Legge di Bilancio 2024, tutte le novità in arrivo sulla casa

La Manovra sarà votata entro il 30 dicembre

Manovra 2024 in dirittura d’arrivo. Lunedì notte è stato approvato dalla Commissione Bilancio del Senato il testo con gli emendamenti alla legge di Bilancio, che approderà al voto di fiducia a Palazzo Madama venerdì prossimo per poi essere mandato alla Camera entro il 30 dicembre. Numerose le modifiche al testo originario; vogliamo qui focalizzarci su quelle relative alla casa, all’Imu, agli affitti e al territorio. Ecco le principali novità contenute nella Manovra di Bilancio 2024.

  1. No alla proroga del Superbonus nel 2024
  2. Affitti brevi, doppia cedolare secca
  3. Contrasto al disagio abitativo
  4. Fondo mutui prima casa per famiglie numerose
  5. Aliquote Imu, più tempo per i Comuni
  6. Assicurazioni contro le calamità naturali
  7. Ponte sullo Stretto
  8. Alle Regioni 205 milioni di euro
  9. Capitale di arte contemporanea

No alla proroga del Superbonus nel 2024

Nessuna proroga per il Superbonus nella legge di Bilancio. Nonostante le pressioni da Forza Italia per salvare i lavori in corso nei condomini, la scelta del Governo è di eliminare quella fonte di costi eccessivi identificata negli incentivi del Superbonus 110, che probabilmente saranno esclusi anche dal Decreto Milleproroghe. Per quanto riguarda i condomini con i lavori in ritardo, che finiranno nel 2024, la detrazione scenderà dal 110 al 70 per cento.

Affitti brevi, doppia cedolare secca

Per quanto riguarda gli affitti brevi, altra spinosa questione, la quadra trovata dalla Legge di Bilancio consiste nello sdoppiamento dell’aliquota: 21 per cento per chi affitta un solo appartamento, 26 per cento, a partire dal secondo appartamento, per chi ne affitta più di uno. Resta l’obbligo di dotarsi di Codice Identificativo Nazionale per chi è titolare di attività di affitto breve, da esporre nei locali e negli annunci, sia cartacei che online.

Contrasto al disagio abitativo

Cento milioni saranno stanziati dalla Legge di Bilancio 2024 per il contrasto al disagio abitativo. Tali risorse, ha spiegato la sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, “verranno utilizzate per elaborare modelli sperimentali di edilizia residenziale pubblica. Le azioni di contrasto al disagio abitativo saranno supportate anche dal lavoro della Cabina di Regia sulla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, da me presieduta al Ministero dell’Economia e Finanze, grazie alle indicazioni che verranno elaborate dal programma nazionale”.

Fondo mutui prima casa per famiglie numerose

Il Fondo di Garanzia per i mutui prima casa viene aperto alle famiglie numerose con reddito medio-basso. Possono accedere al fondo le famiglie con tre figli sotto i 21 anni e un Isee non superiore a 40.000 euro, le famiglie con quattro figli di età inferiore a 21 anni con Isee fino a 45.000 euro e quelle con cinque o più figli sotto 21 anni e con un Isee non superiore a 50.000 euro. La garanzia del Fondo è rilasciata nella misura massima dell’80 per cento della quota capitale nei casi di famiglie con tre figli, dell’85 per cento della quota capitale per i nuclei con quattro figli e del 90% nel caso di famiglie con cinque o più figli.

Aliquote Imu, più tempo per i Comuni

La Legge di Bilancio 2024 concede più tempo ai Comuni per decidere le aliquote Imu, per il solo 2023. Le relative delibere devono essere pubblicate entro il 15 gennaio 2024. L’eventuale differenza a saldo andrà versata entro il 29 febbraio 2024 senza applicazione di interessi e sanzioni. La misura si è resa necessaria per sanare la posizione di 211 Comuni ritardatari.

Assicurazioni contro le calamità naturali

Nella Legge di Bilancio si introduce una norma legata alle catastrofi naturali, con cui ormai tocca fare i conti periodicamente. Il Ministero dell’Economia e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy definiranno gli eventi calamitosi e catastrofali per i quali le imprese possono chiedere indennizzi alle assicurazioni. D’altro canto vengono dimezzate le sanzioni per le imprese di assicurazione che eludono l’obbligo di contrarre polizze contro il rischio calamità. La sanzione amministrativa, che nel testo originale del ddl di bilancio è compresa tra 200.000 e un milione di euro, diventa compresa tra 100.000 e 500.000 euro.

Ponte sullo Stretto

Il Ponte sullo Stretto resta una priorità in Manovra 2024, con un finanziamento di circa 2,3 miliardi di euro, attinto dal Fondo sviluppo e coesione per la programmazione 2021-2027. La norma prevede che l’autorizzazione di spesa per finanziare la realizzazione del Ponte, inizialmente pari a 11,63 miliardi fino al 2032, scenda a 9,312 miliardi. I 2,318 miliardi mancanti vengono coperti per 718 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione “sulla quota afferente alle amministrazioni centrali”. I restanti 1,6 miliardi arrivano sempre dal Fondo per lo sviluppo e coesione ma “sulle risorse indicate per le Regioni Sicilia e Calabria”.

Alle Regioni 205 milioni di euro

Per coprire i maggiori costi derivanti dall’aumento dei prezzi dell’energia negli anni 2022 e 2023, alle Regioni a statuto ordinario la Manovra di Bilancio 2024 riconosce un contributo pari a 100 milioni di euro per il 2024 che sarà ripartito secondo modalità stabilite dalla Conferenza delle Regioni. A fronte di tale contributo, che aumenta la capacità di spesa corrente, le Regioni a statuto ordinario rinunciano però a complessivi 250 milioni di spese per investimenti, che hanno un diverso profilo di impatto sull’indebitamento netto. In questo modo si ottiene la neutralità per il bilancio pubblico. Per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale arrivano altro 105 milioni di euro, erogati per compensare gli effetti del primo modulo della riforma Irpef sulla compartecipazione.

