Se la banca non concede il mutuo, devo pagare l’agenzia?

Se la banca non concede il mutuo, la provvigione dell’agenzia è dovuta in assenza di clausole sospensive nel compromesso.

Se la banca non concede il mutuo, devo pagare l’agenzia? Non si può dire che questa non sia una preoccupazione comune, fra coloro che si apprestano a richiedere un finanziamento per l’acquisto di un immobile. La questione non è di semplice risoluzione, poiché molto dipende dagli accordi presi in fase di negoziazione della compravendita, come ad esempio la previsione di una clausola sospensiva vincolata al mutuo. Naturalmente, per ridurre la probabilità di trovarsi di fronte a una mancata erogazione del finanziamento, è utile utilizzare strumenti online per trovare il mutuo migliore per le proprie esigenze.

  1. Cosa succede se la banca non concede il mutuo
  2. Cosa si deve pagare in caso di rifiuto del mutuo

Cosa succede se la banca non concede il mutuo

Può di certo capitare che, dopo aver avanzato richiesta per un finanziamento immobiliare, la banca non conceda il mutuo. L’istituto di credito valuta infatti il rischio dell’operazione, ovvero la probabilità che il richiedente non provveda a saldare il debito contratto, e può liberamente decidere di non procedere all’erogazione. 

Le ragioni possono essere le più svariate: una situazione economica non sufficientemente solida, un Loan To Value troppo elevato, un immobile non conforme rispetto alla normativa vigente. Per una lista più esaustiva di tutte le possibili motivazioni, è utile approfittare di una guida passo per passo al mutuo. Inoltre, è necessario sapere che l’eventuale bocciatura può avvenire in fasi diverse del processo di valutazione della domanda. Ad esempio:

  • per il mutuo rifiutato dopo l’istruttoria o la perizia sull’immobile, solitamente le ragioni sono legate alla scarsa solidità economica e reddituale del richiedente, alle condizioni non consone dell’immobile oppure a un Loan To Value sproporzionato;
  • per il mutuo rifiutato dopo la delibera, le motivazioni sono connesse a una mutata condizione reddituale e finanziaria del richiedente, emersa successivamente alle precedenti valutazioni del rischio;
  • per il mutuo non concesso dopo il rogito, invece, si verifica una condizione in cui la richiesta di finanziamento non è simultanea alla compravendita. Di conseguenza, il richiedente conclude la trattativa prima di aver certezza dell’erogazione del mutuo, scontrandosi poi con il diniego dell’istituto di credito.
Mutuo, provvigione dell'agente immobiliare

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Ma cosa accade quando il mutuo viene negato? Cosa succede in relazione all’agenzia immobiliare e, fatto non meno importante, per gli eventuali anticipi o caparre versati al venditore?

Conseguenze del rifiuto: l’utilità della proposta d’acquisto vincolata al mutuo

Quando la banca rifiuta l’erogazione del mutuo, il richiedente può trovarsi a fronteggiare diverse conseguenze. Tra le principali, si elencano:

  • l’impossibilità di concludere la compravendita, con il rischio di perdere l’immobile;
  • la possibile perdita di anticipi o caparre versate al venditore;
  • la possibile necessità di corrispondere comunque la provvigione all’agenzia;
  • la segnalazione al CRIF, ovvero il sistema che tiene traccia delle informazioni creditizie, da parte della banca per il mancato accoglimento della proposta. Questo passaggio non implica necessariamente l’essere considerati dei cattivi pagatori, tuttavia potrebbe aumentare i tempi d’attesa per una nuova richiesta di mutuo;
  • il rischio di poter subire azioni legali dal venditore, affinché si provveda all’adempimento del contratto di compravendita o, ancora, per eventuali risarcimenti.

Ma è possibile evitare, in tutto o in parte, simili conseguenze negative? In linea generale, è sempre consigliabile sottoscrivere con il venditore una proposta d’acquisto vincolata al mutuo: tramite questa clausola, inserita nel compromesso di compravendita, si specifica che l’affare verrà effettivamente concluso solo se l’istituto di credito approverà il finanziamento.

Come è facile intuire, la proposta vincolata al mutuo ha dei pro e dei contro: da un lato, protegge l’acquirente dagli obblighi della compravendita e permette di recuperare la caparra. Dall’altro, può determinare un minore interesse da parte del venditore, che potrebbe rilevare nella clausola sospensiva un elemento di incertezza per la conclusione dell’affare.

Tuttavia, accettare un minor appeal della compravendita è di gran lunga auspicabile rispetto ai rischi di una proposta non vincolata al mutuo, che può mettere il compratore in una situazione davvero difficile, sia nei confronti del venditore che dell’agenzia.

Cosa si deve pagare in caso di rifiuto del mutuo

Definiti i motivi principali del rifiuto di un finanziamento, e le possibili conseguenze, sorge spontanea una domanda: cosa si dovrà effettivamente pagare, in caso di rifiuto del mutuo? Molto dipende dall’eventuale presenza della già vista clausola sospensiva, ovvero di una proposta vincolata all’effettiva erogazione del finanziamento.

Quando non pagare la provvigione all’agenzia immobiliare?

Il primo e lecito dubbio che sorge, dopo la bocciatura di una richiesta di mutuo, è come procedere nei confronti dell’agenzia immobiliare. In altre parole, se la banca non concede il mutuo, bisogna pagare l’agenzia?

In base all’articolo 1755 del Codice Civile, il mediatore – quindi l’agenzia oppure il singolo agente immobiliare – ha diritto alla provvigione quando l’affare è concluso per effetto del suo intervento. Di conseguenza, se l’acquirente e il venditore si incontrano grazie all’attività del professionista, e giungono a un accordo, il compenso dovrà essere conferito. È infatti necessario sapere che:

  • il compenso dell’agenzia non è dovuto alla compravendita, deriva dall’aver messo in contatto le parti;
  • affinché si possa esigere la provvigione, è necessario che vi sia un atto giuridicamente vincolante tra acquirente e venditore, ad esempio il preliminare o il compromesso di compravendita.
Erogazione del mutuo e provvigione dell'agenzia immobiliare

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Di conseguenza, se la banca rifiuta il mutuo a seguito del preliminare o del compromesso stretto tra acquirente e venditore, il compenso dell’agenzia dovrà essere comunque pagato. Ma è possibile non versare nulla all’agenzia, se non si riesce a ottenere il finanziamento? Dipende se sia stata sottoscritta la già evidenziata proposta d’acquisto vincolata al mutuo. Se inserita nel preliminare o nel compromesso di compravendita:

  • l’affare non si considera più concluso al momento dell’accettazione della proposta;
  • l’effettiva chiusura dell’affare è vincolata all’erogazione del finanziamento, data l’accettazione della clausola da entrambe le parti.

Sulla questione è intervenuta varie volte la giurisprudenza. Ad esempio la Corte di Cassazione, con la sentenza 20192/2019, ha stabilito che in presenza di una clausola sospensiva vincolata all’ottenimento del mutuo, il diritto alla provvigione si realizza solo all’avveramento di questa condizione, ovvero all’effettiva erogazione del finanziamento. Sempre la Cassazione, con l’ordinanza 18953/2024, ha ribadito che in presenza di clausola sospensiva, non basta la semplice pre-delibera per ottenere la provvigione, ma serve che l’importo sia effettivamente erogato dall’istituto di credito.

Cosa succede se il mutuo non viene concesso, si perde la caparra?

Discorso decisamente simile, quello relativo a versamenti in anticipo rispetto alla finalizzazione della compravendita. Ad esempio, se la banca non concede il mutuo, perdo la caparra?

Anche in questo caso, dipende se la proposta d’acquisto ha visto l’introduzione di una clausola sospensiva, vincolata all’ottenimento del finanziamento. Infatti:

  • in assenza della clausola, l’acquirente è tenuto a rispettare i propri impegni contrattuali. Di conseguenza, il venditore potrebbe rifiutare la restituzione della caparra, a titolo di risarcimento per l’inadempienza agli accordi di compravendita;
  • in presenza della clausola, la mancata erogazione del mutuo comporta la risoluzione automatica del contratto di compravendita. L’acquirente, per questa ragione, ha diritto alla restituzione della caparra.

