Guida alla scelta e alla manutenzione del parquet in bagno

Optare per il parquet in bagno significa realizzare uno spazio dove la natura del legno si sposa armoniosamente con la funzionalità della stanza dedicata all’igiene e al relax. Sebbene si tratti di una scelta estetica estremamente gradevole, si tratta di una decisione da prendere con consapevolezza, considerando attentamente le caratteristiche del legno, le esigenze specifiche del bagno e adottando le misure necessarie per proteggere il pavimento da potenziali danni causati dall’umidità e dall’acqua.

Dunque, quali sono gli accorgimenti da adottare se si desidera installare il parquet in bagno? Come effettuare la corretta manutenzione del pavimento in questi casi? Cerchiamo di fare chiarezza sull’argomento, segnalando tutti i vantaggi e gli svantaggi di optare per il legno in questa zona dell’appartamento fino ad arrivare alle corrette pratiche di manutenzione per il parquet.

  1. Cosa c’è da sapere su parquet e zona bagno
  2. Pavimento parquet in bagno: pro e contro
  3. Manutenzione del parquet in bagno

Cosa c’è da sapere su parquet e zona bagno

Il legno, con la sua bellezza naturale e la sensazione di calore che trasmette, è un materiale versatile che può essere impiegato anche in ambienti come il bagno. Tuttavia, la scelta e l’installazione del parquet in questa zona della casa richiede particolare attenzione per evitare danni dovuti all’umidità e all’acqua.

Infatti, per garantire il successo della scelta di utilizzare il parquet in bagno, è essenziale adottare alcune precauzioni, tra cui:

  • la corretta posa del parquet;
  • l’aerazione della zona;
  • la scelta di specie legnose resistenti all’umidità;
  • l’uso di finiture protettive;
  • l’impiego di prodotti adatti alla manutenzione e pulizia quotidiana del pavimento.

I rischi da cui proteggersi riguardano in particolare i ristagni d’acqua e l’eccesso di umidità. Nello specifico, mentre l’accumulo prolungato di acqua rappresenta una vera e propria minaccia per il pavimento in legno, specialmente quando deriva da perdite continue, le gocce d’acqua occasionali sono generalmente meno dannose. In ogni caso, quando si posa un pavimento in parquet in bagno è sempre consigliabile evitare l’eccesso di umidità e il contatto con acqua derivante da vasca e doccia, assicurandosi di aerare adeguatamente la stanza e rimuovere prontamente l’acqua che si posa sul pavimento.

A questo punto, è possibile affermare che, per prevenire che il pavimento si rovini, è bene adottare specie legnose particolarmente resistenti agli sbalzi di temperatura, tra cui il Teak, l’Iroko, il Doussiè, ed il Merbau.

parquet in bagno

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Anche il parquet in laminato e il parquet in rovere in bagno possono essere ottime scelte, tenendo sempre presenti gli accorgimenti appena esposti rispetto ai rischi dell’utilizzo del legno in questa zona della casa. In realtà, l’unico elemento peculiare del rovere riguarda il tannino, una sostanza contenuta in questo materiale che può portare alla creazione di macchie scure in presenza di elevata umidità. Tuttavia, per prevenire questo fastidioso inconveniente, è sufficiente evitare di esporre il pavimento a ristagni d’acqua prolungati.

Infine, per quanto riguarda la tipologia di parquet, sia il massello che il prefinito sono opzioni valide e, in ogni caso, è necessario ricorrere a trattamenti specifici che permettono di impermeabilizzare il parquet in bagno. A tal riguardo, le moderne vernici all’acqua sono la scelta ideale, poiché offrono un aspetto naturale al pavimento e proteggono efficacemente il parquet. Per completare la protezione contro l’umidità, è poi consigliabile utilizzare del silicone per sigillare gli spazi tra le pareti e il battiscopa.

Qual è il parquet più resistente all’acqua?

La resistenza del parquet all’acqua è un elemento cruciale nella scelta del pavimento di questa stanza o per altre zone della casa particolarmente esposte all’umidità. Tra le specie legnose consigliate, il Teak si distingue per la sua elevata resistenza ed è comunemente impiegato anche in ambienti navali.

Pavimento parquet in bagno: pro e contro

Prima di effettuare l’investimento su questo genere di pavimenti, è bene conoscere quali sono i pro e i contro del parquet in bagno, in modo tale da ottenere il risultato sperato per i propri interni. In particolare, i vantaggi del parquet in bagno sono:

  • carattere naturale: nel contesto della zona bagno, luogo dedicato al benessere e cura personale, l’utilizzo del legno per il pavimento trasmette una sensazione di serenità e accoglienza difficilmente replicabile con altri materiali;
  • comfort tattile: a differenza del gres, che può risultare freddo al tatto soprattutto durante l’inverno, il parquet in bagno offre un piacevole comfort quando calpestato;
  • igiene e uniformità: la superficie uniforme del parquet, priva di fessure, rappresenta un vantaggio in termini di igiene;
  • personalizzazione estetica: optare per questa tipologia di pavimentazione significa poter scegliere tra una vasta gamma di opzioni estetiche, consentendo di personalizzare l’aspetto del pavimento e dell’intero ambiente. Ad esempio, arredare un bagno con parquet e marmo consente di realizzare uno spazio estremamente raffinato. Tramite l’adozione di specie legnose disponibili in diverse tonalità e marmi dall’aspetto lussuoso, è possibile realizzare una zona bagno accogliente;
  • continuità dell’arredo: la possibilità di estendere l’uso del parquet in tutti gli ambienti, conferisce all’appartamento un aspetto coerente ed uniforme;
  • pregio: un bagno con parquet acquisisce un valore superiore grazie alle sue qualità estetiche e materiali intrinseche.
parquet in bagno

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Questa scelta d’arredo porta con sé anche alcuni svantaggi tra cui:

  • sensibilità: il parquet è suscettibile a graffi e ammaccature quando colpito o sovrastato da oggetti appuntiti o pesanti;
  • assorbimento dell’umidità: la natura igroscopica del legno comporta l’assorbimento rapido delle molecole d’acqua presenti nell’ambiente. Pertanto, è essenziale garantire una corretta ventilazione per evitare ristagni d’acqua prolungati sulla superficie.

Tali svantaggi sono tuttavia facilmente superabili, in particolare, per il primo punto è sufficiente porre attenzione agli oggetti riposti in bagno e a calpestare il pavimento a piedi nudi, in modo da evitare che si graffi. Con riguardo all’ultimo punto dell’elenco dei contro, invece, è bene sottolineare che, come già affermato, l’igroscopicità di questo materiale non impedisce di usarlo in ambienti particolarmente esposti all’acqua.

Infatti, è anche possibile posare il parquet in un bagno cieco, avendo però cura di monitorarlo costantemente ed evitare i ristagni d’acqua per periodi di tempo eccessivamente lunghi. In quest’ultimo caso specifico, potrebbe essere utile installare un estrattore d’aria o dotare la stanza di deumidificatore.

Manutenzione del parquet in bagno

Prestando attenzione alla specie legnosa, alla finitura, e alle pratiche di manutenzione, è possibile godere della bellezza e della funzionalità del parquet anche in questi ambienti. La manutenzione regolare del pavimento in legno è un compito piuttosto agevole, richiedendo l’utilizzo di strumenti specifici e l’attenzione a particolari dettagli. Per iniziare, la rimozione della polvere superficiale può essere eseguita agevolmente con un’aspirapolvere dotata di una spatola a setole morbide o mediante l’uso di panni in microfibra elettrostatica.

Dopo questa fase preliminare, il pavimento in legno del bagno necessita di una pulizia più approfondita. Un panno umido, ben strizzato e immerso in una soluzione composta da acqua tiepida e detergente neutro, o preferibilmente un apposito detergente per parquet, può essere impiegato efficacemente. Tuttavia, è essenziale evitare l’uso di solventi, alcool, acidi o ammoniaca, poiché potrebbero arrecare danni irreparabili alla finitura del pavimento.

Più nello specifico, nel caso di pavimenti verniciati, è consigliabile utilizzare un panno in microfibra insieme a un detergente neutro diluito in acqua. Per i pavimenti oliati, è necessario impiegare un prodotto nutriente specifico che, oltre a pulire, ravvivi il pavimento. Nel complesso, è preferibile evitare l’uso di scope con frange, così come detergenti generici reperibili nei supermercati.