Capitale di arte contemporanea

Infine, secondo la Legge di Bilancio 2024, il Consiglio dei ministri conferirà annualmente il titolo di Capitale italiana dell’Arte contemporanea ad una città italiana, sulla base di un’apposita procedura di selezione definita dal Ministero della cultura. Alla città vincitrice del titolo verrà attribuita la somma di 1 milione di euro.

Fonte: Idealista.it

Istat: nel III trimestre i prezzi delle case su dell’1,8% su base annua

I costi delle abitazioni nuove aumentano dell’8%

Nel terzo trimestre 2023 torna ad accelerare la dinamica tendenziale dei prezzi delle abitazioni, alimentata soprattutto dall’andamento dei prezzi delle case nuove, che aumentano dell’8% su base annua. I prezzi delle abitazioni esistenti crescono, invece, solamente dello 0,5%. Il numero di immobili compravenduti continua a diminuire su base tendenziale, proseguendo la fase di discesa iniziata già dalla fine dell’anno 2022. Lo ha reso noto l’Istat.

Secondo le stime preliminari, nel terzo trimestre l’indice dei prezzi delle abitazioni, Ipab, acquistate dalle famiglie per fini abitativi o per investimento rimane stabile rispetto al trimestre precedente e aumenta dell’1,8% nei confronti dello stesso periodo del 2022 (era +0,6% nel secondo trimestre 2023).

La crescita tendenziale dell’Ipab è da attribuirsi soprattutto ai prezzi delle abitazioni nuove che aumentano dell’8%, in forte accelerazione rispetto al trimestre precedente (+0,5%). Per contro, i prezzi delle abitazioni esistenti salgono dello 0,5%, facendo registrare una lieve decelerazione rispetto al secondo trimestre (+0,7%).

Questi andamenti si registrano in un contesto di marcata riduzione dei volumi di compravendita: -10,4% la variazione tendenziale registrata nel terzo trimestre 2023 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale, da -16,0% del trimestre precedente.

La stabilità dell’indice Ipab su base congiunturale è la sintesi di dinamiche di segno opposto tra i prezzi delle abitazioni nuove che aumentano dell’1,6% e quelli delle abitazioni esistenti che diminuiscono dello 0,4%, (era +1,8% nel secondo trimestre 2023).

In media, nei primi tre trimestri del 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, i prezzi delle abitazioni aumentano dell’1,2%, con quelli delle abitazioni nuove che fanno registrare +4,5% e quelli delle abitazioni esistenti che crescono dello 0,5%.

Il tasso di variazione acquisito dell’Ipab per il 2023 è pari a +1,3% (+4,7% per le abitazioni nuove e +0,6% per le abitazioni esistenti).

Fonte: Idealista.it

Scopri le idee per arredare la tua mansarda anche con pochi soldi

Non c’è niente di più bello che crearsi i propri spazi: la mansarda è spesso silenziosa e tranquilla, ecco come arredarla low-cost.

Riqualificare una mansarda può sembrare una sfida, soprattutto quando il budget è limitato. Tuttavia, con un pizzico di creatività e alcuni consigli pratici, è possibile trasformare questo spazio, che spesso è inutilizzato, in una stanza abitabile senza spendere molto. Visto che i mobili possono davvero fare la differenza, ecco come arredare una mansarda con pochi soldi.

  1. Sfrutta al meglio tutto lo spazio disponibile in mansarda
  2. Cosa fare con gli angoli bassi della mansarda
  3. Riutilizza ciò che già hai in casa per arredare

Sfrutta al meglio tutto lo spazio disponibile in mansarda

Arredare una mansarda senza ristrutturare conviene quando è possibile creare una stanza funzionale, come una camera da letto o uno studio. L’uso intelligente di mobili su misura e soluzioni salvaspazio è fondamentale. Ad esempio, optare per armadi e scaffalature che seguano il contorno del soffitto inclinato non solo consente di sfruttare ogni angolo, ma aggiunge anche un tocco distintivo all’ambiente.

Se vuoi risparmiare sull’acquisto di mobili su misura, potrai sempre acquistare mobili per camerette in fantasie abbastanza semplici: così facendo potrai evitare di pagare sovrapprezzi per l’unicità della tua richiesta.

L’illuminazione, poi, gioca un ruolo chiave: privilegiare luci soffuse e punti luce direzionabili può migliorare notevolmente la percezione dello spazio. Aggiungere specchi in punti strategici contribuisce a riflettere la luce naturale e a coprire i punti che non verranno arredati.

arredare la mansarda con pochi soldi

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Cosa fare con gli angoli bassi della mansarda

Le pareti basse della mansarda possono sembrare spazi difficili da arredare, ma in realtà nascondono un grande potenziale. Un primo suggerimento è quello di utilizzare queste aree per creare angoli di lettura o zone relax, dove una poltrona bassa e una lampada da terra possono trasformare lo spazio a costo quasi zero.

Nell’angolo basso, infine, ti basterà un piccolo sostegno dove tenere i tuoi libri o il tuo giradischi per vinili e con la semplice aggiunta di un cuscino avrai un nuovo posto dove rilassarti dopo il lavoro.

In alternativa, gli angoli bassi possono essere utilizzati come luoghi dove conservare le tue cose. Pensa a cassetti estraibili o armadi a giorno ottimizzando ogni centimetro disponibile. Anche con il fai-da-te, poi, potresti creare delle piccole nicchie che si chiudono all’occorrenza con porte.

Riutilizza ciò che già hai in casa per arredare

Mobili multifunzionali e soluzioni fai-da-te possono trasformare questo spazio in un ambiente accogliente e personalizzato. Per esempio, i pallet di legno possono essere facilmente convertiti in letti, divani o tavolini, aggiungendo un tocco rustico e originale. Inoltre, l’utilizzo di contenitori e scatole impilabili permette di organizzare al meglio lo spazio, mantenendo l’ordine e la pulizia.

Un altro aspetto da considerare è l’illuminazione. Lampade da terra e luci a sospensione sono scelte ideali per le zone più basse, mentre le luci LED possono essere installate lungo le travi per creare un’atmosfera calda e accogliente, sopperendo all’arredamento.

Non sottovalutare, infine, il ruolo di mercatini e pezzi d’arredamento vintage.Sicuramente in casa hai mobili e complementi d’arredo che con un piccolo restauro riescono perfettamente ad adattarsi sia a stili classici sia a stili moderni, come ad esempio nel canone shabby chic.