Naturalmente, le parti hanno anche facoltà di accordarsi differentemente, purché ve ne sia testimonianza scritta. Ad esempio, acquirente e venditore potrebbero decidere di attendere una successiva valutazione del finanziamento. Ma in caso di un mutuo rifiutato, dopo quanto tempo si può riprovare? Non esistono tempistiche fisse, in linea generale è utile attendere tra i 30 e i 60 giorni, per permettere a tutti i sistemi informatici creditizi di aggiornarsi, così da ridurre la possibilità di ottenere nuovi rifiuti in base alle informazioni del CRIF. In ogni caso, è sempre consigliato vagliare il parere del proprio consulente bancario o finanziario di fiducia.

Fonte: Idealista.it

Bonus con ISEE inferiore a 35.000 euro: ecco quelli per il 2025

Hai un ISEE più basso di 35.000 euro? Ecco l’elenco dei bonus e delle agevolazioni per famiglie, studenti e lavoratori

Anche la legge di bilancio 2025 ha previsto una serie di bonus e agevolazioni pensati per sostenere famiglie, studenti, lavoratori e pensionati. Tante sono le opportunità offerte per alleggerire le spese quotidiane e per avere un aiuto concreto per l’acquisto di beni essenziali, ma anche per la formazione, il lavoro e il benessere personale. 

Per tutti vale la discriminante chiave della situazione economica del nucleo familiare: un ruolo cruciale è giocato dall’ISEE, che in base al suo valore diventa la chiave di accesso per i vari bonus. Ecco quali sono i bonus attivi per il 2025 con un ISEE inferiore a 35.000 euro

  1. Quali bonus con ISEE sotto i 35.000 euro?
  2. Quanto deve essere l’ISEE per avere agevolazioni 2025?

Quali bonus con ISEE sotto i 35.000 euro?

Tanto più basso è l’ISEE, maggiore è il numero di agevolazioni da poter richiedere, visto che l’obiettivo dei bonus è di offrire un supporto principalmente a quanti versano in condizioni economiche meno agiate. 

L’accesso a ogni aiuto è regolato da determinati limiti ISEE: ecco una carrellata di bonus che può richiedere chi ha un ISEE inferiore a 35.000 euro. 

Assegno unico

L’assegno unico universale per i figli a carico è pensato per le famiglie con figli a carico fino all’età di 21 anni e può essere richiesto anche senza la presentazione dell’ISEE, ma in tal caso si riceve l’importo minimo di 57,50 euro. 

Con un ISEE inferiore a 35.000 euro si parte da un assegno mensile di 112 euro, che aumenta gradualmente fino a un massimo di 201 euro per quanti hanno un ISEE fino a 17.227,33 euro. Gli importi sono ridotti per i figli maggiorenni, mentre questa distinzione sull’età non è valida in caso di prole con disabilità. 

Asilo nido

Per le famiglie con figli di età inferiore a 3 anni c’è un’altra misura e si tratta del bonus asilo nido, finalizzato a rimborsare le spese di iscrizione agli asili nido pubblici e a quelli privati autorizzati. 

Le risorse si possono utilizzare anche per pagare l’assistenza domiciliare dei bambini fino ai 3 anni con gravi patologie. Chi ha un’ISEE fino a 25.000 euro potrà avere 3.000 euro all’anno, mentre si scende a 2.500 euro per le famiglie con un ISEE compreso tra 25.001 e 40.000 euro. 

calcolatrice

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Bonus cultura

Dall’asilo nido passiamo a una misura messa a punto per chi è diventato maggiorenne, visto che la carta della cultura giovani è riconosciuta a chi ha compiuto 18 anni e ha un ISEE inferiore a 35.000 euro. 

La carta, del valore di 500 euro, si può richiedere dal 31 gennaio al 30 giugno 2025, e può essere spesa per l’acquisto di libri, biglietti per il cinema e il teatro, per concerti e corsi di lunga straniera, ma anche per abbonamenti a quotidiani e periodici in formato sia cartaceo che digitale. 

Carta acquisti

Questo bonus prevede il riconoscimento di 80 euro su base bimestrale, quindi 40 euro al mese, da utilizzare per la spesa alimentare e sanitaria, ma anche per il pagamento delle bollette di luce e gas. 

La carta acquisti è riconosciuta ai cittadini di età uguale o superiore a 65 anni e ai bambini di età inferiore ai 3 anni, con un valore massimo di ISEE pari a 8.117,17 euro. 

Carta dedicata a te

Chi ha un’ISEE inferiore a 15.000 euro e fa parte di una famiglia con almeno tre componenti, potrà ricevere la carta dedicata a te

Si tratta di un contributo una tantum di 500 euro, da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità nei negozi abilitati al circuito Mastercard. 

Bonus bollette

La manovra di bilancio 2025 ha prorogato anche il bonus sociale luce e gas e il bonus sociale idrico, grazie ai quali è possibile ricevere un importo annuo variabile sulle utente domestiche, con particolare riferimento a quelle di energia elettrica, gas e acqua. 

Per l’accesso al bonus è necessario avere un ISEE inferiore a 9.530 euro, ma questo limite sale fino a 20.000 euro in caso di nucleo familiare con almeno 4 figli a carico. Per la luce è previsto un bonus tra 168 e 241 euro annui e per il gas tra 59-92 e 67-94 euro a seconda del numero di componenti del nucleo familiare. 

Assegno di inclusione

Dall’1 gennaio 2024 l’assegno di inclusione ha preso il posto del reddito di cittadinanza ed è riconosciuto a chi ha un ISEE non superiore a 10.140 euro, con un valore del reddito familiare inferiore a 6.500 euro annui, che può salire a 8.190 euro per il nucleo familiare composto da persone di età superiore a 67 anni, e a 10.140 euro se la famiglia risiede in una casa in locazione. 

soldi lampadina

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Supporto per la formazione e il lavoro

Questa misura di attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa, prevede il riconoscimento di 500 euro mensili per un anno, prorogabili per altri 12 mesi, a chi ha un’età compresa tra 18 e 59 anni. 

Tali soggetti devono essere “occupabili, avere un ISEE inferiore a 10.140 euro e un valore del reddito familiare al di sotto di 10.140 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini ISEE”, oltre a dover rispettare altri requisiti sul fronte del patrimonio mobiliare e immobiliare. 

Bonus psicologo

Il contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia è stato rifinanziato anche per il 2025. 

Il bonus psicologo permette di avere fino a un massimo di 1.500 euro per chi ha un ISEE inferiore a 15.000 euro, ma si passa a un limite di 1.000 euro per un ISEE tra 15.000 e 30.000 euro e a 500 euro per un ISEE tra 30.001 e 50.000 euro. 

Quanto deve essere l’ISEE per avere agevolazioni 2025?

Come abbiamo visto fino a ora, diverse sono le misure di sostegno a disposizione anche per il 2025. L’aspetto più interessante è che non necessariamente l’ISEE deve essere basso, visto che anche in presenza di soglie più o meno elevate si ha la possibilità di attingere a vari bonus. 

Inutile dire che chi ha un ISEE più contenuto potrà contare su agevolazioni più consistenti e di conseguenza l’ammontare di queste ultime si ridurrà parallelamente all’aumentare dell’ISEE. 

Per avere agevolazioni nel 2025 si può arrivare in alcuni casi anche a un ISEE fino a 50.000 euro, mentre la soglia più bassa, pari a 8.117,17 euro, è quella richiesta come limite da non superare per avere la carta acquisti.

Fonte: Idealista.it

Di Girolamo, Fedreghetti: “Imu e ristrutturazione, ecco quando si può chiedere una riduzione dell’imposta”

Una sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio dà torto al Comune di Roma sul calcolo dell’Imu per un fabbricato da ristrutturare

Con la legge di Bilancio 2024 entrano in vigore nuovi obblighi di comunicazione della variazione della rendita catastale di un immobile a seguito di interventi di ristrutturazione suffragati dal Superbonus, ai fini del calcolo dell’Imu. La sentenza 550/2025 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio (Sezione 7), pronunciata contro il Comune di Roma, potrebbe però gettare una luce diversa sulla questione, aprendo nuovi possibili scenari. La sentenza ha infatti stabilito che, a determinate condizioni previste dalla legge, l’Imu vada pagata non sulla base del valore catastale dell’immobile oggetto di ristrutturazione, ma sul solo valore venale del terreno edificabile su cui l’immobile si trova. Ci spiegano nel dettaglio la questione il commercialista Dott. Silverio Di Girolamo e l’Avv. Cristian Fedreghetti, che hanno assistito Roma Trevi Spa contro Roma Capitale.