Oltre alla pulizia periodica, è cruciale adottare piccole precauzioni per garantire che il pavimento in legno mantenga la sua bellezza originale nel tempo. Come già accennato, ciò include evitare accumuli d’acqua dovuti a perdite da doccia o vasca, asciugando prontamente eventuali liquidi sul pavimento. La stessa attenzione dovrebbe essere riservata ai tappeti utilizzati per facilitare l’uscita dalla doccia, i quali, se bagnati o anche solo umidi, devono essere rimossi il prima possibile. Infine, l’applicazione di feltrini sugli arredi o sugli sgabelli presenti nel bagno è consigliata per prevenire danni al pavimento causati da sfregamenti.

Che succede se si bagna il parquet?

Se il parquet viene bagnato in modo eccessivo o per un periodo prolungato, può subire danni irreversibili come gonfiore, deformazione, o addirittura marcitura. In questi casi, è fondamentale intervenire tempestivamente, asciugando accuratamente il parquet e, se necessario, sostituendo le parti danneggiate.

Come proteggere il parquet dall’acqua?

Proteggere il parquet in bagno dai ristagni d’acqua è essenziale per preservarne la bellezza e la durabilità. Dopo aver effettuato il trattamento impermeabilizzante, alcune precauzioni da adottare includono l’impiego di tappetini o tappeti in gomma che non rimangono umidi dopo l’uso in modo tale da ridurre il contatto con l’acqua, e la pulizia accurata dopo ogni utilizzo del bagno.

Fonte: Idealista.it

Compravendite, prezzi e affitti residenziali: le previsioni di Nomisma fino al 2026

Se le prospettive di crescita dell’Italia e del mondo sono cautamente positive, prudenza occorre nel valutare l’andamento del mercato immobiliare italiano. Il rallentamento nelle compravendite residenziali 2023, legato per lo più agli effetti dell’aumento dei tassi di interesse, rischia infatti di estendersi anche al prossimo anno. Osservati speciali: i canoni di locazione delle case che, a differenza dei prezzi di vendita residenziali, prendono il volo soprattutto in alcune città italiane, con un focus sulla tematica degli affitti brevi. Questa la sintesi del 3° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma, con le previsioni su prezzi e compravendite fino al 2026.

  1. La situazione economica in Italia e nel mondo
  2. Casa, le intenzioni di acquisto degli italiani
  3. Compravendite immobiliari e previsioni fino al 2026
  4. Prezzi residenziali in Italia, le previsioni a quattro anni
  5. Previsioni sul mercato degli affitti in Italia
  6. Affitti brevi e aumento dei canoni, la posizione di Nomisma

La situazione economica in Italia e nel mondo

Nell’analizzare la congiuntura economica, Lucio Poma, capo economista di Nomisma, si dice moderatamente ottimista relativamente alla capacità delle imprese italiane di scommettere sul futuro, pur in una situazione in cui le previsioni di crescita sul nostro Paese del Fondo Monetario Internazionale sono state limate di alcuni decimi di punto, restando però positive, al +0,7% annuo per il 2023 (contro il +1,1% pronosticato lo scorso luglio).

La situazione dell’inflazione, a livello globale ma in particolare per quanto riguarda Usa e Ue, mostra una componente “core” che non riesce a ridursi, nonostante invece la componente volatile prevalentemente determinata dai beni energetici sia in deciso calo. Il che determinerà probabilmente, secondo Poma, non solo un freno ma anche, presto o tardi, un taglio dei tassi di interesse, soprattutto negli Usa, dove l’economia è guidata in special modo dalla domanda di beni di consumo, danneggiata dall’inflazione.

In questo scenario la fiducia di imprese e consumatori in Italia è in calo; nonostante infatti la produzione industriale dia segnali incoraggianti,

resta il divario tra inflazione e salari, in crescita del 5,5 per cento contro un +3,2 per cento, che sconta anche il gap ancora maggiore dei mesi passati.

Anche la situazione occupazionale, mai migliore di così con una disoccupazione al 7,4 per cento, è una situazione a doppio taglio: il grande numero di inattivi, che non cercano lavoro né studiano, diminuisce l’offerta di risorse umane disponibili, in un momento in cui ce ne sarebbe molto bisogno per il rilancio delle imprese.

A ciò si aggiunga il cosiddetto “inverno demografico”: il numero delle famiglie nel 2021 è aumentato, ma si tratta nel 33 per cento dei casi di famiglie monocomponente, contro un 32 per cento di famiglie con figli. Un sorpasso che avviene per la prima volta nella storia e che influirà sulle scelte economiche future.

Casa, le intenzioni di acquisto degli italiani

Quanto sopra ha il suo ruolo nel definire le intenzioni di acquisto di casa da parte degli italiani, che si rivelano in deciso calo nel 2023. Nel quarto trimestre si prevede infatti un aumento sì delle intenzioni di acquisto, ma solo della loro componente velleitaria, che passa dal 2 per cento del terzo trimestre al 5,5 per cento. Tuttavia

resta bassa la quota di italiani che effettivamente compreranno casa, dallo 0,5 per cento allo 0,7 per cento dal terzo al quarto trimestre.

Per quanto riguarda le famiglie che hanno intenzione di accendere un mutuo, nei 12 mesi la componente che lo farà è un 43 per cento del totale, contro un 35 per cento possibilista e un 22 per cento che di certo non lo farà.

Il calo verificatosi nel corso dell’anno testimonia però l’erosione del potere di acquisto delle famiglie italiane che, associata alle difficoltà di accesso al credito, ha finito per penalizzare le prospettive del comparto immobiliare. Se infatti nel corso dell’anno a ridursi non è stato l’interesse della domanda potenziale, che in Italia si mantiene su livelli straordinariamente elevati,  “L’improvvisa carenza di ossigeno al mercato immobiliare italiano è dovuta alla mancata indicizzazione dei redditi e dalle accresciute difficoltà di accesso al credito derivante dall’impennata del costo del denaro”, come si legge nel Rapporto Nomisma.

Compravendite immobiliari e previsioni fino al 2026

Politiche creditizie più prudenti unitamente alla frenata della domanda si ripercuotono sui volumi di mutui erogati, che registrano un arretramento del -29% nell’anno in corso, con una conseguente diminuzione delle compravendite nell’ordine del -13%, di pari passo all’aumento dei tassi di interesse sui mutui, in particolare a tasso variabile.

Considerando le compravendite residenziali, se nel 2022 si era registrato un rallentamento della crescita (+4,7% annuo), la flessione tendenziale semestrale (primo semestre 2023/primo semestre 2022) si è attestata al -12,5% per un totale di 50mila scambi in meno. In particolare si prevede una chiusura d’anno con 684 mila compravendite (contro le 780 mila del 2022), con un calo del 16 per cento nel solo quarto trimestre, mentre per il 2024 si stimano 624 mila compravendite, per il 2025 602 mila e per il 2026 608 mila.

Prezzi residenziali in Italia, le previsioni a quattro anni

prezzi degli immobili residenziali in Italia mostrano un andamento in pigra crescita, con una media sulle 13 città italiane dell’1,4 per cento che spaziano dal +3,3 per cento di Milano al -1,3 per cento di Catania.

In particolare, nel secondo semestre 2023 la variazione semestrale dei prezzi si è attestata tra l’estremo inferiore delle abitazioni in ottimo stato di Cagliari (-1,3%) e quello superiore rappresentato da Milano (+1,3%). In generale, nella media dei principali mercati italiani analizzati da Nomisma, sono le abitazioni in ottimo stato a far segnare una variazione negativa di modesta entità (-0,1% su base semestrale), mentre si arresta la crescita dei prezzi di abitazioni in buono stato (+0,5%).

A livello nazionale,le previsioni sui prezzi sono in crescita dell’1,5 per cento in termini nominali

(-4,3 per cento in termini reali, al netto dell’inflazione) nel 2023; del +0,6 per cento nominale (-1,5 per cento reale) nel 2024; del +0.5 per cento nominale ( -1,5 per cento reale) nel 2025 e infine del +0.6 per cento nominale (-1.4 per cento reale) nel 2026.