Puntare sul vintage è infatti sempre più comune: vecchi poster o tappeti in colori sgargianti possono dare una sensazione di accoglienza all’ambiente, trasformando un luogo inutilizzato in una stanza da vivere tutti i giorni.

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Fonte: Idealista.it

Tassi Bce confermati al 4,5 per cento. Le conseguenze sui mutui casa

Il sentiment degli economisti è per un taglio dei tassi non prima di giugno. Il parere sui mutui di idealista/mutui

Restano fermi i tassi di interesse Bce. La Banca Centrale Europea ha confermato la decisione presa lo scorso settembre, lasciando invariati i tre tassi di interesse principali, lasciando in particolare i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%. Cosa accadrà all’economia e soprattutto ai mutui casa? Ecco i commenti degli esperti e le valutazioni di idealista/mutui sui finanziamenti per la casa.

  1. Tassi Bce invariati, le motivazioni
  2. Tassi Bce invariati: le conseguenze sui mutui secondo idealista
  3. Tassi Bce, quanto costa oggi un mutuo da 150 mila euro
  4. Quando la Bce taglierà i tassi di interesse
  5. Calendario Bce, quando potranno scendere i tassi?

Tassi Bce invariati, le motivazioni

“Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine, – si legge nella nota della Bce che reca le motivazioni alle decisioni di politica monetaria. – In base alla sua attuale valutazione, esso ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”.

Insomma, secondo l’istituto di Francoforte il livello attuale dei tassi di interesse è adatto al periodo, né sono state fornite indicazioni su quando avverranno variazioni, in un senso o nell’altro, dei tassi di riferimento.

L’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo, – spiega inoltre la Bce. – Secondo le ultime proiezioni per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema, dovrebbe ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025. Nell’insieme gli esperti si attendono che

l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026.

Rispetto all’esercizio di settembre, sono state riviste al ribasso le proiezioni per il 2023 e soprattutto per il 2024”.

Tassi Bce invariati: le conseguenze sui mutui secondo idealista

“La riunione odierna della BCE non è stata una sorpresa e ha mantenuto il messaggio delle ultime settimane, confermando che la priorità è riportare l’inflazione al suo livello-target e che non è ancora certo quando questo obiettivo sarà raggiunto, – osserva Fabio Femiani, responsabile mutui di idealista per l’Italia. – Le incertezze geopolitiche, il costo dell’energia e il suo impatto sia sull’industria che sui consumi, così come il livello di occupazione e le pressioni salariali, non sembrano dare segnali che facciano intravedere la fine di questa fase e, sebbene l’inflazione sia a livelli molto più bassi di quelli visti solo un anno fa, questo tratto finale di aggiustamento potrebbe durare più del previsto”.

Secondo quanto affermato da idealista/mutui, il fatto che la BCE abbia mantenuto invariati i tassi di interesse e non abbia chiarito chiaramente quando inizieranno i tagli fa prevedere un periodo di stabilità sia per l’Euribor che per le condizioni di finanziamento.

“Probabilmente vedremo come l’Euribor non avrà un grande movimento verso il basso, anche se non ci si aspetta che cresca oltre i livelli visti all’inizio dell’autunno.

Si tratta indubbiamente di una cattiva notizia per i mutuatari a tasso variabile, che continueranno a vedere le rate dei loro mutui molto più alte di quelle di cui godevano 12 mesi fa”, conclude Femiani.

Secondo Juan Villén, direttore generale di idealista/mutui, “Il volume di nuovi contratti di mutuo non aumenterà, al massimo rimarrà ai livelli del 2023. Probabilmente ci saranno ancora molte surroghe per i mutui esistenti, ma i nuovi contratti di finanziamento per l’acquisto di case non cresceranno. Inoltre, tassi di interesse elevati spingono i consumatori a cercare di ridurre l’importo del mutuo per pagare meno interessi, quindi è possibile che vedremo l’importo medio, e di conseguenza l’importo totale formalizzato, in calo. A ciò si aggiunge l’incertezza economica che rende le banche più conservative nell’analisi del credito, traducendosi in importi finanziati per operazioni inferiori, con un rapporto di finanziamento sul prezzo di acquisto (LTV) più basso.

Tassi Bce, quanto costa oggi un mutuo da 150 mila euro

Il fatto che la Bce abbia lasciato i tassi invariati non è una buona notizia per le tasche degli italiani, soprattutto per coloro che hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile e che vedranno comunque i mutui diventare più cari. Secondo il Codacons, gli italiani continuano a pagare il conto dei continui aumenti delle rate mensili scattati negli ultimi due anni, al punto che per un mutuo a tasso variabile di importo medio la maggiore spesa si attesta a quasi +4.400 euro annui. Lo afferma il Codacons, commentando la decisione odierna della Bce.

Considerata una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro, per una durata di 25 anni, ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, la rata mensile è salita complessivamente negli ultimi due anni tra i +270 e i +365 euro per effetto di tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea a partire dal 2022 – analizza il Codacons – Questo significa che una famiglia che ha acceso un mutuo a tasso variabile si ritrova a spendere oggi in media tra i +3.240 e +4.380 euro all’anno rispetto a quanto pagato nel 2021 come conseguenza delle politiche monetarie imposte della Banca Centrale Europea.

“Le famiglie italiane fanno sempre più fatica a pagare le rate del mutuo – denuncia il presidente Carlo Rienzi – Basti pensare che nel 2023 sono circa 200mila i nuclei che hanno saltato una o più rate del mutuo a tasso variabile, proprio a causa dei costanti rialzi dei tassi che impattano come un macigno sulle tasche dei cittadini”. 

Quando la Bce taglierà i tassi di interesse

Il sentiment degli economisti è in generale per un taglio dei tassi Bce che avverrà non prima di giugno 2024. Fino ad allora le condizioni dell’inflazione e dell’economia saranno tali da far mantenere all’istituzione guidata da Christine Lagarde un atteggiamento di prudente attendismo, anche in scia alle decisioni delle altre banche centrali mondiali, in particolare della Fed.