  1. Imu e ristrutturazioni nella legge di Bilancio 2024
  2. Rendita catastale e valore venale: norme per il calcolo dell’Imu
  3. Il contenzioso tra Comune di Roma e Roma Trevi Spa
  4. Imu e ristrutturazioni, le sentenze contro il Comune di Roma
  5. Imu e ristrutturazione, perché è importante la sentenza di Roma
  6. Possibile riduzione dell’Imu per le ristrutturazioni residenziali

Imu e ristrutturazioni nella legge di Bilancio 2024

Nell’ultima legge di Bilancio il Governo ha stabilito l’obbligo, per chi ristruttura un immobile, di aggiornare il valore catastale dopo i valori che ne hanno variato lo stato, ai fini del ricalcolo dell’Imu. Una norma che, sebbene in qualche modo vigente già da oltre vent’anni, mira ad una maggiore stabilità delle casse delle amministrazioni ed è stata aggiornata alla luce dei profondi interventi avvenuti con l’ausilio del Superbonus 110, per i quali vengono ora spinti i controlli tributari. La sentenza 550/2025 della CGT del Lazio di cui ci occupiamo qui non è direttamente collegata ai controlli post-Superbonus, ma 

potrebbe in effetti avere dei riflessi sugli obblighi di aggiornamento dei valori catastali e sui conseguenti versamenti dei tributi comunali, 

sia per quegli immobili oggetto di intervento di ristrutturazione conseguente al Superbonus, sia conseguente a qualsiasi altro tipo di situazione e incentivo.

Rendita catastale e valore venale: norme per il calcolo dell’Imu

Cardine del calcolo dei tributi locali e oggetto di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate post Superbonus ma non solo è il valore della rendita catastale di un immobile, e della sua eventuale variazione dopo un lavoro di ristrutturazione. La Legge di Bilancio 2024 ha previsto in particolare che l’AdE possa verificare che il contribuente abbia correttamente presentato una dichiarazione di variazione catastale quando i lavori di hanno apportato modifiche strutturali o funzionali agli immobili in oggetto. L’articolo 1 al comma 86 stabilisce in particolare il controllo legato agli interventi di ristrutturazione assistiti dal Superbonus 110; si tratta in ogni caso di un miglioramento della rendita catastale legata al modo in cui l’immobile in oggetto è appunto registrato al catasto comunale, e alla sua categoria di appartenenza. 

Il valore venale è invece il calcolo del potenziale prezzo di vendita di quell’immobile calcolato secondo parametri quanto più possibile oggettivi e oggetto di perizia. 

Il contenzioso tra Comune di Roma e Roma Trevi Spa

Nella causa in questione, un immobile sottoposto a intervento di recupero strutturale importante ha versato al Comune di Roma l’Imu conteggiata sulla base del valore venale del solo terreno su cui si trova l’immobile stesso. 

Il motivo per cui non ha versato un’Imu basata sul valore catastale è che gli interventi di ristrutturazione appartengono alle tipologie individuate dall’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del D.P.R. 380/2001

che stabilisce appunto per quali interventi di ristrutturazione si possa applicare questo tipo di calcolo dell’imposta.

Ciononostante, il Comune di Roma ha emesso degli avvisi di accertamento sul pagamento dell’Imu, chiedendo che questa fosse invece versata sulla base del valore catastale dell’immobile pre-lavori. Roma Trevi Spa si è opposta a tale richiesta in tribunale, con l’assistenza di Di Girolamo Consulting e Studio Leone Fedreghetti.

Imu e ristrutturazioni, le sentenze contro il Comune di Roma

“Nonostante gli interventi di ristrutturazione dell’immobile in questione ricadessero nella casistica stabilita dalla legge, il Comune di Roma si è appellata contro la sentenza di primo grado, che ha dato ragione al contribuente, affermando che l’ufficio tributi non abbia ricevuto l’apposito modulo con la comunicazione del valore catastale dell’immobile (il modulo Docfa) ai fini del calcolo Imu, e che per questo motivo l’imposta debba essere calcolata sulla base del valore catastale dell’immobile, – spiega il dott. Silverio Di Girolamo, commercialista dello studio che ha seguito Roma Trevi Spa. – Tuttavia la richiesta dell’amministrazione non è stata accolta dalla CGT in quanto le comunicazioni dei lavori di ristrutturazione erano assolutamente note e mai contestate dal Comune, che quindi si è dimostrato perfettamente a conoscenza del fatto che i lavori in questione ricadessero nel caso di legge che permette di pagare un’Imu basato sul calcolo del valore venale del solo terreno edificabile.

Per di più, non esiste nessun obbligo normativo in capo al contribuente che lo vincoli a produrre una Docfa nel momento in cui la tipologia di lavori sia già stata correttamente comunicata, come è il caso. 

Quindi le motivazioni dell’appello si sono rivelate quanto meno deboli, se non fantasiose”.

“La richiesta di Docfa da parte del Comune non aveva ragione di essere in questo caso specifico, – aggiunge l’avvocato Cristian Fedreghetti, – in quanto era perfettamente noto che il fabbricato, un immobile commerciale importante da riconvertire ad uso alberghiero, fosse oggetto di interventi che ricadevano nelle casistiche individuate dal D.P.R.380/2001 art 3 comma 1 lettere c), d) ed f). 

Si tratta di interventi che, appunto, consentono di chiedere una riduzione dell’Imu da un calcolo basato sul valore catastale dell’immobile a un calcolo basato sul solo terreno edificabile, e in questo caso si trattava di una differenza da diverse centinaia di migliaia di euro. 

Il Comune ha quindi tentato di avanzare una pretesa in questo senso, portando a sostegno delle casistiche in cui il riaccatastamento degli immobili sotto la categoria F (quella degli immobili in fase di riqualificazione) è stata necessaria. Ma si trattava di casi diversi dal nostro, in particolare che chiedevano esenzioni dall’Imu. Nel nostro caso, invece, non è mai stata chiesta una esenzione, ma soltanto una giusta applicazione della legge e un calcolo corretto dell’imposta dovuta. E il Comune non ha potuto richiamare nessuna norma primaria che obbligasse il contribuente alla compilazione della Docfa, ragione per cui la sentenza è stata emessa a suo sfavore”.

Imu e ristrutturazione, perché è importante la sentenza di Roma

“Questa sentenza è importante in primo luogo perché è stato respinto un approccio dell’amministrazione che mette a carico del contribuente oneri non previsti dalla legge, quindi argina pretese tributarie non di diritto, – segnala il dott. Di Girolamo; – e poi perché riconosce che l’ente impositore deve calcolare correttamente i tributi alla luce delle informazioni di cui è a conoscenza, trasferendole in ambito tributario quando la legge lo consente senza ignorarle a fini tributari”.

In altre parole: ci sono casi, come il presente, in cui la differenza tra una modalità di calcolo dell’Imu e l’altra è importante e può avere un certo peso per le casse comunali, ma ciò non deve autorizzare l’amministrazione a interpretare la legge a modo proprio a svantaggio del contribuente, soprattutto quando questo adempie correttamente a tutti gli obblighi previsti dalla normativa.

“La sentenza è interessante sia per il fatto che fa prevalere ragioni di diritto e sostanziali a favore del contribuente, – aggiunge l’avv. Fedreghetti, – sia perché segnala un difetto di comunicazione tra uffici comunali, che può generare appigli per sollevare questioni formali, come quella della Docfa, che possono essere facilmente strumentalizzate. 

Oltretutto è essenziale rifarsi a dei valori quanto più possibile incontestabili quando si parla di parametri per il calcolo delle imposte. 

Non è raro che situazioni ambigue si creino anche in presenza di altri tipi di immobili anche più complessi, come gli opifici, e che il calcolo delle imposte dovute si complichi parecchio a svantaggio del contribuente”.