Previsioni sul mercato degli affitti in Italia

Le difficoltà riscontrate dalle famiglie a finalizzare l’acquisto di una casa fanno crescere l’interesse per il mercato degli affitti. Nell’ultimo anno – precisa Nomisma – il 7,3% della domanda si è spostata dall’acquisto all’affitto accentuando la pressione su un comparto già saturo.

Alla domanda abitativa si aggiunge infatti quella universitaria, turistica e di altro genere, determinando una carenza di offerta e alimentando la spirale degli aumenti dei canoni di affitto.

Che aumentano del 3,8 per cento annuo, passando dall’8,9 per cento di Bologna al’1,6 per cento di Palermo. Nel secondo semestre dell’anno il parziale spostamento di interesse verso il mercato degli affitti ha portato ad una vera e propria ascesa dei canoni (+2,1%). Analizzando le singole città si segnalano gli incrementi compresi tra il 3-4% di Milano, Firenze e Torino, fino al +5% di Bologna.

“La mancanza di offerta, – precisa Luca Dondi, ad di Nomisma, – non è certo determinata dalla mancanza fisica di case”.

Sono infatti 3,5 milioni le famiglie multiproprietarie di cui nel 2023 solo il 24 per cento affitta la seconda casa, mentre il 51 per cento la tiene a disposizione della famiglia o di amici e parenti, l’11 per cento la lascia inutilizzata e il 33 la usa come casa per le vacanze. Solo a Milano le case occupate sono 700.586, l’86,5 per cento del totale, mentre quelle non occupate sono 109.404, il 13.5 per cento del totale.

Affitti brevi e aumento dei canoni, la posizione di Nomisma

“Se le case sono scarse, – prosegue Dondi, – è perché in presenza di una situazione in cui i rischi di affittare casa sono molti, i proprietari tendono, legittimamente, a distaccarsi dalle forme tradizionali di affitto, orientandosi verso altre forme di affitto, quale l’affitto breve, o in alternativa lasciando sfitto.

Gli affitti brevi hanno il loro fascino, – precisa l’ad di Nomisma, – e influenzano il mercato,

non tanto perché numericamente la quota di case in affitti breve sia rilevante, perché non lo è, ma perché le prospettive rischio/rendimento sono sicuramente più interessanti”. Parliamo infatti di un gap di rendimento tra libero mercato e locazione breve che a Milano passa dal 4,8 per cento all’8,9 per cento, ma che a Venezia passa addirittura dal 4,4 per cento al 14,2 per cento, o a Roma dal 5,7 per cento all’11,7 per cento. “Credo che le discussioni in tema di affitto breve non possano essere efficaci da sole a riorientare gli usi degli edifici residenziali. Le problematiche da affrontare sono piuttosto altre, tenendo conto che l’affitto oggi è sempre più una scelta, ma manca l’impegno da parte di operatori specializzati nella gestione di ogni problematica, dagli investimenti alla gestione. Occorre ragionare sulla disponibilità di case in Italia e decidere se gli interventi di housing sociale per cui Milano è ammirata come modello debbano restare un modello da ammirare o essere applicati concretamente anche ad altre città”, conclude Dondi.

Fonte: Idealista.it

Dal rent-to buy al co-housing in condominio: le proposte del Notariato per l’emergenza abitativa

I condomini sono la casa di oltre 45 milioni di italiani. Ecco perché la disciplina della vita in condominio è qualcosa che deve riguardare il privato, ma anche il pubblico. Sotto il profilo privato, infatti, è utile diffondere informazioni su come si regolamentano gli aspetti pratici del vivere in condominio, in modo da limitare liti che possono sfociare in cause giudiziarie. Sotto il profilo pubblico, il condominio costituisce una risorsa che risponde a diversi problemi sociali, quali la scarsità abitativa, ma anche l’inverno demografico. E può farlo tramite il rilancio di strumenti come il rent-to-buy e il cohousing. idealista/news ha discusso di tutto questo con diversi esponenti del Consiglio Nazionale del Notariato.

  1. Il rilancio del rent-to-buy secondo il Notariato
  2. Cohousing intergenerazionale: la proposta del Notariato
  3. Vivere in condominio: la guida del Notariato

Il rilancio del rent-to-buy secondo il Notariato

Tra i temi che compongono l’emergenza abitativa in Italia – ben esemplificata dal caso milanese ma diffusa anche in altre delle principali città della penisola – ci sono il caro affitti e la scarsità di offerta abitativa. I numeri di Nomisma mostrano come i due aspetti siano due facce della stessa medaglia, e come la scarsa disponibilità di alloggi sia dovuta non tanto ad una oggettiva scarsità di case, ma ad un non incontro tra domanda abitativa e offerta. I proprietari di casa infatti spesso scelgono di non mettere sul mercato la propria abitazione in attesa di tempi migliori, o per paura di non essere sufficientemente tutelati.

“Lo strumento del rent-to-buy poteva essere una buona risposta, un vero “help-to-buy”,-

spiega il Presidente del Consiglio Notarile di Milano, Carlo Munafò, – ma purtroppo in nove casi su dieci non viene utilizzato, benché sia stato introdotto ormai da oltre dieci anni. Il motivo è che i venditori non si sentono tutelati né incentivati fiscalmente da questa formula, così come è applicata in Italia. Il Notariato sta quindi pensando a come migliorare uno strumento che già esiste”

In che modo il rent-to- buy può aiutare il mercato immobiliare? 

“Il rent-to-buy, – spiega Munafò, – consiste nel permettere ad un potenziale acquirente di entrare in un appartamento pagando una quota che in parte copre l’affitto puro, in parte costituisce un anticipo all’acquisto futuro. In un momento, come questo, di flessione di mercato immobiliare, questo strumento potrebbe dare al venditore la certezza di collocare il proprio immobile sul mercato, e all’acquirente di avere accesso alla casa. La nostra proposta mira ad incentivare questo strumento per rilanciarlo su un orizzonte temporale a lungo termine, il che può essere un aiuto per giungere, ovviamente nei tempi consoni, ad un abbassamento dei tassi di interesse sui mutui”.

Perché il rent-to-buy funziona poco? 

“La formula del rent-to-buy potrebbe risolvere il problema del caro mutui che ostacola l’accesso alla casa, – risponde Enrico Maria Sironi, Presidente Comitato Regionale Notai Lombardia: – consentendo all’acquirente di pagare una quota che è allo stesso tempo canone di affitto e anticipo sull’acquisto, e al venditore di mettere efficacemente la casa sul mercato, incassando in un tempo più dilatato. Questo strumento è normato dal 2014, con una legge che dispone che per dieci anni l’acquirente sia tutelato, qualsiasi cosa succeda al venditore.

Il problema è che tutte le tutele sono state riservate all’acquirente,

ritenuto parte debole. Il venditore rimane esposto al rischio che l’affare non giunga a conclusione. Infatti non esiste un obbligo all’acquisto da parte del possibile acquirente, il che significa che dopo dieci anni il venditore potrebbe trovarsi ancora con la casa invenduta e con in più l’obbligo di restituire parte delle quote pagate dall’inquilino. Il secondo problema, comune ad entrambe le parti, è che dal punto di vista fiscale si ha una doppia imposizione sia sulle somme relative all’acquisto che su quelle legate al puro affitto. Tutto questo fa sì che la maggioranza dei venditori non voglia mettere a disposizione la propria casa con la formula del rent-to-buy”.

Quali soluzioni propongono i notai?

“Noi proponiamo di tutelare anche il venditore, – afferma Sironi, – introducendo nella norma del 2014 anche la possibilità di un obbligo all’acquisto. Un altro incentivo potrebbe essere quello di  introdurre un credito di imposta che consenta, in caso di acquisto, di detrarre tutta o parte la quota di imposte sull’affitto dalla tassazione della vendita. 

Scelta che, in dieci anni, si è rivelata un boomerang per lo stesso acquirente, dato che il rent-to-buy non è praticamente mai decollato per le ragioni di cui sopra, e quindi di fatto è proprio l’acquirente a ritrovarsi uno strumento in meno per uscire dal caro affitti. L’auspicio è che, dopo dieci anni e alla luce dell’attuale situazione di mercato, il legislatore comprenda quanto una piccola modifica potrebbe essere molto utile per contrastare il caro mutui e il caro affitti.