“Con gli ultimi dati flash sull’inflazione di novembre fortemente al di sotto delle aspettative e un’inflazione complessiva vicina alla soglia del 2%, la BCE si trova di fronte a una crescente conferma dei cambiamenti nella disinflazione, – osserva  Gurpreet Gill, Macro Strategist Global Fixed Income, Goldman Sachs Asset Management. “Considerando lo slancio ribassista sia dell’attività che sull’inflazione,

prevediamo che la BCE inizierà a tagliare i tassi a giugno, probabilmente allineandosi con l’inizio del ciclo di tagli della Fed. Prevediamo successive riduzioni dei tassi dello 0,25% a settembre e dicembre.

Tuttavia, i rischi sono orientati verso ulteriori misure di allentamento nel 2024 se la disinflazione dovesse prendere piede o se l’economia dovesse scivolare verso la recessione”.

“A meno di sorprese al rialzo dell’inflazione, non vedremo altri rialzi dei tassi in questo ciclo né da parte della Fed né da parte della Bce, – aggiunge  Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS. – Riteniamo essenziale che le autorità monetarie mostrino particolare attenzione alla loro comunicazione d’ora in poi, per cercare di evitare che i mercati finanziari prezzino un numero eccessivo di tagli dei tassi nei prossimi 12 mesi”.

“Le proiezioni macroeconomiche probabilmente non saranno così dovish come i mercati si aspettano, – osserva Tomasz Wieladek, Chief European Economist di T. Rowe Price.–  La recente debolezza dei beni e servizi core nell’inflazione armonizzata dell’Eurozona di novembre potrebbe non essere stata inserita nelle proiezioni, dato che questi dati sono stati rilasciati diversi giorni dopo il probabile cut off dei dati, è plausibile che anche le proiezioni sull’inflazione a breve termine non saranno così basse come i mercati si aspettano. Per quanto riguarda la proiezione dell’inflazione a medio termine, tutti i dati in arrivo suggeriscono che questa dovrebbe essere del 2% o superiore. Infine, per quanto riguarda le proiezioni del Pil reale, è molto probabile che uno dei maggiori shock macroeconomici del 2024, la contrazione fiscale tedesca di 15-25 miliardi di euro, non verrà incluso nelle previsioni che verranno presentate domani. Tuttavia, i deboli dati dell’inflazione e i rischi per le prospettive dell’attività reale saranno evidenziati nella conferenza stampa che la Lagarde terrà dopo il meeting.

 Calendario Bce, quando potranno scendere i tassi?

Ecco il calendario delle prossime riunioni Bce durante le quali l’istituto di Francoforte potrebbe decidere nuove variazioni nei tassi di interesse:

  • 25 gennaio 2024
  • 7 marzo 2024
  • 11 aprile 2024
  • 6 giugno 2024
  • 18 luglio 2024
  • 12 settembre 2024

Fonte: Idealista.it

Cosa si mangia a Natale in Italia da Nord a Sud

Ogni regione italiana ha le sue tradizioni a tavola per la cena della Vigilia o il pranzo di Natale: ecco le principali ricette.

Quando si avvicina il periodo natalizio, l’Italia si mette a tavola. Sono molte le tradizioni culinarie che riflettono la ricchezza culturale e gastronomica del Paese. Ogni regione, con le sue peculiarità e i suoi sapori, contribuisce a diversificare i piatti tipici delle feste di Natale. Scopri, allora, quali sono i principali cibi natalizi nelle diverse regioni italiane.

  1. Cosa si mangia al Nord a Natale
  2. I piatti tipici del Centro Italia a Natale
  3. Cosa si mangia a Natale al Sud
  4. Le tradizioni di Natale in Sicilia e Sardegna
  5. Cosa mangiano le famiglie italiane a Natale?

Cosa si mangia al Nord a Natale

La cucina delle varie regioni del Nord è molto diversificata e, salvo alcune eccezioni, il pranzo di Natale è principalmente a base di carne. Il Piemonte, offre, ad esempio, il bollito misto, ma anche il vitello tonnato, gli agnolotti del plin come primo immancabile e un ottimo brasato al barolo. Salendo un po’ più a Nord, verso la Valle d’Aosta, sono invece più popolari le zuppe e il buonissimo Lardo di Arnad.

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Vitello tonnato – cyclonebill from Copenhagen, Denmark, CC BY-SA 2.0Wikimedia commons

In Lombardia le paste ripiene sono le protagoniste della tavola: molto popolari sono i tortelli di zucca, soprattutto a Mantova e dintorni, o i casoncelli alla bergamasca. Il dolce tipico è naturalmente il panettone, simbolo del Natale a Milano.

Il Veneto è una regione molto vasta e, per questo, i piatti tipici cambiano da zona a zona. In linea di massima sono molto popolari i piatti di pesce (di mare o d’acqua dolce). In particolare, sono immancabili le sarde in saor o il baccalà alla vicentina. Il quadro del Nord-Est si completa con l’ottima cucina del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia. Nel primo caso sono immancabili i canederli o il gulash alla trentina, nel secondo gli gnocchi di Montasio, gli stufati e la Gubana, un dolce ripieno di noci, uvetta e pinoli.

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Baccalà alla vicentina – Palickap, CC BY-SA 4.0 Wikimedia commons

Infine la Liguria, regione bagnata dal mare che, però, preferisce piatti di carne per Natale. I ravioli al tocco e i Natalini in brodo di cappone sono imperdibili. Per secondo, invece, spazio al pandolce e ai ravioli con ripieno di marmellata.

I piatti tipici del Centro Italia a Natale

Scendendo verso il Centro Italia è impossibile non menzionare l’Emilia-Romagna, rinomata per la sua gastronomia ricca e variata, che durante il periodo natalizio si arricchisce di piatti tradizionali da scoprire e assaporare. La regione è conosciuta per l’ottima offerta di primi piatti, come ad esempio tortellini e cappelletti, ideali per scaldarsi anche quando fa freddo.

Tortellini in brodo popolarissimi anche in Toscana, che per secondo preferisce arrosto misto o, per le zone vicino al mare, il cacciucco di pesce. Da mare a mare si arriva nelle Marche, dove il cappone è utilizzato per primo e per secondo. Tartufo e olive all’ascolana sono invece protagonisti dell’antipasto.

