, in un momento in cui ce ne sarebbe molto bisogno per il rilancio delle imprese.

A ciò si aggiunga il cosiddetto “inverno demografico”: il numero delle famiglie nel 2021 è aumentato, ma si tratta nel 33 per cento dei casi di famiglie monocomponente, contro un 32 per cento di famiglie con figli. Un sorpasso che avviene per la prima volta nella storia e che influirà sulle scelte economiche future.

Casa, le intenzioni di acquisto degli italiani

Quanto sopra ha il suo ruolo nel definire le intenzioni di acquisto di casa da parte degli italiani, che si rivelano in deciso calo nel 2023. Nel quarto trimestre si prevede infatti un aumento sì delle intenzioni di acquisto, ma solo della loro componente velleitaria, che passa dal 2 per cento del terzo trimestre al 5,5 per cento. Tuttavia

resta bassa la quota di italiani che effettivamente compreranno casa, dallo 0,5 per cento allo 0,7 per cento dal terzo al quarto trimestre.

Per quanto riguarda le famiglie che hanno intenzione di accendere un mutuo, nei 12 mesi la componente che lo farà è un 43 per cento del totale, contro un 35 per cento possibilista e un 22 per cento che di certo non lo farà.

Il calo verificatosi nel corso dell’anno testimonia però l’erosione del potere di acquisto delle famiglie italiane che, associata alle difficoltà di accesso al credito, ha finito per penalizzare le prospettive del comparto immobiliare. Se infatti nel corso dell’anno a ridursi non è stato l’interesse della domanda potenziale, che in Italia si mantiene su livelli straordinariamente elevati,  “L’improvvisa carenza di ossigeno al mercato immobiliare italiano è dovuta alla mancata indicizzazione dei redditi e dalle accresciute difficoltà di accesso al credito derivante dall’impennata del costo del denaro”, come si legge nel Rapporto Nomisma.

Compravendite immobiliari e previsioni fino al 2026

Politiche creditizie più prudenti unitamente alla frenata della domanda si ripercuotono sui volumi di mutui erogati, che registrano un arretramento del -29% nell’anno in corso, con una conseguente diminuzione delle compravendite nell’ordine del -13%, di pari passo all’aumento dei tassi di interesse sui mutui, in particolare a tasso variabile.

Considerando le compravendite residenziali, se nel 2022 si era registrato un rallentamento della crescita (+4,7% annuo), la flessione tendenziale semestrale (primo semestre 2023/primo semestre 2022) si è attestata al -12,5% per un totale di 50mila scambi in meno. In particolare si prevede una chiusura d’anno con 684 mila compravendite (contro le 780 mila del 2022), con un calo del 16 per cento nel solo quarto trimestre, mentre per il 2024 si stimano 624 mila compravendite, per il 2025 602 mila e per il 2026 608 mila.

Prezzi residenziali in Italia, le previsioni a quattro anni

prezzi degli immobili residenziali in Italia mostrano un andamento in pigra crescita, con una media sulle 13 città italiane dell’1,4 per cento che spaziano dal +3,3 per cento di Milano al -1,3 per cento di Catania.

In particolare, nel secondo semestre 2023 la variazione semestrale dei prezzi si è attestata tra l’estremo inferiore delle abitazioni in ottimo stato di Cagliari (-1,3%) e quello superiore rappresentato da Milano (+1,3%). In generale, nella media dei principali mercati italiani analizzati da Nomisma, sono le abitazioni in ottimo stato a far segnare una variazione negativa di modesta entità (-0,1% su base semestrale), mentre si arresta la crescita dei prezzi di abitazioni in buono stato (+0,5%).

A livello nazionale,le previsioni sui prezzi sono in crescita dell’1,5 per cento in termini nominali

(-4,3 per cento in termini reali, al netto dell’inflazione) nel 2023; del +0,6 per cento nominale (-1,5 per cento reale) nel 2024; del +0.5 per cento nominale ( -1,5 per cento reale) nel 2025 e infine del +0.6 per cento nominale (-1.4 per cento reale) nel 2026.

Previsioni sul mercato degli affitti in Italia

Le difficoltà riscontrate dalle famiglie a finalizzare l’acquisto di una casa fanno crescere l’interesse per il mercato degli affitti. Nell’ultimo anno – precisa Nomisma – il 7,3% della domanda si è spostata dall’acquisto all’affitto accentuando la pressione su un comparto già saturo.

Alla domanda abitativa si aggiunge infatti quella universitaria, turistica e di altro genere, determinando una carenza di offerta e alimentando la spirale degli aumenti dei canoni di affitto.

Che aumentano del 3,8 per cento annuo, passando dall’8,9 per cento di Bologna al’1,6 per cento di Palermo. Nel secondo semestre dell’anno il parziale spostamento di interesse verso il mercato degli affitti ha portato ad una vera e propria ascesa dei canoni (+2,1%). Analizzando le singole città si segnalano gli incrementi compresi tra il 3-4% di Milano, Firenze e Torino, fino al +5% di Bologna.

“La mancanza di offerta, – precisa Luca Dondi, ad di Nomisma, – non è certo determinata dalla mancanza fisica di case”.

Sono infatti 3,5 milioni le famiglie multiproprietarie di cui nel 2023 solo il 24 per cento affitta la seconda casa, mentre il 51 per cento la tiene a disposizione della famiglia o di amici e parenti, l’11 per cento la lascia inutilizzata e il 33 la usa come casa per le vacanze. Solo a Milano le case occupate sono 700.586, l’86,5 per cento del totale, mentre quelle non occupate sono 109.404, il 13.5 per cento del totale.

Affitti brevi e aumento dei canoni, la posizione di Nomisma

“Se le case sono scarse, – prosegue Dondi, – è perché in presenza di una situazione in cui i rischi di affittare casa sono molti, i proprietari tendono, legittimamente, a distaccarsi dalle forme tradizionali di affitto, orientandosi verso altre forme di affitto, quale l’affitto breve, o in alternativa lasciando sfitto.

Gli affitti brevi hanno il loro fascino, – precisa l’ad di Nomisma, – e influenzano il mercato,

non tanto perché numericamente la quota di case in affitti breve sia rilevante, perché non lo è, ma perché le prospettive rischio/rendimento sono sicuramente più interessanti”. Parliamo infatti di un gap di rendimento tra libero mercato e locazione breve che a Milano passa dal 4,8 per cento all’8,9 per cento, ma che a Venezia passa addirittura dal 4,4 per cento al 14,2 per cento, o a Roma dal 5,7 per cento all’11,7 per cento. “Credo che le discussioni in tema di affitto breve non possano essere efficaci da sole a riorientare gli usi degli edifici residenziali. Le problematiche da affrontare sono piuttosto altre, tenendo conto che l’affitto oggi è sempre più una scelta, ma manca l’impegno da parte di operatori specializzati nella gestione di ogni problematica, dagli investimenti alla gestione. Occorre ragionare sulla disponibilità di case in Italia e decidere se gli interventi di housing sociale per cui Milano è ammirata come modello debbano restare un modello da ammirare o essere applicati concretamente anche ad altre città”, conclude Dondi.

Fonte: Idealista.it