Cohousing fra over 65 e cohousing intergenerazionale: la proposta del Notariato

Un altro aspetto della questione abitativa è quello demografico, con da un lato giovani studenti e professionisti in difficoltà nel reperire un alloggio a prezzo abbordabile, e dall’altro anziani, autosufficienti e non, tagliati fuori dai servizi delle Rsa, che non sempre riescono a sopperire a tutte le loro esigenze.

“La risposta a questo problema può essere il cohousing,- spiega Alessandra Mascellaro, Consigliere Nazionale del Notariato con delega ai rapporti coi consumatori. – La legge 33/2023 prevede la delega al Governo ad emanare entro il 31 gennaio 2024 i decreti attuativi in materia di politiche per gli anziani. In particolare si parla di una serie di interventi per sostenere gli anziani autosufficienti e non in vari aspetti della loro vita, con un richiamo esplicito al

cohousing fra over 65 e al cohousing intergenerazionale, ovvero ad una forma abitativa che preveda la coabitazione nello stesso edificio di anziani e giovani, con servizi condivisi”.

In che modo il cohousing intergenerazionale aiuta l’accesso alla casa?

“Il cohousing intergenerazionale – spiega Mascellaro, – è un aiuto sia per gli anziani soli sia per i giovani, che non sempre hanno la possibilità economica di accedere ad una abitazione abbordabile. Con il cohousing intergenerazionale si può pensare ad una formula abitativa che preveda affitti sostenibili a fronte della prestazione di servizi.

Qual è la proposta del Notariato su questo tema?

“Il Notariato si è chiesto come rendere concreta questa proposta, – risponde Mascellaro, – che si basa sull’assunto che la coabitazione,  tra persone di diverse età, limiti la solitudine, che è la prima forma degenerativa, aumenti la socialità e aumenti la longevità. Secondo il Notariato questa forma abitativa si può realizzare in diversi modi. Da un lato con la formula condominiale, con appartamenti autonomi acquistati singolarmente e servizi condivisi. È la forma più semplice e subito applicabile, che si può già realizzare nei condomini perché l’utilizzo degli spazi condivisi si può disciplinare con i regolamenti interni. Un secondo modo è quello di utilizzare a scopo cohousing i lasciti solidali in capo agli enti del terzo settore, che possono essere messi a disposizione di anziani e giovani, e disciplinati con un contratto di locazione o di comodato. Chiediamo al Governo che i decreti attuativi siano emessi nei termini, e che la loro formulazione sia la più ampia possibile, proprio per includere tutte le forme abitative che possono rispondere concretamente a quelle che per noi sono le esigenze primarie della persona”.

Vivere in condominio: la guida del Notariato

Il Notariato, inoltre, vuole avere un ruolo nell’annosa questione delle liti condominiali, facendosi promotore della guida “Vivere in Condominio: Casi e Risposte Pratiche” (scaricabile qui) , redatta in collaborazione con 14 associazioni dei consumatori, degli inquilini, dei proprietari e degli amministratori di condominio. Un prontuario da consultare per avere risposte rapide e concrete sui diritti dei condomini, sulla gestione delle parti comuni, sul ruolo dell’amministratore, sulla divisione delle spese condominiali, sui regolamenti e su molto altro.

“Il ruolo dei notai in questo è antiprocessuale, – spiega Alessandra Mascellaro. – Occorre infatti favorire la pace condominiale attraverso l’informazione sui diversi aspetti del vivere insieme in condominio. Ci sono diversi aspetti che possono interessare chi vuole vivere in condominio: se sia possibile o meno affittare un appartamento in affitto breve, come si provvede per le spese condominiali arretrate, di chi è la proprietà di un sottotetto o del lastrico solare, e tante altre”.

Fonte: Idealista.it

Mercato abitazioni III trim 2023, domanda debole e difficoltà di ottenere un mutuo come nel 2014

Nel terzo trimestre del 2023 la domanda sul mercato immobiliare si mantiene debole e le difficoltà di ottenere un mutuo per l’acquisto di un’abitazione si collocano su livelli che non si registravano dalla fine del 2014. A dirlo è il sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia, l’indagine della Banca d’Italia presso 1.451 agenti immobiliari condotta dal 25 settembre al 25 maggio 2023 insieme a Tecnoborsa e all’Agenzia delle Entrate. Vediamo cosa dicono i dati emersi dallo studio.

  1. Le quotazioni immobiliari
  2. Le transazioni
  3. La domanda
  4. Lo sconto medio sui prezzi e i tempi di vendita
  5. I mutui
  6. Le prospettive
  7. Gli effetti delle modifiche al superbonus
  8. I canoni di affitto e le locazioni

Il sondaggio ha poi evidenziato che nel III trimestre il saldo tra giudizi di aumento e di diminuzione delle quotazioni immobiliari è divenuto più negativo, pur in presenza di una quota ancora maggioritaria di valutazioni di stabilità. I tempi di vendita e lo sconto medio rispetto alle richieste iniziali sono rimasti stazionari su livelli contenuti. I canoni di locazione sono indicati in aumento per il III trimestre, ma stabili per quello in corso. Le prospettive sugli andamenti del mercato immobiliare continuano a peggiorare con riferimento sia al proprio mercato sia a quello nazionale.

Le quotazioni immobiliari

L’indagine ha evidenziato che nel III trimestre del 2023 la quota di operatori che esprimono giudizi di stabilità delle quotazioni immobiliari è rimasta preponderante (a 61,3 per cento, da 63,0 nella rilevazione precedente), ma si è ulteriormente ampliato il saldo negativo fra i giudizi di aumento e di riduzione dei prezzi. La quota di agenti che ravvisano un calo delle quotazioni immobiliari è salita al 28,6 per cento (da 25,5). A livello territoriale i giudizi sono più negativi nel Centro-Sud.

Le transazioni

La percentuale di agenzie che hanno venduto almeno un’abitazione nel III trimestre è scesa all’80,8 per cento (da 84,2 nel II), il valore più basso degli ultimi 12 trimestri; rimane preponderante la quota di coloro che hanno venduto solo abitazioni preesistenti (82,0 per cento, da 81,7). Tra quelli che hanno effettuato almeno una transazione, quasi un agente su due ha venduto un numero inferiore di abitazioni rispetto al trimestre precedente.

La domanda

Il saldo negativo tra i giudizi di crescita e di diminuzione del numero dei potenziali acquirenti è diventato ancor più negativo (-39,6 punti percentuali, da -37,1 nella precedente indagine). Si attenuano invece i saldi negativi per gli incarichi da evadere (-25,2 punti percentuali, da -26,5) e i nuovi incarichi a vendere (-32,5 punti percentuali da -32,9).

Lo sconto medio sui prezzi e i tempi di vendita

Lo sconto medio sui prezzi di vendita rispetto alle richieste iniziali del venditore è rimasto invariato su valori bassi (8,5 per cento); anche i tempi di vendita sono risultati sostanzialmente stabili, sui valori prossimi ai minimi rilevati dall’inizio dell’indagine (5,9 mesi).

I mutui

La quota di operatori che segnalano difficoltà nell’ottenere un mutuo da parte degli acquirenti è salita al 34,4 per cento, il valore più elevato dalla fine del 2014. Tuttavia, le principali cause di cessazione dell’incarico a vendere restano quelle relative al valore delle offerte ricevute ritenuto troppo basso dal venditore oppure al prezzo richiesto giudicato troppo elevato dai compratori.
La quota di compravendite finanziate con mutuo ipotecario è scesa al 63,4 per cento, dal 64,1, il valore più basso dalla fine del 2014. Il rapporto fra l’ammontare del prestito e il valore dell’immobile è invece rimasto su valori levati, al 77,3 per cento.

Real Estate

GTRES

Le prospettive

Il saldo negativo tra aspettative di miglioramento e di peggioramento nel IV trimestre è rimasto stabile per il proprio mercato (-39,0 punti percentuali) e si è ampliato per quello nazionale (-43,7, da -42,9). Il pessimismo per il mercato nazionale prevale anche su un orizzonte biennale. Le attese di diminuzione dei nuovi incarichi a vendere nel trimestre in corso continuano a prevalere su quelle di aumento, sebbene meno che nella rilevazione precedente (-14,3 punti percentuali, da -29,3). Si è invece ulteriormente ampliato il saldo negativo fra attese di aumento e diminuzione dei prezzi di vendita (-35,9 punti percentuali, da -31,5). Prosegue la discesa delle attese da parte degli agenti sull’inflazione al consumo in Italia nei prossimi 12 mesi.