Possibile riduzione dell’Imu per le ristrutturazioni residenziali

La sentenza contro il Comune di Roma, come si diceva, potrebbe avere riflessi anche in materia di ristrutturazioni residenziali con Superbonus e non solo. Nell’ambito dei controlli avviati dall’Agenzia delle Entrate, ma in generale nello stabilire le imposte dovute durante il periodo dei lavori di recupero edilizio delle unità abitative, soprattutto se si parla di immobili importanti, occorrerà verificare che i lavori in questione non ricadano nella casistica individuata dal D.P.R. 380/2001, il che potrebbe generare notevoli risparmi per i contribuenti. 

“Tuttavia, paradossalmente, – precisa l’avv. Fedreghetti, – in caso di piccole abitazioni che sorgono su ampi terreni potrebbe anche avvenire l’opposto, ovvero che sia il valore venale del terreno edificabile ad essere superiore al valore catastale dell’immobile. Ad ogni modo, dal momento che nel caso di unità abitative tendenzialmente la differenza tra le due modalità di conteggio non crea enormi conseguenze sul gettito tributario, è anche meno probabile che i Comuni contestino la classificazione degli interventi di ristrutturazione. Ad ogni modo, onde evitare brutte sorprese, è sempre meglio munirsi di perizie tecniche di valutazione dei terreni e degli immobili, possibilmente rifacendosi a parametri quanto più possibile incontestabile, ad esempio ai parametri Omi”.

Fonte: Idealista.it

Variazione catastale per il superbonus, pronte le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate

Cosa contengono gli avvisi

Le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate relative alla variazione catastale per il superbonus sono pronte. Il loro contenuto e le modalità di invio sono state stabilite con un provvedimento del 7 febbraio 2025. Una volta ricevuti gli avvisi, i contribuenti che hanno beneficiato dell’agevolazione fiscale e che non hanno aggiornato le rendite degli immobili interessati dagli interventi potranno valutare la correttezza dei dati ed eventualmente regolarizzare la propria posizione. 

Variazione catastale dopo superbonus, cosa contengono le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate 

Di queste comunicazioni ne aveva parlato il direttore uscente dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nella relazione di fine anno, adesso è arrivato il momento dell’invio. Secondo quanto precisato dal provvedimento del 7 febbraio 2025, con tali comunicazioni l’Agenzia delle Entrate rende disponibili le informazioni per una valutazione in ordine alla correttezza dei dati in suo possesso, questo per consentire all’intestatario catastale di regolarizzare la propria posizione. 

Le informazioni rese disponibili ai contribuenti sono: 

  • codice fiscale, denominazione, cognome e nome del contribuente; 
  • identificativo catastale dell’immobile indicato dal contribuente nella comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica ai sensi degli articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificati dalla legge n. 234 del 2021; 
  • invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione tramite il servizio “Consegna documenti e istanze” disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nei dati in possesso dell’Agenzia o intenda comunque fornire elementi in grado di giustificare la presunta anomalia. 

Comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate, dove trovarle 

La comunicazione viene inviata dall’Agenzia delle Entrate al domicilio digitale del contribuente o con raccomandata a/r. Ma è possibile trovare la stessa comunicazione anche nel proprio cassetto fiscale

Cosa dice la normativa sulla verifica dell’Agenzia delle Entrate 

L’art. 1, comma 86, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 stabilisce che “l’Agenzia delle Entrate, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, verifica, sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati”. 

Il successivo comma 87 precisa che “nei casi oggetto di verifica di cui al comma 86 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”. 

L’articolo 1, comma 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede che “con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono individuate le modalità con cui gli elementi e le informazioni di cui ai commi 634 e 635 sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di Finanza. Il provvedimento di cui al primo periodo indica, in particolare, le fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le modalità di comunicazione tra quest’ultimo e l’amministrazione, assicurate anche a distanza mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di assistenza e i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la correzione degli eventuali errori commessi”.

Fonte: Idealista.it

Manovra 2025, ultima ora sulla legge di bilancio

Ma rinvio per le ulteriori misure a favore del ceto medio

Ultima ora sulla manovra 2025. Con l’approvazione della Camera, la legge di bilancio è entrata nella retta finale. In attesa del voto finale al testo blindato da parte del Senato, che dovrebbe arrivare tra Natale e Capodanno, con ogni probabilità il 28, vediamo le principali novità che riguardano auto aziendali, irpef, bonus, detrazioni e misure per pensioni e famiglie.

  1. Cosa prevede la finanziaria 2025
  2. Manovra finanziaria 2025 cuneo fiscale
  3. Irpef
  4. Detrazioni
  5. Manovra 2025, Ires
  6. Banche
  7. Flax tax
  8. Web Tax
  9. Manovra finanziaria 2025 bitcoin e criptovalute
  10. Bonus edilizi
  11. Novità per le pensioni
  12. Rai
  13. Naspi
  14. Stipendi per i ministri
  15. Infermieri e specializzandi 

Cosa prevede la finanziaria 2025

Circa 30 miliardi di euro le misure utilizzate in gran parte per stabilizzare il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre quote. Si tratta di una manovra di bilancio che per la maggioranza è a favore di famiglie e imprese e dovrebbe favorire la crescita. Per l’opposizione il provvedimento distribuisce le briciole a chi è in difficoltà e soprattutto riduce le risorse per la sanità e manca di una visione di politica industriale. 

Manovra finanziaria 2025 cuneo fiscale

Il taglio del cuneo viene rimodulato e stabilizzato. I dipendenti con reddito fino a 20.000 euro riceveranno un bonus esentasse. Chi guadagna tra 20.000 e 32.000 euro avrà una detrazione fissa di 1.000 euro, oltre i 32.000 euro la detrazione diminuisce gradualmente fino ad azzerarsi a 40mila euro.

Irpef

Viene stabilizzata l’imposta a tre aliquote dell’Irpef: 23% fino a 28.000 euro, 35% oltre 28.000 e fino a 50.000 euro e 43% oltre i 50.000. 

Detrazioni

Novità per le detrazioni che vengono rimodulate e ridotte per i redditi sopra i 75.000 euro, prevedendo tetti a seconda della composizione del nucleo familiare. Non rientrano nel computo del tetto le spese sanitarie e quelle per i mutui e anche le somme investite in star up e pmi innovative.

Manovra 2025, Ires

Per le imprese arriva il taglio dell’aliquota Ires del 4% (dal 24% al 20%) alle imprese che accantonano a riserva l’80% degli utili e che destinano il 30% di questo ammontare a investimenti per l’acquisto di beni strumentali nuovi e comunque non meno del 24% nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. Gli investimenti non devono, in ogni caso, essere inferiori a euro 20.000. Oltre agli investimenti, per godere dell’agevolazione fiscale le aziende devono anche assumere personale a tempo indeterminato e non fare ricorso alla cassa integrazione.

Banche

Alle banche viene richiesto un contributo di 400 milioni di euro per la copertura finanziaria degli sgravi fiscali alle imprese. La misura, in sostanza, per il solo anno 2025 riduce dal 65% al 54% la quota delle perdite pregresse e delle eccedenze risidue dell’Ace da portare in deduzione sul maggior gettito imponibile che emerge per effetto del rinvio delle Dta

Flax tax

si amplia la platea dei lavoratori dipendenti che può usufruirne sulle prestazioni da lavoro autonomo o collaborazioni. La soglia di reddito da lavoro dipendente che consente di applicare la tassa piatta al 15% aumenta da 30.000 a 35.000 euro.

Web Tax

Si applica solo sulle grandi aziende con un fatturato superiore di 750 milioni di euro. Sono quindi escluse le piccole imprese. Ma salta il secondo requisito, quello dei 5,5 milioni di ricavi prodotti in Italia, che attualmente è in vigore.

Manovra finanziaria 2025 bitcoin e criptovalute

La tassazione sulle plusvalenze da cripto attività torna al 26% nel 2025, invece del 42% previsto nel testo originale del ddl di bilancio. L’aliquota aumenta al 33% nel 2026. La misura approvata prevede però che le aliquote si applichino su tutte le plusvalenze, mentre nel ddl di bilancio era prevista una franchigia fino a 2000 euro.