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Cacciucco – Haydn Blackey from Cardiff, Wales, CC BY-SA 2.0Wikimedia commons

Ricchissima anche la gastronomia umbra, dove si combatte il calo delle temperature con robusti sughi di cinghiale o di carne in generale. Ma cosa si mangia il 25 dicembre? Popolari gli spaghetti alla nursina, le costolette panate o cacciagione. Per concludere il pranzo, non può assolutamente mancare il Panpepato.

Da nord a sud, il Lazio ha tradizioni gastronomiche molto radicate per Natale e per le festività in genere. Le materie prime non mancano e, per questo, realizzare le ricette tradizionali sarà semplice. Come antipasti vince il baccalà in umido o fritto. Per primo, invece, c’è chi punta sulla carne, con i cappelletti in brodo di cappone o sul pesce, con spaghetti alle vongole. Parlando di secondi, è popolarissimo l’abbacchio al forno, ma anche la frittura di pesce, soprattutto alla vigilia. 

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Tortellini – Nerodiseppia, CC BY-SA 3.0 Wikimedia commons

Cosa si mangia a Natale al Sud

La cena della Viglia e il pranzo di Natale sono momenti molto importanti da trascorrere in famiglia. Ma cosa si mangia al Sud? Il menu della tradizione campana prevede tantissimi antipasti, come ad esempio la pizza di scarola. Fra i primi bisogna menzionare gli spaghetti con le vongole e, per secondo, pesce fritto come alici, capitone o baccalà. A Napoli, invece, ampio spazio da dedicare ai dolci tipici, con struffoli, roccocò e mostacciuoli. Per il pranzo di Natale, invece, si punta su piatti a base di carne, come una minestra di verdure, pasta al forno, lasagna o sartù di riso.

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Struffoli – Steve-081, Public domainWikimedia commons

Anche in Abruzzo si mangia tendenzialmente pesce alla vigilia e un rinfrancante brodo di carne il giorno di Natale. Nel vicino Molise, invece, si va dalla zuppa di triglie ai maccheroni al cavolfiore, concludendo con la cicerchiata per dolce. 

In Basilicata è centrale la frittura, principalmente di pesce, mentre fra i primi da mettere a tavola a Natale sono immancabili gli strascinati al ragù. Il tutto, naturalmente, all’insegna di un buon peperone crusco.

Spostandosi in Puglia, dove la vicinanza al mare si sente molto nel menu tipico. A Bari non mancano i fritti e i crudi di pesce, mentre nella zona di Lecce è delizioso l’agnello al forno con patate. Mettono tutti d’accordo le cartellate, ovvero un dolce tipico al miele.

Nella terra del peperoncino, ovvero la Calabria, un ruolo centrale è ricoperto da salumi e formaggi. Per primo non può mancare un ottimo spaghetto con le alici e, a seguire, lo stoccafisso con le patate.

Le tradizioni di Natale in Sicilia e Sardegna

La Sicilia, isola di sole e di mare, è anche terra dove la cucina natalizia affonda le sue radici in una storia ricca. Molto popolare è la pasta al forno (ncaciata), sempre presente la ricotta, il baccalà in pastella fritto e il cosiddetto “falso magro”, ovvero un rotolo ripieno di carne e formaggio.

Naturalmente i dolci ricoprono un ruolo centrale, che cambiano da zona a zona. Da provare il buccellato, dolci con i fichi secchi, la cassata, mostaccioli, e delizie ripiene di crema, ricotta o cioccolato. La cena o il pranzo non può che chiudersi con un ottimo sorso di vino passito.

Imperdibili anche le tradizioni natalizie sarde dove l’abbondanza di materie prime genera l’imbarazzo della scelta. Fra i primi ci sono i ravioli, chiamati in modo differente a seconda della zona, ma anche gli gnocchetti con sugo d’agnello. Per chi non può fare a meno del mare, ottima è la fregola con i frutti di mare. Per secondo, invece, non c’è niente di meglio che condividere un ottimo porceddu.

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Cassata – Dedda71, CC BY-SA 3.0Wikimedia commons

Cosa mangiano le famiglie italiane a Natale?

Chiedersi qual è il piatto tipico di Natale in Italia è davvero difficile, dato che le tradizioni differiscono da regione a regione. Tuttavia, al di là delle differenze territoriali, sono sempre impiegate le materie prime del luogo, come ad esempio salumi, pesce o legumi, come le immancabili lenticchie. In molte regioni è poi popolare carne come cappone, cotechino o zampone.

Tra i primi, le paste ripiene come i tortellini spopolano e per dolce, al di là del torrone e dolci regionali, vige sempre l’eterna lotta fra Panettone e Pandoro, i quali non possono mai mancare in casa.

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Fonte: Idealista.it

Vivere da soli diventa un lusso: l’affitto di un monolocale costa il 33% in più rispetto a una stanza

Vivere da soli è ormai diventato un lusso; sebbene, spesso, spinti dalla ricerca di stili di vita differenti, da una maggiore autonomia e privacy, si decida di cercare casa in affitto da soli, questa scelta non è sempre sostenibile per le tasche di un “single” italiano. Infatti, da uno studio condotto da idealista, portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia, emerge come l’affitto di un monolocale costi il 33% in più rispetto alla locazione di una stanza in un appartamento condiviso con altre persone.

L’affitto medio di una stanza in Italia a novembre è di 450 euro, contro i 600 euro che bisogna mettere in conto per prendere in affitto un monolocale, ovvero il 33% in più. Dal report emerge, inoltre, che entrambe le tipologie immobiliari sono diventate più costose negli ultimi 12 anni: i prezzi dei monolocali sono aumentati del 20%; mentre le richieste dei proprietari di stanze in appartamenti condivisi sono cresciute del 13% in un anno.

Dall’analisi delle 106 province italiane, si evidenzia come siano prevalenti (86) le aree con una maggiore differenza di prezzo tra monolocali e stanze. Le maggiori variazioni spettano a Genova, dove i monolocali costano il 127% in più delle camere, Venezia (111%) e Trieste (100%). Al contrario, Massa Carrara (-13%) è la provincia italiana in cui la differenza di prezzo tra monolocali e stanze favorisce di più quest’ultima tipologia abitativa: i monolocali, infatti, costano il 13% in meno rispetto alle stanze. La stessa dinamica avviene in altre 5 province: Asti (-6%), Crotone (-5%), Torino (-4%), Lodi (-3%) e Alessandria (-2%).