Gli effetti delle modifiche al superbonus

Secondo gli operatori le modifiche normative al superbonus 110% approvate la scorsa primavera (in particolare i vincoli posti alla cedibilità del credito) avrebbero avuto nel 2023 effetti negativi sia sul numero di potenziali acquirenti sia sull’offerta di abitazioni (con saldi di -27,2 e -14,8 punti percentuali, rispettivamente). Anche per il 2024 gli agenti prefigurano un impatto negativo sull’attività del comparto immobiliare.

I canoni di affitto e le locazioni

La quota di operatori che hanno dichiarato di aver locato almeno un immobile nel III trimestre è appena scesa (79,5 per cento, da 80,1). Un agente su due segnala un aumento dei canoni di affitto; il saldo di quanti ne riportano un aumento rispetto a quanti ne riportano una riduzione si è portato sul valore più alto dall’inizio del 2013 (46,5 punti percentuali, da 43,5), in misura più accentuata nel Mezzogiorno e nel Nord-Est. La maggioranza degli operatori prefigura per il IV trimestre una stabilità dei canoni, ma il saldo tra aumenti e diminuzioni rimane invariato a 32,4 punti. Il margine medio di sconto rispetto alle richieste iniziali del locatore è sceso al 2,2 per cento, un valore contenuto nel confronto storico.

La quota di agenzie che hanno riportato un aumento degli incarichi a locare si conferma inferiore a quella di chi ne ha segnalato una riduzione, sebbene in misura più contenuta rispetto all’indagine precedente (a -36,6 punti percentuali da -39,2). 

Fonte: Idealista.it

Bonus casa under 36: quali agevolazioni fiscali finiranno nel 2024

La manovra di Bilancio 2024 ha rinnovato diversi bonus legati alla casa, tra cui il Fondo Consap che garantisce fino all’80 per cento dei mutui prima casa dei giovani under 36 e di altre categorie specifiche. Occorre però precisare che, per chi acquisterà la prima casa dal 2024, ci sono cattive notizie: le altre agevolazioni fiscali del Bonus Casa under 36 non sono state rinnovate per l’ano prossimo. Ecco allora quali agevolazioni non ci saranno più per l’acquisto della prima casa nel 2024.

  1. Bonus prima casa under 36, cosa cambia nel 2024
  2. Stop alle agevolazioni prima casa se compri da privato
  3. Acquisto prima casa under 36 da costruttore: agevolazioni sospese dal 2024

Bonus prima casa under 36, cosa cambia nel 2024

Chi ha meno di 36 anni può accedere al bonus prima casa, che fino al 31 dicembre 2023 comprende la possibilità di accedere in via privilegiata al Fondo Consap, o Fondo Gasparrini, per i mutui prima casa under 36, oltre ad altre agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa.

Tuttavia, se è vero che la Manovra di Bilancio 2024 all’esame in Parlamento rifinanzia con 282 milioni di euro il fondo di Garanzia- che consente di accedere alla manleva statale sull’80 per cento della quota capitale del mutuo prima casa in caso di ritardo nel pagamento delle rate del mutuo, –  l’altra metà del bonus prima casa under 36non è stata invece prorogata al prossimo anno. Alcune agevolazioni fiscali, quindi, scadranno il 31 dicembre 2023, comportando, per chi acquisterà la prima casa il prossimo anno avendo meno di 36 anni, un aggravio di costi che potrebbe andare dai 2600 ai 10600 euro (secondo il Corriere della Sera), a seconda che si acquisti da privato o da costruttore. In particolare si dovrà dire addio all’esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale, dall’imposta sostitutiva e del credito di imposta Iva.

Stop alle agevolazioni prima casa se compri da privato

Con l’abolizione delle imposte per l’acquisto della prima casa, nel caso di acquisto di una prima casa da un privato, si tornerà a dover pagare le imposte calcolate sulla base della rendita catastale dell’immobile, moltiplicata per 115,5. Con costi che, per una casa con imponibile di 125 mila euro, potrebbero ammontare a 2600 euro. L’imposta di registro è infatti del 2 per cento con base minima di mille euro (in questo caso 2500 euro) mentre le imposte ipotecaria e catastale ammontano a 50 euro l’una.

Acquisto prima casa under 36 da costruttore: agevolazioni sospese dal 2024

Anche acquistando da costruttore la sospensione delle agevolazioni fiscali creerà dal 2024 un aggravio di costi in termini di imposte non indifferente, fino a 10600 euro per una casa da 250 mila euro. L’Iva al 4 per cento non darà infatti più diritto a un credito di imposta equivalente, e vi si aggiungeranno imposte di registro, ipotecaria e catastale di 200 euro l’una. Non si avrà nemmeno più diritto all’esenzione dall’imposta sostitutiva dello 0,25 per cento sul mutuo, il che porterà a un ulteriore aggravio di 500 euro su un mutuo da 200 mila euro.

Fonte: Idealista.it

Il reddito familiare netto per l’affitto supera del 33% quello necessario per l’acquisto di un’abitazione

Il reddito familiare richiesto per affittare una casa in Italia si aggira intorno ai 28.319 euro netti all’anno, come evidenziato da un’indagine pubblicata da idealista, portale leader per lo sviluppo tecnologico. Si tratta di una cifra del 33% superiore a quella necessaria per sostenere la rata del mutuo per l’acquisto della stessa abitazione – una casa con due stanze da letto, la tipologia più richiesta da coloro che stanno cercando una nuova soluzione abitativa -, stimato in 21.363 euro netti. A questa cifra bisogna aggiungere un risparmio minimo di 40.682 euro, richiesti come acconto.

Tra i principali mercati italiani, Genova presenta la maggiore differenza percentuale tra il reddito netto necessario per l’affitto e per l’acquisto, con una disparità del 70%. Seguono Palermo (60%), Torino (43%), Napoli (22%), Roma (21%), Bologna (20%) e Milano (12%). In modo sorprendente, a Rimini (-22%), il reddito familiare essenziale per l’affitto è inferiore rispetto a quello per l’acquisto. Rimini precede altri 15 centri, tra cui Bolzano e Arezzo (entrambe -14%), quindi Cuneo, Imperia e Matera (tutte -12%).

Il saldo più significativo tra le due operazioni emerge nella città di Biella, dove è necessario avere un reddito superiore del 112% per affittare una casa rispetto all’acquisto. A seguire, si collocano Ragusa (98%), Vicenza (94%), Trapani (86%), e Siracusa (83%).

Reddito per l’affitto
In sintonia con i suoi elevati costi di affitto, Milano richiede il reddito netto più alto per accedere a una casa in affitto: 72.782 euro netti. Seguono Firenze (49.403 euro netti), Bologna (49.039 euro netti), Bolzano (48.786 euro netti) e Venezia (47.743 euro netti). Roma (45.649 euro netti) e Napoli (37.336 euro netti) si collocano rispettivamente all’ottavo e tredicesimo posto nella classifica. Nell’opposto spettro, Vercelli richiede solo un reddito di 11.809 euro per affittare un trilocale.

Reddito per acquistare
Il reddito necessario per l’acquisto, escludendo il risparmio per coprire il 20% dell’acconto e le spese (stimato intorno al 10% del valore dell’abitazione), è di 65.051 euro netti a Milano, seguita da Bolzano e Venezia con 56.758 e 48.873 euro netti rispettivamente. Roma (37.649 euro) si posiziona all’ottavo posto nella classifica, mentre Napoli (30.547 euro netti) è diciottesima. Solo 4 capoluoghi richiedono un reddito familiare netto inferiore a 10.000 euro all’anno per l’acquisto di una casa: Biella (7.869 euro netti), Caltanissetta (8.610 euro), Ragusa (9.386 euro) e Alessandria (9.784 euro).