Bonus edilizi

Il bonus ristrutturazione applicherà solo sulla prima casa, fino ad una spesa massima di 96.000 euro. Per gli altri immobili scende al 36%. Nel 2026 e 2027 anche sulla prima casa si applicherà il 36% per ridursi ancora al 30% nel 2028.

È inoltre previsto un contributo per l’acquisto di elettrodomestici ad alta efficenza, non inferiori alla nuova classe B, prodotti in Europa, con contestuale smaltimento dell’elettrodomestico sostituito. 

Il contributo è pari al 30 per cento del costo di acquisto e comunque per un importo non superiore a 100 euro per ciascun elettrodomestico, che sale a 200 euro se l’Isee del nucleo familiare dell’acquirente è inferiore a euro 25.000. Sono fuori dall’incentivo le caldaie.

Novità per le pensioni

La principale novità il pensionamento anticipato per coloro che rientranocompletamente nel sistema contributo (ossia che versano i contributi a partire dal 1996). Attualmente si può lasciare il lavoro con 64 anni di età e 20 di contributi, se si raggiunge un assegno pari almeno a tre volte il minimo. 

Dal prossimo anno resta confermato che si può andare in pensione a 64 anni ma aumenta a 25 anni il requisito contributivo. Inoltre, per raggiungere il trattamento richiesto di 3 volte il minimo può essere utilizzata la rendita maturata con la pensione integrativa

Rai

Stretta sulle consulenze esterne della a partire dal 2025. I costi per le consulenze esterne il prossimo anno non potranno superare quelli sostenuti nel 2023. Nel 2026 la Rai dovrà ridurre i costi per consulenze del 2% rispetto alla media del triennio 2021-2023. Per il 2027 la riduzione è elevata al 4%.

Naspi

da gennaio 2025 il lavoratore percepisce la Naspi, l’indennità di disoccupazione, anche se si dimette volontariamente. Deve però essere riassunto e avere almeno 14 settimane di contribuzione dal giorno in cui si è dimesso volontariamente.

Stipendi per i ministri

Ministri e sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma possono usufruire dei rimborsi delle spese di trasferta “da e per il domicilio o la residenza” per l’espletamento delle proprie funzioni. Risorse a disposizione 500.000 euro l’anno.

Limiti a compensi extra-Ue per i politici – si tratta della cosiddetta norma ‘anti-Renzi’. E’ vietato riceverli per i titolari di cariche di governo, i parlamentari nazionali, presidenti di regione e di province autonome. Questi ultimi, a differenza dei componenti del governo, potranno però chiedere un preventiva autorizzazione agli organi di appartenenza a patto che il compenso percepito non sia superiore a 100mila euro.

Infermieri e specializzandi 

Gli straordinari del personale infermieristico sono tassati ad aliquota agevolata del 5%. Novità anche per gli specializzandi dell’area sanitaria (biologi, farmacisti, odontoiatri, veterinari, psicologi, chimici e fisici) che potranno beneficiare di borse di studio.

Fonte: Idealista.it

Comodato e bonus ristrutturazione, chi porta in detrazione le spese

I chiarimenti del Fisco

In tema di comodato d’uso e bonus ristrutturazione, chi può portare in detrazione le spese? Alla domanda ha risposto il Fisco chiarendo un dubbio di un contribuente. Prima di analizzare la questione, si ricorda che – come spiegato dall’Agenzia delle Entrate – il comodato è il contratto con cui una parte consegna all’altra un bene mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituirlo. Si tratta di un contratto essenzialmente gratuito, che può essere redatto in forma verbale o scritta. 

Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, è stato domandato: “Mia moglie è proprietaria di un’abitazione che ha concesso in comodato gratuito alla sorella. A breve vorremmo effettuare su tale immobile dei lavori per i quali è prevista la detrazione per ristrutturazioni edilizie. La domanda è la seguente: essendo fiscalmente a mio carico, posso portare io in detrazione le spese che sosterrò, in qualità di coniuge convivente?”. 

Nel fornire la sua risposta, il Fisco ha chiarito che “al verificarsi di determinate condizioni, la normativa in materia di detrazione per il recupero del patrimonio edilizio riconosce anche ai familiari conviventi del proprietario dell’immobileoggetto degli interventi la possibilità di usufruire della detrazione indicata dall’articolo 16-bis del Tuir (pari, attualmente, al 50% delle spese sostenute). Per familiari si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Per usufruire della detrazione sono richiesti, al momento del sostenimento della spesa, lo status di convivenza e la disponibilità dell’abitazionesu cui si effettuano gli interventi”. 

Ma nel caso in esame, dal momento che “che i lavori riguarderanno un immobile che non risulta a disposizione”, il marito della proprietaria dell’abitazione concessa in comodato gratuito alla sorella non può portare in detrazione le spese per i lavori di detrazione. Nello specifico, il Fisco ha spiegato che “al coniuge convivente non potrà essere riconosciuta la detrazione per le spese da lui sostenute per ristrutturare l’abitazione che la moglie (proprietaria dell’immobile) ha concesso in comodato ad altro familiare o a terzi”. 

Comodato d’uso, cosa dice il Codice Civile 

L’articolo 1803 del Codice Civile spiega: “Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”. 

Il comodato può essere redatto in forma verbale o scritta. Se in forma scritta, il comodato di un bene immobile deve essere registrato entro 30 giorni dalla data dell’atto. Se il contratto è verbale, deve essere registrato solo se viene enunciato in un altro atto sottoposto a registrazione.

Fonte: Idealista.it

I saldi 2025 nell’arredamento casa: come fare veri affari

I saldi stagionali riguardano anche l’arredamento e il design: ecco come approfittare dei prossimi sconti.

Quando si tratta di arredare la casa, la qualità e l’estetica sono fondamentali. Tuttavia, spesso questi elementi possono risultare costosi. Ecco perché è importante approfittare dei saldi arredamento casa, che ti consentono di ottenere il massimo valore per il tuo denaro. Che tu stia cercando un divano elegante per il soggiorno o una lampada di design per la tua camera da letto, le offerte all’interno dei saldi invernali 2025 ti permettono di esplorare una vasta gamma di opzioni senza compromettere la qualità.

  1. Gli sconti più significativi su mobili e arredamento
  2. I vantaggi dei saldi sull’arredamento
  3. Come scegliere i mobili durante i saldi

Gli sconti più significativi su mobili e arredamento

Quando ci sono i saldi per i mobili, è possibile trovare sconti incredibili fino al 75% su una vasta gamma di articoli per la casa. Questo rappresenta un’opportunità imperdibile per chi desidera rinnovare l’arredamento con mobili di qualità a prezzi ridotti. Le liquidazioni non solo offrono risparmi significativi, ma permettono anche di scoprire pezzi unici che possono dare un tocco distintivo al tuo spazio.

Con prezzi così competitivi, puoi permetterti di sperimentare con stili diversi e aggiornare il look della tua casa ogni stagione e i saldi invernali 2025 sono alle porte

Le promozioni speciali negli outlet di mobili

Gli outlet di mobili sono una risorsa preziosa dove arredare casa a poco prezzo per chi cerca di arredare la propria casa con stile senza spendere una fortuna. Questi negozi offrono promozioni speciali o la svendita di mobili da esposizioni online che permettono di acquistare prodotti di alta qualità a prezzi di fabbrica. Ma le offerte sono spesso limitate nel tempo, quindi è importante essere pronti a coglierle al volo. 

saldi arredamento casa

I vantaggi dei saldi sull’arredamento

saldi sono un’occasione ghiotta per rinnovare gli ambienti e arredare casa con pochi soldi, senza superare il budget. Che tu stia cercando di sostituire un vecchio divano o di aggiungere un tocco di novità con accessori decorativi, gli sconti sui mobili hanno diversi vantaggi da tenere in considerazione.

Varietà di stili disponibili

Dal moderno al classico, ogni stile offre qualcosa di unico per soddisfare le diverse preferenze estetiche e funzionali. Che tu preferisca linee pulite e design minimalista o l’eleganza senza tempo dei materiali pregiati, c’è sempre qualcosa che può adattarsi perfettamente atte tue esigenze.