Passando alle due principali province italiane, notiamo come Roma segua la tendenza italiana con un affitto dei monolocali che è superiore del 40% rispetto all’affitto di una stanza; mentre a Milano questa differenza di prezzi si assottiglia: i monolocali costano solo il 9% in più rispetto alle stanze.

Per quanto riguarda i capoluoghi, notiamo come, spesso, non sia possibile confrontare i due prodotti immobiliari (monolocali e stanze), in quanto i monolocali non sono una tipologia comune in molti capoluoghi italiani. Lo stesso avviene per il segmento relativo alle stanze in affitto, la cui offerta è minore nelle città meno attrattive per studenti e giovani lavoratori. La tendenza cittadina segue quella provinciale: in 81 capoluoghi gli affitti dei monolocali superano notevolmente quelli delle stanze. Il divario si fa maggiore a Venezia, dove i monolocali sono più cari del 144%, seguono Pisa (125%), Mantova (100%), Genova (97%), Bari (92%), Bolzano (89%), Cagliari e Firenze (88%). Con una differenza di prezzo pari a oltre il 10% troviamo altri 65 capoluoghi compresi tra l’82% di Catania ed il 13% di Milano e Lecco, le due città con variazioni meno pronunciate. Anche a Roma (47%) lo scarto è elevato e superiore alla media nazionale.

Evoluzione dei monolocali

Genova (86%) è la città dove il prezzo dei monolocali è aumentato di più rispetto allo stesso periodo del 2022. Seguono Trieste (54%), Imperia (43%), Olbia (36%) e Pisa (35%).

Di contro, in 20 città i prezzi dei monolocali sono diminuiti, con i ribassi più forti che si concentrano a Campobasso (-47%), Rieti (-44%) e Trento (-30%). In tutti i grandi mercati cittadini, si registrano aumenti: Torino (18%), Venezia (17%), Napoli (14%), Milano e Palermo (13%), Roma (8%) e Firenze (7%).

Sul fronte dei prezzi, Venezia presenta i monolocali più costosi d’Italia, con una media di 990 euro al mese. La seguono Milano, con 900 euro al mese, Bolzano (850 euro/mese), Bologna (800euro/mese), Firenze (750 euro/mese) e Roma (700 euro/mese).  Le città più economiche per l’affitto di un monolocale sono Campobasso (240 euro/mese) e Cosenza (250 euro/euro).

Evoluzione delle stanze

La città in cui i prezzi delle camere sono cresciuti di più nell’ultimo anno è Padova, con un aumento del prezzo del 60%, seguita da Trieste (57%), Savona e Brescia (in aumento entrambe del 52%) e Bolzano (50%). Tra i grandi centri italiani, i prezzi delle stanze sono in aumento a Roma (36%), Bologna e Cagliari (23%), Venezia (19%), Milano (13%), in linea con la variazione nazionale e Napoli (9%). Torino (-36%) è il capoluogo in cui, mediamente, i prezzi di affitto delle stanze sono calati di più negli ultimi 12 mesi.

Milano è la città più cara in cui affittare una stanza, con 795 euro al mese di media. Seguono Brescia (525 euro/mese) e Roma (475 euro/mese). Mentre, gli affitti delle stanze più convenienti si trovano a Cosenza (170 euro/mese) e Potenza (200/mese).

Fonte: Idealista.it

Case green, le novità della direttiva: cosa prevede l’accordo

Il testo su cui è stata raggiunta l’intesa sarà votato dalla commissione Itre il prossimo 23 gennaio

Giovedì 7 dicembre si è conclusa la trattativa tra le istituzioni europee sulla direttiva europea sulle case green iniziata lo scorso giugno. Parlamento, Consiglio e Commissione Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio su un testo relativo alla Energy performance of buildings directive (Epbd), che dovrà essere approvato e poi ufficialmente adottato da Parlamento e Consiglio Ue. Il testo sarà votato dalla commissione Itre il prossimo 23 gennaio.

Sul social network X, la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, ha scritto: “Complimenti al Parlamento e al Consiglio per avere raggiungo un accordo provvisorio sulla Epbd. Non è soltanto una importante cassetta degli attrezzi da utilizzare per le nostre ambizioni climatiche, ma anche un pacchetto di misure concrete per migliorare la vita dei nostri cittadini, abbassare le bollette energetiche e dare una spinta all’economia”.

Case green, gli obiettivi e le date della direttiva Ue

L’obiettivo della nuova direttiva europea sulle case green è tracciare un percorso per raggiungere un parco edifici neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Nell’incontro dello scorso 12 ottobre, durato quasi dodici ore, aveva prevalso una linea più morbida, arrivando all’eliminazione della norma che imponeva l’obbligo di intervenire sugli immobili entro determinate scadenze, mentre nell’incontro del 7 dicembre sono stati decisi gli obiettivi intermedi di risparmio di energia per l’intero patrimonio edilizio dei Paesi membri. 

In particolare, gli Stati dell’Unione europea dovranno garantire che gli edifici residenziali più inquinanti riducano il consumo medio di energia del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, gli edifici non residenziali del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. Il 55% della riduzione energetica dovrà essere raggiunto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori. Entro il 2030, inoltre, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblicil’obbligo scatterà a partire dal 2028.

Efficienza energetica

GTRES

Commentando l’accordo provvisorio raggiunto giovedì 7 dicembre, il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha scritto su X: “Sulla proposta di direttiva Ue ‘case green’ siamo arrivati al traguardo. Confedilizia ha cominciato a lanciare l’allarme su questa proposta proprio due anni fa. Per tutto questo periodo ci siamo battuti – tra scetticismo, accuse di ‘negazionismo’, attacchi da parte delle tante categorie interessate ai lavori e qualche ironia di presunti competenti – affinché un’impostazione ideologica e molto pericolosa per l’Italia fosse sostituita da un approccio realistico e di buon senso. La riunione del 7 dicembre ha confermato il cambio di rotta del 12 ottobre. Il risultato, quindi, è stato raggiunto. Bisogna sempre battersi, anche quando ci sono poche speranze di prevalere. Se si prevale, si gioisce. Altrimenti, si è soddisfatti lo stesso. Per essersi battuti”.