Risparmio necessario
La principale sfida per molte famiglie nell’affrontare l’acquisto di una casa è rappresentata dal risparmio necessario per coprire l’acconto (20% del valore di perizia non finanziato dalla banca e il 10% di spese e tasse). La città con il requisito di risparmio più elevato è Milano, che richiede 123.880 euro per un trilocale, seguita da Bolzano con 108.088 euro. Al di sotto dei 100mila euro di risparmio, troviamo Venezia (93.073 euro), Firenze (78.877 euro) e Monza (78.527 euro). Biella emerge come la città con il requisito di risparmio più basso (14.986 euro), seguita da Caltanissetta (16.396 euro), Alessandria (17.875 euro) ed Enna (18.632 euro). Questi centri italiani consentono l’accesso alla casa di proprietà con un risparmio inferiore ai 20.000 euro.

Fonte: Idealista.it

Mercato immobiliare europeo: le previsioni per il 2024 settore per settore

Il mercato immobiliare europeo attraversa una fase difficile legata all’aumento dei tassi di interesse, che ha messo un freno agli investimenti in real estate (ai minimi da dieci anni) e ai prezzi degli asset, anche se i rendimenti in media reggono. Bnp Paribas RE stila le sue previsioni 2024 per il mercato immobiliare europeo: vediamo quali asset in Europa e in Italia attireranno l’attenzione nel 2024, con un focus sul mercato immobiliare residenziale.

  1. Mercato immobiliare in frenata nel 2023
  2. Lo stallo nei prezzi immobiliari europei nel 2023
  3. Rendimenti immobiliari nel 2023
  4. Il mercato degli affitti in Europa
  5. Le previsioni 2024 per il mercato residenziale
  6. Le previsioni immobiliari 2024 per gli altri settori

Il mercato immobiliare europeo attraversa una fase difficile legata all’aumento dei tassi di interesse, che ha messo un freno agli investimenti in real estate (ai minimi da dieci anni) e ai prezzi degli asset, anche se i rendimenti in media reggono. Bnp Paribas RE stila le sue previsioni 2024 per il mercato immobiliare europeo: vediamo quali asset in Europa e in Italia attireranno l’attenzione nel 2024, con un focus sul mercato immobiliare residenziale.

Mercato immobiliare in frenata nel 2023

Secondo gli analisti di Bnp Paribas RE, è probabile che, data la situazione macroeconomica,

una ripresa del mercato immobiliare potrebbe iniziare solo nel 2024,

quando gli investitori adotteranno nuove strategie che tengano conto di un contesto macro finanziario più stabile.

Gli investimenti europei ora sono ai minimi degli ultimi dieci anni, attestandosi a € 182,6 miliardi nel primo semestre del 2023, in calo del 57% rispetto al primo semestre del 2022. Dei cinque grandi mercati, il Regno Unito è in testa con € 21,3 miliardi (-52% anno su anno), seguito dalla Germania con € 9,8 miliardi (-68%), dalla Francia con € 7,8 miliardi (-42%), dalla Spagna con € 3,8 miliardi (-41%) e dall’Italia con € 2,1 miliardi (-62%). Sebbene il calo degli investimenti sembri più accentuato rispetto alla grande crisi finanziaria nel 2008 (-71%), è anche probabile che sia globalmente più lieve, con una diminuzione del 42% entro la fine del 2023.

Lo stallo nei prezzi immobiliari europei nel 2023

Alla base di questo trend c’è un punto morto sui prezzi immobiliari, piuttosto che una mancanza di liquidità come avvenuto nel 2008. La dinamica di mercato è anche diversa rispetto alle precedenti grandi recessioni su molti aspetti, poiché sia i venditori che gli acquirenti si sono ritirati dal mercato. In primo luogo, molti acquirenti sono restii a impegnarsi a rendimenti esistenti mentre i costi del finanziamento sono in aumento. Sono anche fortemente consapevoli delle scelte ridotte nella maggior parte delle classi di asset rispetto al 2022: il segmento moderno per uffici, lusso e vendita al dettaglio di massa ad alte prestazioni, e logistica nella sua interezza. Condividono questo sentiment con i venditori, i quali hanno scarsa motivazione a vendere buone unità a prezzi più bassi mentre l’occupazione rimane salda (selettiva, però). Meno proprietari immobiliari stanno faticando per ottenere prestiti rispetto al 2008, il che rende più semplice adottare un atteggiamento di attesa.

Rendimenti immobiliari nel 2023

Secondo gli analisti di Bnp Paribas Re, siamo ora alla fase finale della decompressione, principalmente per il segmento prime; il 2024 sembra essere l’anno in cui inizierà la ripresa più ampia. Al momento i rendimenti prime medi nei primi 16 mercati europei sono del 3,9% per il settore retail e del 4,4% per la logistica: questi valori sono rispettivamente 5 punti base e 90 punti base superiori allo stesso periodo dell’anno scorso. Per gli uffici, il rendimento prime medio è del 4,3% (+110 punti base).

Ulteriori espansioni dei rendimenti sono probabili, secondo gli studi, nel corso del 2023, con probabile stabilizzazione nel 2024.

Successivamente, il mercato si riattiverà selettivamente in base al tipo di asset e alla geografia, guidato dai paesi in cui la rivalutazione è stata più acuta. Secondo Bnp Paribas RE a guidare il mercato sarà la logistica (ora ampiamente rivalutata) e il residenziale, entrambi supportati da solide prospettive di crescita degli affitti.

Il mercato degli affitti in Europa

Le prospettive di crescita degli affitti rimangono al centro delle allocazioni degli investimenti nel breve termine. I canoni di locazione si prevedono infatti in crescitalimitatamente ai settori che hanno registrato buone performance negli ultimi 5 anni, come uffici e logistica, mentre il settore retail potrebbe iniziare a riprendersi e la crescita residenziale dovrebbe essere robusta.

Le previsioni 2024 per il mercato residenziale

La stretta delle condizioni finanziarie e l’incertezza su quando terminerà il ciclo dei tassi di interesse hanno portato a una diminuzione degli investimenti residenziali europei del 62% nel primo semestre del 2023 rispetto al primo semestre del 2022 e del 55% al di sotto della media quinquennale.

Nei paesi nordici, in Germania e in Francia le attività di investimento sono diminuite più della media in Europa, mentre sembrano essere più resilienti nei Paesi Bassi e nel Regno Unito. La Spagna è stata l’unico paese a registrare un aumento degli investimenti nel periodo. Aumenti nei tassi ipotecari e nei rendimenti dei titoli di Stato stanno mettendo alla prova il mercato degli investimenti riducendo il premio di rischio e il rendimento corretto per il rischio del settore immobiliare.

I prezzi devono riadattarsi in linea con il contesto economico e monetario effettivo se si vuole che le transazioni riprendano. Il rifinanziamento è il principale rischio che potrebbe costringere alcuni investitori a vendere nel breve termine, a causa dell’aggiustamento dei prezzi e quindi di rapporti Loan-to-Value più elevati. Tuttavia, gli investitori sono ancora molto interessati alla classe di asset residenziale grazie all’incremento significativo della domanda nel settore degli affitti a causa della diminuzione dell’accessibilità con l’impennata dei tassi ipotecari e dei prezzi delle case. Inoltre, c’è una grave carenza di alloggi e obsolescenza nelle grandi città, mentre la formazione di nuovi nuclei familiari continuerà a crescere nel medio termine.

Bnp Paribas RE

Bnp Paribas RE

I prezzi delle case in Europa

I volumi di transazioni immobiliari in Europa nel primo trimestre 2023 hanno registrato una diminuzione del 10,7% su base annua. I prezzi delle case in Europa hanno registrato il secondo calo consecutivo nel primo trimestre del 2023, cioè -0,7% dopo il -1,4% nel quarto trimestre del 2022. Negli ultimi 6 mesi, i prezzi delle case in Europa sono diminuiti del -2,1%. I paesi più colpiti sono la Germania (-7,8%), Lussemburgo (-5,6%), Finlandia (-5,2%), Svezia (-4,4%) e Danimarca (-4,0%). Gli stessi paesi hanno registrato una diminuzione maggiore rispetto al picco degli ultimi due anni.