  • Stile moderno: linee pulite e design minimalista.
  • Stile classico: eleganza senza tempo e materiali pregiati.
  • Stile rustico: calore e accoglienza con materiali naturali.

Acquisto di marchi importanti a prezzi competitivi

Questo è il momento perfetto per investire in pezzi di alta qualità che altrimenti potrebbero essere fuori dalla tua portata. Inoltre, molti di questi marchi, spesso di lusso, offrono garanzie elevate sui loro prodotti, aggiungendo un ulteriore livello di sicurezza al tuo investimento.

saldi arredamento casa

Come scegliere i mobili durante i saldi

Scegliere i mobili giusti può fare una grande differenza nell’aspetto e nella funzionalità del tuo spazio abitativo. Ecco alcuni consigli utili per aiutarti nella scelta dei mobili durante i saldi:

  • Considera le dimensioni del tuo spazio e la funzionalità dei mobili. Assicurati che i pezzi scelti si adattino bene all’ambiente senza sovraffollarlo.
  • Scegli materiali che si adattino al tuo stile di vita e alle tue esigenze quotidiane: materiali resistenti possono durare nel tempo molto di più.
  • Pensa alla coerenza stilistica con il resto della tua casa: un design armonioso migliora l’estetica complessiva dell’ambiente.
  • Attenzione al servizio clienti: cerca recensioni online o chiedi ad amici e parenti delle loro esperienze con il rivenditore. Un buon servizio clienti dovrebbe essere facilmente raggiungibile, reattivo e pronto a risolvere qualsiasi problema tu possa incontrare.
  • Valuta le politiche di reso: il reso e la garanzia possono variare notevolmente e influire sull’acquisto. Assicurati che ci siano opzioni chiare e semplici per restituire o sostituire articoli difettosi o che non soddisfano le tue aspettative. 

Fonte: Idealista.it

A messa sui pattini e cena da KFC: ecco le tradizioni di Natale più strane al mondo

Natale viene celebrato in quasi tutto il mondo e, in alcuni Paesi, vi sono davvero delle usanze curiose. Ecco una panoramica.

Il Natale è una festività che, sebbene abbia radici cristiane, viene celebrata in modi incredibilmente vari e creativi in tutto il mondo. Ogni cultura ha sviluppato le proprie tradizioni natalizie, che vanno dai mercatini di Natale in Europa alle celebrazioni più spirituali in Asia. Le tradizioni natalizie nel mondo rappresentano un affascinante mosaico di usanze, rituali e celebrazioni che riflettono la ricca diversità culturale e religiosa di ogni paese. Ecco come celebrano il natale alcune diverse culture nel mondo, dai piatti tipici, ai personaggi leggendari, alla Messa sui pattini venezuelana.

  1. Le diverse tradizioni e curiosità del Natale nel mondo
  2. I piatti tipici natalizi e il loro significato
  3. Le tradizioni più strane e curiose 
  4. Le leggende e i personaggi associati al Natale

Le diverse tradizioni e curiosità del Natale nel mondo

Le celebrazioni natalizie variano notevolmente in tutto il mondo, con ogni cultura che aggiunge il suo tocco unico alla festività. Questa diversità è ciò che rende il Natale una delle festività più affascinanti e attese dell’anno. Dalle tradizioni centroeuropee e scandinave a quelle spagnole, quali sono le tradizioni natalizie che offrono uno sguardo affascinante sull’interpretazione del Natale.

Germania, Austria e Trentino Alto Adige

In Germania, Austria, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, il Krampus accompagna Babbo Natale (o San Nicola) per punire i bambini cattivi. Ma cosa sono i Krampus? Questa figura demoniaca è parte integrante delle celebrazioni natalizie e rappresenta una tradizione che risale a molto tempo fa.

In Spagna

Anche in Spagna ci sono delle usanze piuttosto particolari che nascono lontano nel tempo. Come si celebra il Natale in Spagna? C’è il Tìo de Nadal, una figura emblematica del Natale nel mondo per bambini. Questo tronco di legno decorato porta regali alle famiglie spagnole e viene celebrato con canti e giochi.

tradizioni natalizie nel mondo

La Befana in Italia

Tra le tradizioni natalizie italiane, la Befana è un personaggio leggendario che porta dolci ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi. La sua visita avviene la notte dell’Epifania, tra il 5 e il 6 dicembre, chiudendo ufficialmente le festività natalizie.

La Svezia e Santa Lucia

In Svezia, la festa di Santa Lucia è una celebrazione luminosa che segna l’inizio del periodo natalizio. Le processioni di Santa Lucia sono caratterizzate da canti tradizionali e abiti bianchi illuminati da candele.

Babbo Natale in Finlandia

Quali sono le tradizioni natalizie in Finlandia? Qui c’è la visita di Babbo Natale, molto attesa dai bambini, quindi il giorno più importante delle festività è la vigilia di Natale, quando i più piccoli ricevono i doni.

I piatti tipici natalizi e il loro significato

Durante il periodo natalizio, i piatti tipici assumono un ruolo centrale nelle celebrazioni, offrendo un assaggio delle tradizioni culinarie di ogni paese.

  • In Giappone, ad esempio, una tradizione natalizia insolita è quella di consumare pollo fritto di KFC. Questa usanza è nata da una campagna di marketing degli anni ’70 e ha avuto un tale successo che oggi è diventata una parte irrinunciabile delle celebrazioni natalizie giapponesi. La popolarità di questo piatto durante il Natale è così grande che le prenotazioni per il pollo KFC devono essere fatte con settimane di anticipo.
  • Cena della vigilia in Polonia: in Polonia, la cena della vigilia di Natale è un evento importante che inizia con l’apparizione della prima stella nel cielo. Questo momento segna l’inizio ufficiale delle celebrazioni e viene seguito da una cena composta da dodici portate, ognuna rappresentante un apostolo.
  • Il panettone in Italia: il dolce natalizio per eccellenza, originatosi a Milano, è presente pressoché su tutte le tavole degli italiani, senza o con i canditi e l’uvetta.
panettone

Pixabay

Le tradizioni più strane e curiose 

Il mondo è belle perché è vario, così si dice, e alcune usanze possono sembrare insolite, ma sono profondamente radicate nella storia e nella cultura dei paesi in cui vengono praticate. 

  • In Norvegia, ad esempio, esiste la tradizione di nascondere scope e spazzoloni durante la notte di Natale. Questo rituale nasce dalla credenza che gli spiriti maligni possano rubare questi oggetti per volare via. Nascondere le scope è quindi una forma di protezione contro le forze del male.
  • In Ucraina, invece, gli alberi di Natale vengono decorati con ragnatele artificiali. Questa tradizione si basa su una leggenda locale secondo cui una ragnatela portò fortuna a una famiglia povera durante il Natale.
  • In Venezuela si celebra persino la Messa sui Pattini: una tradizione unica che combina fede e divertimento, coinvolgendo tutta la comunità.
pattini

Pixabay

Le leggende e i personaggi associati al Natale

Il Natale è una festività intrisa di magia e tradizione, arricchita da una serie di personaggi leggendari che rendono le celebrazioni ancora più affascinanti. Queste figure incarnano anche valori culturali e storici profondamente radicati nelle società in cui sono venerati. Oltre al celeberrimo Babbo Natale, molte culture hanno i propri personaggi unici che portano gioia e doni durante le festività.

  • Befana: è vecchina sulla scopa, una figura italiana molto amata che visita i bambini la notte dell’Epifania, portando dolci ai buoni e carbone ai cattivi.
  • Jultomten: in Svezia, questo elfo natalizio porta regali e felicità, simboleggiando lo spirito gioioso del Natale.
  • Père Noël: in Francia, è una figura simile a Babbo Natale che distribuisce regali ai bambini la vigilia di Natale.
tradizioni natalizie nel mondo

Fonte: Idealista.it

Metri quadri minimi per abitabilità: cosa dice la normativa di riferimento?

Metri quadri minimi per abitabilità: consigli, approfondimenti e requisiti specifici per poter vivere in una casa a norma. 