Case green, le altre ultime notizie

Il testo della direttiva europea sulle case green ha previsto anche la fine degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili entro il 2040, l’eliminazione dal 2025 di tutti gli incentivi per le caldaie autonome e l’obbligo di installare i pannelli solari solo sugli edifici pubblici, su quelli non residenziali di grandi dimensioni e su quelli nuovi.

Fonte: Idealista.it

OMI, ancora calo delle compravendite nel III trim 2023: -10,4%

Continua la contrazione del mercato immobiliare. Secondo la nota trimestrale dell’Osservatorio OMI dell’Agenzia delle Entrate, infatti, nel III trimestre dell’anno si è registrato un calo del 10,4% delle compravendite rispetto all’analogo periodo del 2022. In questo periodo sono state vendute 157 mila abitazioni, circa 18mila in meno rispetto allo scorso anno.

compravendite

Agenzia Entrate

A livello nazionale, le compravendite di abitazioni diminuiscono maggiormente nei comuni non capoluogo, dove il calo è del 10,8% (circa 13 mila abitazioni scambiate in meno rispetto al terzo trimestre 2022), ma subiscono una decisa flessione anche nei comuni capoluogo, -9,5%.

Rispetto al terzo trimestre del 2022, la diminuzione degli scambi è diffusa in tutte le aree del Paese, senza eccezioni. Al Nord Est e al Centro la variazione negativa è più marcata (rispettivamente -12,9% e -12,6%) mentre al Nord Ovest il calo si attesta a -10,3%, tasso trascinato dalle perdite registrate nei comuni non capoluogo (-11,1%).

Al Sud si registra un calo del 7,3% equamente distribuito tra comuni minori e comuni capoluogo (rispettivamente -7,2% e -7,5%). Nelle Isole, invece, si osserva la diminuzione più lieve, -6,3%. Le perdite più consistenti si registrano nei comuni non capoluogo del Nord Est con un tasso tendenziale negativo del 14,1%.

Compravendite per tagli dimensionali

La diminuzione degli scambi, come emerge dal confronto con lo stesso trimestre del 2022, coinvolge tutti i tagli dimensionali in special modo i tagli più grandi e risulta più accentuata al crescere della grandezza delle abitazioni.

In particolare, le abitazioni di taglio piccolo diminuiscono dell’8%, le abitazioni nella classe da 50 a 85 m2 hanno una variazione del -9,4%, quelle di taglio compreso tra 85 m2 e 115 m2diminuiscono del 10,6%, le abitazioni di taglio compreso tra 115 e 145 m2 subiscono una flessione pari a -11,7% e infine le grandi abitazioni, con superfici oltre i 145 m2 registrano un calo pari al 10,4%.

Nel dettaglio delle aree i cali, come per il complesso nazionale, risultano crescenti all’aumentare della grandezza delle residenze. Al Nord e nelle Isole il calo è elevato anche per gli alloggi di dimensioni più contenute.

Nuove abitazioni vs abitazioni esistenti

Nel III trim 2023 sono state acquistate circa 12.600 nuove abitazioni pari all’8,1% del totale delle abitazioni compravendute23. Rispetto all’omologo trimestre del 2022 si registra ancora una flessione, seppur meno evidente rispetto allo scorso trimestre, dei volumi di scambio di abitazioni di nuova costruzione, con un calo tendenziale che sfiora il 16%

Nel tempo si è avuto un calo di compravendite per le nuove abitazioni, con volumi che passano dalle quasi 26.000  stimate a inizio 2011, alle circa 14mila dell’ultima rilevazione trimestrale. Il calo, come dimostra la curva dei dati destagionalizzati, è stato più pronunciato fino al 2015, mostrando, negli anni successivi, una sostanziale stabilizzazione e una lieve crescita nel 2021 che continua nel 2022, e registra di nuovo una flessione all’inizio del 2023. 

La quota di scambi di nuove abitazioni è rimasta stabilmente vicina al 20% fino al quarto trimestre 2013, per poi diminuire lentamente e portarsi al di sotto del 10% dal 2019, risalita al 10,8% nel secondo trimestre del 2022, si è portata sotto il 10% neisuccessivi trimestri e risulta in rialzo, pari all’8,1%, nell’ultima rilevazione

Abitazioni nuove

Fonte: Idealista.it

Tra tassi di interesse alti, inflazione e Pnrr ecco come cambierà il settore delle costruzioni

I più recenti dati Istat sulle costruzioni mostrano una produzione stagnante a settembre e in calo nei primi nove mesi dell’anno. Il crollo  delle compravendite di abitazioni è un segnale di difficoltà delle famiglie di cui la politica deve tener conto. Il miglioramento della fiducia degli imprenditori edili lascia intravedere un possibile andamento favorevole dell’attività nel breve periodo. Sono alcune delle osservazioni di Giovanni Pelazzi, Presidente di Argenta SOA, che commenta la situazione del settore delle costruzioni in Italia, analizzata dal report 2023 sulle costruzioni del Centro Studi Argenta SOA.

In che stato si trova ad oggi il settore edile?

“I dati diffusi oggi dall’Istat ci consegnano un quadro fatto di luci e ombre, – risponde Pelazzi.- La produzione nelle costruzioni ha ristagnato a settembre (+0,2% su agosto) e, dopo la caduta nel secondo trimestre (-3,2% sul primo), si osserva un incremento dell’attività edile nella media del terzo (+0,8% sul secondo)”.
 

Come interpretare questi dati?

“È sicuramente un dato rassicurante – sostiene Giovanni Pelazzi, – anche se bisogna tenere conto che i mesi estivi spesso si caratterizzano per una forte varianza. Ad ogni modo, nei primi nove mesi dell’anno l’attività è in calo del 2,4% e, di questo passo, nella media del 2023 si va verso una diminuzione intorno al 2% rispetto al 2022. Un dato che si può ritenere anche meno negativo di quello atteso solo pochi mesi fa, tenuto conto del contesto difficile sia dal punto di vista economico sia anche sotto il profilo dell’incertezza che ha caratterizzato le decisioni e le strategie intorno agli incentivi destinati al settore”.