Calo dei prezzi delle case in Europa…ma non ovunque

A livello cittadino, secondo il nostro rapporto di accessibilità, osserviamo che tutti i mercati (ad eccezione di Roma e Bruxelles) sono significativamente sovrastimati. Di conseguenza, i prezzi delle case stanno diminuendo in 20 città su 28 dopo aver toccato il picco degli ultimi due anni. I prezzi delle case sono diminuiti di oltre il 10% a Francoforte (-16,2%), Copenaghen (-12,7%), Amsterdam (-12,7%), Bruxelles (-10,4%) e Monaco di Baviera (-10,1%). Le città del sud Europa, così come Vienna e Varsavia, sono le più resilienti, poiché i prezzi delle case non si sono ancora adeguati e stanno ancora aumentando. Tuttavia, la tendenza potrebbe invertirsi entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda i fattori sottostanti citati, si prevede che la crescita dei prezzi delle case di seconda mano sarà negativa nei prossimi 5 anni, per iniziare a recuperare gradualmente a partire dal 2025. Complessivamente, si registrerà un calo dei prezzi delle case, con riferimento alla fine del 2022, del 9,5% nei Paesi Bassi, del 6,8% in Germania e Francia, del -5,9% nel Regno Unito, del -4,4% in Spagna e del -2,9% in Italia.

Bnp Paribas RE

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Mercato degli affitti residenziali in Europa

Il cambiamento nelle condizioni finanziarie che ha colpito le famiglie ha alimentato la domanda di case in affitto nelle grandi città.

La crescita degli affitti ha raggiunto il +8,2% in Europa anno su anno nel primo trimestre del 2022:

la crescita media annuale più elevata registrata dal 2010. Lo squilibrio tra domanda e offerta nel settore degli affitti è significativo a causa delle incertezze legate alle normative sulla casa che hanno contribuito a ridurre drasticamente l’offerta di affitti, ad esempio a Berlino, Barcellona e Valencia. Inoltre, la limitazione degli aumenti degli affitti a circa il 2%-3% per evitare l’indicizzazione all’inflazione ha spinto i proprietari a trasferire la perdita di ricavi sui nuovi contratti. La domanda da parte degli inquilini si è spostata anche verso alloggi più efficienti per evitare l’aumento vertiginoso delle bollette energetiche. La prossima sfida potrebbe essere il divieto di affittare qualsiasi abitazione con basse prestazioni energetiche, come già avviene in Francia e nel Regno Unito. Questa regolamentazione aumenterebbe significativamente la pressione sulla disponibilità di alloggi in affitto.

L’indicatore del rapporto tra acquisto e affitto mostra che nella maggior parte dei mercati, l’affitto è la migliore opzione per le famiglie che desiderano più spazio. A Stoccolma, Londra, Monaco, Amburgo, Parigi, Francoforte, Lione, Copenaghen, Praga e Oslo, l’affitto offre il doppio dello spazio che una famiglia potrebbe permettersi di acquistare. Dalla pandemia, è diventato più conveniente affittare che considerare l’acquisto in diversi mercati del Sud Europa. Questo è il caso, ad esempio, di Barcellona, Madrid, Milano, Lisbona, Roma e Siviglia.

Quanto saliranno gli affitti residenziali in Europa

valori degli affitti si prevedono in continua ascesa, trainati dall’inflazione, dal recupero del reddito disponibile delle famiglie e dalla mancanza di offerta rispetto alla domanda di affitti. I mercati degli affitti del Sud Europa dovrebbero continuare a espandersi e vedere aumenti significativi dei canoni trainati dal miglioramento dei mercati del lavoro, dalle forti aspettative di crescita dei redditi e dall’alto potenziale di profondità del mercato degli affitti.

Gli affitti residenziali continueranno a salire nei prossimi cinque anni trainati dalla crescente domanda di locazioni,

date le condizioni economiche e la ridotta capacità delle famiglie di acquistare casa. Allo stesso modo, le attuali normative sull’efficienza energetica proposte dalla Commissione Europea potrebbero avere un impatto significativo. Potrebbero ridurre la quantità di unità disponibili in affitto e migliorare l’offerta di affitti, spingendo i canoni al rialzo. Gli affitti potrebbero quindi aumentare dell’18% nei Paesi Bassi, del 15,5% nel Regno Unito, del 13,5% in Spagna, del 10,5% in Italia, del 9% in Francia e del 7% in Germania.

Le previsioni immobiliari 2024 per gli altri settori

Uffici

L’incertezza nel mercato immobiliare è più acuta in questo segmento, che sta attraversando cambiamenti profondi su più fronti: adeguamento dei prezzi dopo l’aumento più brusco dei costi del debito in decenni; modelli lavorativi che continuano a suggerire una domanda ridotta di spazio; e un quadro normativo che continuerà ad aumentare l’obsolescenza. Queste problematiche hanno portato il settore in un periodo meglio descritto come “animazione sospesa” – vivo ma con attività ridotte. L’impasse sui prezzi si risolverà entro la prima metà del 2024, quando la politica monetaria raggiungerà il suo tasso finale nel ciclo attuale. In termini di occupazione, la domanda rimane concentrata sulle migliori unità, proseguendo la dinamica instaurata dopo la pandemia, riflettendo il desiderio degli occupanti di ridurre lo spazio e occupare edifici conformi alle normative energetiche.

Logistica

Il 2022 ha visto la più grande correzione nel mercato della logistica, a causa dell’impennata dei costi di finanziamento. Allo stesso modo, il recupero della logistica in questo anno è stato molto più veloce, in alcuni paesi, rispetto agli altri settori immobiliari. Si continua a prevedere un recupero costante e ampio per il resto dell’anno. L’aumento risultante dei valori degli affitti, in alcuni casi piuttosto sostanziale, sta influenzando in modo diseguale gli inquilini. Gli investitori dovranno tenere presente ciò negli eventi di locazione.

Retail

Il settore ha attraversato una delle sue declinazioni più prolungate nella storia, guidata da profondi cambiamenti strutturali nelle nostre abitudini di shopping. La quota del retail nelle attività di investimento europee è diminuita significativamente nel corso degli anni e di conseguenza i prezzi si sono adeguati in modo significativo. L’effetto è stato disomogeneo in questo ampio settore. Il ciclo discendente dovrebbe aver toccato il fondo, come dimostra l’effetto limitato del ciclo attuale dei tassi di interesse sui prezzi. Inoltre, si osserva nuovamente crescita degli affitti in alcune aree. Questo porta a chiedersi se il settore meriti ora un’opportunità di investimento.

Fonte: Idealista.it

Bonus mobili 2024, come cambia la detrazione

Anno nuovo, regole nuove. Almeno per quanto riguarda alcune detrazioni fiscalilegate alla casa, per le quali interverranno delle modifiche. Tra queste, una delle più importanti riguarda il bonus mobili 2024. Si tratta di una specifica detrazione Irpef(al 50%) per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. Nello specifico, dal 1° gennaio 2024 il tetto di spesa per calcolare la detrazione passa dagli 8.000 euro del bonus mobili 2023 a 5.000 euro. Scopriamo tutto quello che c’è da sapere per poterne beneficiare.

  1. Bonus mobili ed elettrodomestici 2024, le novità
  2. Come ottenere il bonus mobili 2024
  3. Bonus mobili 2024: i requisiti
  4. Bonus mobili 2023 e 2024 sono cumulabili?

Bonus mobili ed elettrodomestici 2024, le novità

Come già accennato, il bonus mobili 2024 (o bonus elettrodomestici 2024) cambia parametri rispetto gli anni precedenti. Dal 1° gennaio 2024 saranno agevolabili le spese entro il limite massimo di 5.000 euro per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici per l’arredo di un immobile oggetto di interventi di ristrutturazione e recupero del patrimonio edilizio.

Lo scorso anno, invece, l’importo massimo detraibile era di 8.000 euro. Mentre per il 2021 il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione era pari a 16.000 euro. Discorso ancora diverso rispetto alle spese sostenute nel il 2022, con un limite di spesa fissato a 10.000 euro.

Come ottenere il bonus mobili 2024

Il bonus mobili 2024 è destinato a chi compra entro il 31 dicembre 2024 mobili ed elettrodomestici nuovi (di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori) contestualmente a interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

La detrazione Irpef del 50%, entro un limite di spesa di 5.000, deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo e si ottiene dimostrando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi. Il pagamento dei mobili e dei nuovi elettrodomestici va effettuato con bonifico o carta di debito o credito (è necessario utilizzare mezzi di pagamento tracciabili). Non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri strumenti.

La detrazione per il bonus mobili 2024 è ammessa anche se i mobili e gli elettrodomestici vengono comprati con un finanziamento a rate, a patto che la società che concede il prestito paghi il corrispondente con le stesse modalità che abbiamo indicato in precedenza e che il contribuente conservi una copia della ricevuta del pagamento.