Quando si ha intenzione di comprare o affittare un immobile, ci si dovrebbe interrogare su quali sono i requisiti minimi di abitabilità. Si tratta di una questione importante, perché uno dei fattori principali da considerare è la superficie: ogni persona deve avere a propria disposizione un certo numero di metri quadri per vivere in modo confortevole. Cerchiamo di farà chiarezza sui metri quadri minimi per l’abitabilità, partendo dalle normative nazionali e regionali.

  1. Quanti m2 deve essere una casa per essere abitabile? 
  2. Quanto deve essere minimo un monolocale?
  3. Quando un locale è considerato abitabile?

Quanti m2 deve essere una casa per essere abitabile? 

Quando si ha intenzione di comprare o affittare casa, c’è la necessità di comprendere prima di tutto quali sono i requisiti minimi di abitabilità. Tale prerogativa, è subordinata al rispetto di requisiti minimi di superficie, definiti da normative nazionali e regionali. Secondo il Decreto Ministeriale 5 luglio 1975, le abitazioni devono garantire una determinata metratura minima che varia in base al numero di occupanti e alla destinazione d’uso dell’immobile.

Per comprendere quali siano i metri quadri minimi per abitabilità bisogna considerare due aspetti:

  • superficie abitabile: per i primi 4 occupanti, sono 14 metri quadrati per persona, mentre per i successivi occupanti sono 10 metri quadrati per persona;
  • camere da letto: 1 persona deve avere a disposizione 9 metri quadrati mentre 2 persone devono avere a disposizione 14 metri quadrati.

Vi sono dei casi particolari come quello monolocale, dove sono contemplati solo 28 metri quadrati per una persona e 38 metri quadrati per due persone. A prescindere da tutto ciò, prima di acquistare o affittare un’immobile, chiedere sempre la consulenza di un tecnico abilitato per una valutazione dell’abitabilità della casa. Allo stesso tempo, verificare la superficie catastale che vi è indicata nell’atto di compravendita o di locazione in modo tale da esser certi che sia sempre tutto a norma.

metri quadri minimi per abitabilità

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Quanto deve essere minimo un monolocale?

Dopo aver effettuato una panoramica generale sui metri quadri minimi per abitabilità, adesso ci concentriamo invece sulla dimensione minima di una abitazione come il monolocale. Come già accennato in precedenza, una casa del genere può avere una superficie non inferiore a 28 metri quadri per una persona e non inferiore a 38 metri quadri per due persone.

Secondo l’articolo 3 del decreto ministeriale del 5 luglio 1975, un monolocale deve rispettare determinati requisiti, soprattutto in termini di altezza:

  • 2,40 m per corridoi, disimpegni, bagni e ripostigli;
  • 2,70 m per tutti gli altri ambienti della casa.

Tale regola è valida in tutta Italia, tranne che per i Comuni al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare. In questo caso, le mura possono arrivare a 2,55 m per due particolari motivi:

  • condizioni climatiche;
  • particolare tipologia edilizia.

Inoltre, a partire dal 2015 è previsto che, in caso di ristrutturazione con riqualificazione energetica e ristrutturazione con riqualificazione in cui sia prevista l’installazione di pavimenti o soffitti radianti, l’altezza minima interna possa diminuire fino a 2,60 m.

Quindi, un monolocale inferiore a 28 m2 sarebbe impossibile trovarlo? Secondo l’articolo 3 del decreto ministeriale del 5 luglio 1975 un appartamento del genere non sarebbe rispettoso dei requisiti minimi previsti dalla legge.

Superficie minima di un monolocale: è lorda o netta?

Il seguente dubbio si chiarisce con grande facilità: quando si parla di superficie, si intende netta ovvero calpestabile. Così come ci si pone la domanda: dal punto di vista dell’abitabilità, un monolocale da 20m2 è ammissibile? Il Decreto Ministeriale 5 luglio 1975 è molto chiaro in tal senso, non vi è ammesso anche se esistono delle eccezioni come:

  • monolocali accatastati come C/2 (magazzini): in questo caso, bisogna richiedere l’autorizzazione al Comune;
  • monolocali in edifici storici: in questo caso, vi sono forti limitazioni per la ristrutturazione dell’immobile.

A prescindere da tutto ciò, vivere in un monolocale di 20 m2 potrebbe non essere la soluzione migliore dal punto di vista del comfort. 

Quando un locale è considerato abitabile?

Trovare la casa dei sogni è il desiderio di molti. Prima di firmare il contratto di affitto o il rogito per il mutuo, è fondamentale considerare un aspetto: l’abitabilità di cui abbiamo già parlato poc’anzi. Molto importante è l’articolo 5 del Decreto Ministeriale 5 luglio 1975, che si riferisce all’ambito igienico sanitari da verificare e che riguardano i seguenti punti:

  • ricambio d’aria adeguato;
  • illuminazione naturale diretta.

Dopo tutto l’excursus fatto, è anche normale chiedersi ad esempio quanti m2 deve essere una casa per due persone? Una domanda lecita, che si può porre anche chi ha una famiglia o vive da solo, ampliando così le soluzioni.

Per questo motivo, è consigliabile leggere la tabella di seguito. Nel caso di alloggi con varie stanze, le superfici minime da rispettare sono le seguenti:

ABITANTIm2
1 abitante14 m2
2 abitanti28 m2
3 abitanti42 m2
4 abitanti56 m2

Nel caso invece di un monolocale, le superfici sono:

ABITANTIm2
1 abitante28 m2
2 abitanti38 m2

Tenendo conto che la superficie minima abitabile per persona in una residenza italiana è di 14 metri quadri, si può fare modo di poter effettuare una valutazione più precisa dell’immobile, anche se è sempre consigliabile chiedere un consiglio ad un esperto del settore.

metri quadri minimi per abitabilità

canva.com

Quanti metri quadrati deve essere un appartamento per 4 persone?

Quando si è in quattro persone è normale cercare una casa confortevole e che possa rispondere alle esigenze di tutti. Trovare però la giusta soluzione tra comfort e funzionalità non è per niente semplice. Inoltre, bisogna tener conto di diversi fattori come la superficie abitabile e la disposizione degli spazi. Secondo il decreto ministeriale del 5 luglio 1975, la superficie minima per un appartamento di 4 persone sarebbe di 56 metri quadri.

Certo, bisognerebbe tener conto delle esigenze delle singole persone e già avere le dimensioni del soggiorno di 14 m2 è un qualcosa di importante per le attività comuni di una famiglia. Stesso discorso per una camera matrimoniale da 12 o 14 m2: una piccola differenza che può garantire un grande comfort.

Fonte: Idealista.it

Acquistare casa è un miraggio per le famiglie italiane: perché il 60% si “rassegna” all’affitto

Molte famiglie italiane non possono permettersi l’acquisto di una casa, tanto che non provano nemmeno di accedere al credito, certi di ricevere un rifiuto. Così, il 60% dei potenziali acquirenti vira sulla ricerca di un’abitazione in affitto, in un contesto tutt’altro che semplice, che deve fare i conti con un’erosione sostanziale del mercato della locazione. Sono le principali istantanee che emergono dal 17° rapporto sull’Abitare di Nomisma, in collaborazione con Confindustria e con il supporto di Crif, presentato il 7 novembre presso la sede romana della Confederazione generale dell’industria italiana.

  1. Il contesto sociale economico
  2. I dati del report: compravendite e affitti
  3. Il mercato dei mutui
  4. Il commento degli esperti

Il contesto sociale economico

Il consueto rapporto sull’Abitare di Nomisma, oltre a fornire preziosi dati sul mercato immobiliare, restituisce anche una fotografia delle difficoltà non solo economiche, ma anche sociali che vengono scaturite dalla difficoltà ad accedere ad alloggi adeguati. Una situazione sempre più emergenziale che oramai non può più essere ignorata dalle istituzioni e dai player di mercato.

Negli ultimi anni, come sottolinea il 17° rapporto sull’Abitare, l’inflazione ha eroso il reddito delle famiglie italiane, che tanto che in 3 casi su 5 risulta inadeguato o appena sufficiente per far fronte alle necessità. Le capacità finanziarie si riducono, mentre aumentano le difficoltà di acquisto di casa, soprattutto le famiglie unipersonali e quelle più numerose, così come le difficoltà a sostenere canoni di locazione investiti da un trend di crescita più sostenuto rispetto ai prezzi.

Anche per questa situazione, il clima di fiducia degli italiani rispetto alla situazione generale restituisce un’intonazione meno positiva rispetto all’indagine del 2023. Nel dettaglio, le componenti del clima di fiducia delle famiglie restituiscono giudizi più favorevoli sulla sicurezza lavorativa personale e sulla disponibilità delle banche a concedere credito, mentre al contempo peggiorano le valutazioni rispetto alle prospettive di crescita del Paese e alle ricadute economiche e sociali dovute al perdurare dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. Si conferma, come fanalino di coda, anche quest’anno, la fiducia rispetto alla credibilità dei partiti.

I dati del report: compravendite e affitti

Il report sottolinea come l’interesse delle famiglie nei confronti della casa rimane saldo, l’abitazione continua a essere considerata non solo come un luogo dove vivere, ma anche come opportunità di investimento. Ma leggendo con attenzione i dati si evince che, a fronte di 3 milioni di famiglie che nei prossimi 12 mesi dichiarano un interesse all’acquisto, le condizioni per concretizzare la compravendita non sempre sono accessibili, al punto che – secondo Nomisma – la “domanda reale” vede coinvolte 980.000 famiglie, un numero elevato se confrontato con le 700.000 compravendite di abitazioni previste a consuntivo dell’anno 2024.

Allo stesso tempo, però, è in aumento anche la quota di famiglie in locazione che considera l’affitto come unica soluzione possibile dell’abitare, in considerazione della mancanza di risorse per accedere alla compravendita, tanto che in un solo anno si è passati dal 56% al 59,3%. Il Rapporto sull’Abitare di Nomisma registra che la percentuale di famiglie che ha fatto ricorso alla locazione per un periodo superiore a sei mesi è scesa dal 5% del 2023 al 3,3% del 2024, attestandosi al di sotto dei livelli pre pandemici.

Anche in prospettiva la domanda risulta in calo, non tanto per un minore interesse quanto per un’offerta inadeguata rispetto alle richieste, che contribuisce a sottrarre dal mercato quote di domanda potenziale.

Al contempo, l’indagine conferma la presenza di due diversi e distinti orientamenti: il primo considera l’affitto una scelta motivata da esigenze familiari e lavorative (rappresentativa di una famiglia su quattro tra quelle in locazione); il secondo, che riguarda la maggioranza delle famiglie, considera l’affitto una soluzione temporanea oppure obbligata perché non sussistono le condizioni economiche per accedere al mercato della compravendita.

Il mercato dei mutui

Il report si concentra con attenzione sulla capacità finanziaria delle famiglie, intercettando quei segnali di miglioramento che riguardano la percezione delle famiglie rispetto alla propria condizione economica e reddituale. In questo contesto, risulta in diminuzione la percentuale di famiglie che intendono perfezionare l’acquisto di casa ricorrendo a un mutuo: sebbene tale percentuale rimanga ancora molto elevata, passa dal 77,9% del 2023 al 75,6% del 2024 a fronte di una tendenza all’autoselezione da parte delle famiglie stesse.

Nel primo trimestre 2024 – sempre secondo i dati diffusi con il rapporto – oltre all’attesa flessione del numero di compravendite con mutuo (-15,1%), si è assistito per la prima volta dopo alcuni anni anche ad una lieve diminuzione degli acquisti non sostenuti da credito (-2,9%). Nel secondo trimestre si è tuttavia manifestata un’inversione di tendenza, con un risultato positivo, pari a +3,9%, per le transazioni sostenute da mutuo. Sono ancora in lieve calo, invece, quelle non sostenute da credito.

In termine di importi, il volume erogato per il finanziamento di nuovi mutui nel 2023 si era assestato intorno ai 41 miliardi di euro, scontando una flessione annua del -25,4%. Il primo semestre 2024, con 19,8 miliardi di euro, vede una forte attenuazione del calo su base tendenziale (-4,9%) e congiunturale (-3%).

Nel complesso le percezioni degli operatori confermano un progressivo allentamento dei criteri di offerta sui finanziamenti alle famiglie adottati dalle banche nel corso del 2024 relativamente all’acquisto di abitazioni. Il Rapporto fornisce anche una vista aggiornata della quota di nuclei che dichiara di avere difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo, che oggi si attesta al 4,3% contro il 6% del 2023 e il 7,5% del 2022. 

Contemporaneamente, diminuisce anche la quota di famiglie che teme di poter incontrar difficoltà nel pagamento della rata del mutuo nei prossimi 12 mesi. Questo dato non rappresenta una dimensione della reale impossibilità di ripagare regolarmente le rate quanto, piuttosto, il timore di non riuscire a far fronte agli impegni assunti.

Il commento degli esperti

Alla presentazione del 17° Rapporto sull’Abitare era presente anche il direttore del Centro Studi di Confindustria, Alessandro Fontana, che ha fornito un punto di vista molto interessante: “Spesso problema dell’abitare è dato dallo squilibrio tra mercato immobiliare e mercato del lavoro, non sempre i prezzi adeguati ai salari e spesso la domanda di lavoro non viene soddisfatta, il che rischia di impedire di creare mobilità di lavoratori non solo interna, ma anche esterna”. 

Luca Dondi, consigliere esecutivo di Nomisma, ha posto l’accento sulla centralità dell’housing: “La casa è diventata ormai un elemento centrale per la crescita del Paese, sia in termini di inclusività che di competitività. Anche Confindustria è approdata a questa consapevolezza, la casa è un vero e proprio è fattore di produzione e su di essa si gioca una parte importante della competitività del Paese”. 

Per Dondi è necessario “lavorare sull’accessibilità alla casa, altrimenti non avremo la forza lavoro da investire nel settore. Anche l’università è un tema connesso, se gli studenti non hanno accesso ad affitti sostenibili, tutto questo si ripercuote sulle scelte delle università. Oggi la casa rappresenta un ostacolo che induce a differire scelte che potrebbero essere più mature di quanto pensiamo, che portano giovani famiglie a pensare che non possono permettersi un figlio al livello economico”.

Inoltre, Dondi aggiunge anche che “i dati sui rifiuti bancari sono fuorvianti, spesso c’è una domanda non manifesta, perché si è consapevoli di non potervi accedere. Dovrebbe esserci un’ansia spasmodica di recuperare al mercato della locazione parte del patrimonio abitativo che oggi è in mano ai proprietari, abbiano una straordinaria disponibilità in mano ai proprietari che però non trovano sbocco sul mercato. Una parte residuale finisce nel mercato degli affitti brevi e un’altra rimane in mano ai proprietari perché non ci sono meccanismi di fiducia verso la locazione”.

Per Dondi ci troviamo di fronte a un paradosso: “la domanda per gli affitti è a massimi storici, i dati sulla morosità sono in miglioramento, ma ci troviamo a fare i conti con la riduzione numero contratti di locazione abitativa, la domanda monta e l’offerta langue e questo dipende dall’attitudine dei proprietari. Credo che l’approccio muscolare non paghi, si parla di limitare gli affitti brevi ma non dedichiamo energie a immaginare iniziative di defiscalizzazione, andrebbero introdotte garanzie per la proprietà privata che deve tornare a essere uno dei pilastri di mercato della locazione”.

Al termine della presentazione del report, è andato in scena un talk a cui hanno partecipato Francesca Brunori (Direttore Area Credito e Finanza Confindustria), Carlo Cerami (Vice Presidente per la Residenza e la Rigenerazione urbana Assoimmobiliare), Andrea Cuccello (Segretario Confederale Politiche Abitative CISL), Simone Gamberini (Presidente Legacoop Nazionale e Copresidente Alleanza delle Cooperative italiane) e Andrea Tobia Zevi (Assessore al patrimonio e alle politiche abitative Comune di Roma).

Dal dibattito è emerso un punto condiviso da tutti i partecipanti: la necessità di un partenariato pubblico-privato, innescando un processo che tenga in considerazione anche la necessità di garantire una redditività ai players. Il tutto supportato da politiche per indurre soggetti che hanno patrimonio da investire, per puntare sulla costruzione di edifici a canone accessibile. In questo contesto, la direttiva sulle case green può essere una spinta anche per la rigenerazione urbana.

Fonte: Idealista.it