Bonus mobili 2024: i requisiti

Il bonus mobili spetta a chi acquista, entro il 31 dicembre 2024, mobili ed elettrodomestici nuovi. Non sono però agevolabili le spese per porte, pavimentazioni come il parquet, tende e complementi d’arredo. I beneficiari devono aver realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni. L’Agenzia delle Entrate ha comunicato che sono coperti dalla detrazione Irpef al 50% le spese entro il limite di 5.000 euro per:

  • armadi, letti, cassettiere, librerie;
  • cucine, credenze;
  • tavoli, scrivanie;
  • sedie, divani, poltrone;
  • materassi;
  • apparecchi di illuminazione;
  • frigoriferi e congelatori con classe energetica non inferiore alla F;
  • lavatrici, lavastoviglie, asciugatrici con classe energetica non inferiore alla E;
  • apparecchi di cottura;
  • forni elettrici con classe non inferiore alla A;
  • stufe elettriche e ventilatori elettrici;
  • forni a microonde, piani a induzione, piastre riscaldanti elettriche;
  • radiatori elettrici;
  • apparecchi per il condizionamento.

Sia i mobili sia gli elettrodomestici possono essere comprati anche all’estero e da un’azienda estera. Nella somma detraibile sono incluse le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati.

Bonus mobili 2023 e 2024 sono cumulabili?

La risposta a questo quesito è abbastanza articolata. Innanzitutto, va però specificato che i tetti di spesa stabiliti per i singoli anni non sono cumulabili in caso di acquisti distribuiti su più anni. Dal tetto di spesa relativo all’anno in cui si effettua l’acquisto è sempre necessario sottrarre le spese già sostenute nell’anno precedente. Facendo l’esempio pratico, il tetto di spesa di 5.000 euro previsto per il 2024 non si può sommare al limite di 8.000 euro in vigore nel 2024.

In sostanza, non si può beneficiare della totalità del tetto di spesa del bonus mobili ed elettrodomestici di anni diversi. Chi ha effettuato alcuni acquisti nel 2023 (tetto di spesa di 8.000 euro) e ne effettua altri nel 2024 (tetto di spesa di 5.000euro) deve rientrare in specifici parametri e, quindi: se nel 2023 si spendono più di 5.000 euro, anche se non si sono raggiunti gli 8.000 previsti dalla legge, nel 2024 non sarà più possibile fare acquisti detraibili.

Fonte: Idealista.it

Ripresa dell’offerta immobiliare in vendita in Italia: su del 3% nel III trimestre

Secondo l’analisi condotta da idealista, il principale portale immobiliare per l’innovazione tecnologica in Italia, nel trimestre più recente c’è stato un incremento del 3% nel numero di case in vendita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale aumento rappresenta una significativa accelerazione dell’offerta, considerando che nel terzo trimestre del 2022 si era verificata una diminuzione dell’11% delle proprietà disponibili rispetto all’anno prima.

Capoluoghi 
Settantatré (73) capoluoghi italiani registrano un aumento dell’offerta immobiliare.
Tra le città che trainano questa crescita spiccano Benevento (35%), Sondrio (34%) e Campobasso (31%). Altri incrementi variano dal 29% a Vercelli all’1% a Messina, Piacenza, Reggio Emilia e Trapani.

Nei principali mercati urbani, si notano significativi aumenti a Bologna (15%), Milano (+14%) e Palermo (11%), mentre crescono sopra la media del periodo anche Roma (6%) e Torino (5%). Rialzi più contenuti nelle altre città; non si rilevano variazioni a Potenza, Genova, Reggio Calabria e Vicenza.

D’altra parte, si osservano riduzioni nell’offerta immobiliare in 30 capoluoghi, con cali più pronunciati a Napoli (-31%), Crotone (-25%), La Spezia (-22%) e Lodi (-20%). Le restanti 26 città vedono diminuzioni, tra cui Firenze (-11%) e Venezia (-10%).

Province
Analizzando le province italiane, emerge una netta prevalenza di incrementi dell’offerta in 76 delle 106 aree monitorate nel confronto con il terzo trimestre del 2022. La maggiore crescita si registra a Benevento (23%), seguita da Bolzano, Trieste e Campobasso (tutte con un 22%). Importanti aumenti si riscontrano anche a Bologna e Palermo (16%) e Milano (9%). Crescite più contenute a Roma (6%), Torino (3%) e Napoli (1%).

Nessuna variazione si rileva nelle province di Belluno, Novara, Treviso, Biella e Reggio Emilia. Al contrario, le maggiori riduzioni nell’offerta immobiliare coinvolgono Lecco (-15%), Lodi, Crotone e Padova (tutte segnano un -13%). Gli altri ribassi, inferiori al 10%, interessano 21 aree, tra cui il -7% di Trento e Verbano-Cusio-Ossola e il -1% di Aosta, Vibo Valentia e Livorno. Da segnalare anche i cali nelle province di Firenze e Venezia (-6%).

Fonte: Idealista.it

Dati di utilizzo del superbonus, i numeri Enea di ottobre 2023

L’Enea ha pubblicato i nuovi dati di utilizzo del superbonus, quelli relativi a ottobre 2023. In base a quanto evidenziato, il mese scorso l’incentivo ha registrato a livello nazionale un totale degli investimenti pari a 93,8 miliardi di euro, per un totale degli investimenti ammessi a detrazione pari a 92,4 miliardi di euro e un totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione pari a 76,6 miliardi di euro. Gli investimenti ammessi a detrazione sono conclusi per l’82,9%. Il costo per lo Stato risulta pari a 83,8 miliardi di euro.

dati Enea sul superbonus 110 per cento tengono conto del numero di asseverazioni caricate sul sito dedicato; del valore assoluto degli investimenti ammessi alla detrazione; dei valori assoluti e percentuali dei lavori già completati. Sono inoltre specificati i dati per i lavori relativi a condomini (in attesa della proroga), edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti.

Dati Enea superbonus ottobre 2023

Enea

ottobre 2023 gli interventi in condominio il valore medio dell’investimento risulta pari a 642.852,56 euro, per efficientare gli edifici unifamiliari il valore medio dell’investimento è invece pari a 117.501,33 euro, per i lavori sulle unità immobiliari funzionalmente indipendenti il valore medio dell’investimento è pari a 98.532,70 euro, per i castelli infine il valore medio dell’investimento è pari a 254.502,46 euro. Dai dati emerge ancora una volta che la crescita degli investimenti legati al superbonus è determinata dai condomini.

A settembre 2023 per gli interventi in condominio il valore medio dell’investimento risultava pari a 643.059,50 euro, per efficientare gli edifici unifamiliari il valore medio dell’investimento era invece pari a 117.461,91 euro, per i lavori sulle unità immobiliari funzionalmente indipendenti il valore medio dell’investimento era pari a 98.504,22 euro, per i castelli infine il valore medio dell’investimento era pari a 254.502,46 euro. Dai dati emerge che per i condomini è stata registra ancora una volta una crescita.

Nel dettaglio, i dati Enea sul superbonus 110 per cento relativi a ottobre 2023 indicano che a livello nazionale il totale degli investimenti ammessi a detrazione è stato di 92,4 miliardi di euro per un costo di oltre 83,8 miliardi di detrazioni fiscali. Gli investimenti per interventi di efficientamento energetico agevolati con il superbonus hanno interessato 438.137 edifici.

A fine settembre il totale degli investimenti ammontava a 88 miliardi di euro, a fine agosto a 85 miliardi di euro, a fine luglio a 82,9 miliardi di euro, a fine giugno a 79,9 miliardi di euro, a fine maggio a 77 miliardi di euro, a fine aprile a 74,6 miliardi di euro, a fine marzo a 72 miliardi di euro, a fine febbraio a 68,5 miliardi di euro, a fine gennaio il totale degli investimenti ammontava a 65 miliardi di euro.

Il totale degli investimenti che hanno interessato i condomini è stato di 54,4 miliardi di euro, quelli che hanno interessato gli edifici unifamiliari sono stati di 27,9 miliardi di euro e quelli che hanno interessato le unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono stati di 11,3 miliardi di euro.

Fonte: Idealista.it