Qual è il sentiment degli operatori del settore?

“Per i prossimi mesi gli imprenditori non sono particolarmente pessimisti né sulla dinamica della produzione attuale né su quella attesa”, afferma Pelazzi. “Naturalmente, il PNRR funge da catalizzatore degli investimenti nel comparto e da attivatore della produzione futura. Circa 40 miliardi di euro di investimenti previsti dal PNRR in maniera diretta o indiretta riguardano le costruzioni. Si tratta di una fetta rilevante, considerando che l’ammontare complessivo di investimenti del settore ammonta a circa 180 miliardi annui”.


Qual è l’impatto sulla compravendita di abitazioni?


“Come indicano i dati, le compravendite sono in calo del 14% nei primi sei mesi di quest’anno rispetto al primo semestre del 2022. D’altronde, è inevitabile, visto che il costo medio di un mutuo a tasso fisso oggi è fortemente aumentato e i prezzi di vendita delle abitazioni sono cresciuti, in un contesto di forte rallentamento economico e con attese di calo dei prezzi, fattori che portano le famiglie a rinviare le scelte di acquisto delle abitazioni”.

Da cosa sarà influenzato il settore delle costruzioni in futuro?

“A pesare sul futuro del settore sono gli effetti dell’inflazione e del costo del denaro per famiglie e imprese, oltre all’incertezza che rende più difficile programmare le strategie sia per le imprese che per le famiglie. Pur se l’inflazione mostra segni di decelerazione, i prezzi restano ancora elevati rispetto a due anni fa: i livelli sono più alti in media del 18%, con un onere più forte per le famiglie meno benestanti – a causa della composizione del paniere degli acquisti – per le quali i livelli dei prezzi sono superiori del 22%”.

Qual è invece l’impatto dei mutui?

“L’aumento del costo di finanziamento per le famiglie è alto: il costo medio di un mutuo a tasso fisso oggi è intorno al 5%, per il credito al consumo è quasi al 9%, mentre sono saliti contestualmente i prezzi di vendita degli immobili. Per le imprese i tassi sono intorno al 4,5% medio e si sono irrigiditi i criteri di garanzia richiesti dalle banche con il risultato che si è ridotta la domanda di prestiti (quasi il 7% in meno a settembre, secondo Banca d’Italia). Al Sud, in particolare, sempre secondo Banca d’Italia, il costo medio di un finanziamento è superiore di circa un punto percentuale rispetto al Nord. Se si considera che le aspettative sono di un calo dei prezzi nel prossimo anno, le famiglie sono portate a rinviare le scelte di acquisto delle abitazioni (nel secondo trimestre -16% le vendite di abitazioni in un anno). Questa situazione potrebbe avere effetti gravi per le imprese del comparto. Le difficoltà delle famiglie e a cascata delle imprese devono essere al centro della strategia della politica”.

Come influirà il PNRR?

“C’è da considerare anche un effetto “spiazzamento” degli investimenti pubblici rispetto a quelli privati in questa fase, ma la spinta che può venire dal PNRR – se verranno rispettati i tempi e la spesa prevista – è rilevante e bisogna fare di tutto affinché non manchi all’economia italiana questo boost”.

Fonte: Idealista.it

Comunicazione della cedolare secca in caso di subentro degli eredi, alcuni chiarimenti

La Cgt di primo grado di Firenze è intervenuta in merito alla comunicazione della cedolare secca in caso di subentro degli eredi. A partire da quando è possibile esercitare l’opzione per il regime agevolativo? È su questo punto che si è concentrata la sentenza 459/1/2023, trattando il caso di una contribuente che aveva ricevuto per eredità testamentaria un immobile, condotto in locazione. Vediamo quanto precisato.

Nel dettaglio, come sottolineato dal Sole 24 Ore che ha analizzato la vicenda, la contribuente aveva ricevuto per eredità testamentaria un immobile, condotto in locazione, e aveva presentato la dichiarazione di subentro richiedendo espressamente di volersi avvalere della cedolare secca nel termine di 30 giorni dalla data di apertura del testamento. Ma, secondo l’ufficio, c’era stata tardività della comunicazione decorrente dall’evento successorio, determinato dalla data di decesso del locatore.

La contribuente, però, aveva evidenziato il fatto che l’opzione della cedolare secca non poteva essere esercitata prima dell’apertura del testamento, momento in cui è stato reso noto il trasferimento mortis causa dell’immobile locato. Di conseguenza, la contribuente aveva esercitato in modo corretto l’opzione per il regime agevolativo della cedolare secca dall’apertura del testamento, ossia quando è effettivamente subentrata nel contratto di affitto.

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Con la sentenza 459/1/2023, la Cgt di primo grado di Firenze ha stabilito che è legittima l’opzione per la cedolare secca esercitata dall’erede entro il termine di 30 giorni dalla data in cui è venuto a conoscenza del subentro mortis causa nel contratto di locazione. In particolare, la Cgt di primo grado di Firenze ha ritenuto non perentorio il termine per aderire al regime fiscale agevolato, dovendo valutare i possibili eventi che determinano il sorgere degli effetti traslativi della titolarità del bene. Del resto, secondo l’articolo 2935 del Codice civile “Decorrenza della prescrizione”, la prescrizione comincia a decorrere solo se e quando il diritto può essere fatto valere.

Si ricorda che, in linea generale, quando c’è un passaggio di proprietà per atto tra vivi o per successione il regime facoltativo e agevolativo della cedolare secca cessa di esistere e il contratto torna ad essere assoggettato al regime ordinario. In questi casi, l’Amministrazione ha individuato un termine entro il quale scegliere il regime fiscale. Tale termine è individuato in 30 giorni dalla data del subentro.

Il caso esaminato dalla Cgt di primo grado di Firenze ha però portato alla ribalta la necessità di “considerare i possibili eventi che determinano il sorgere degli effetti traslativi della titolarità del bene” e quindi di poter optare per la cedolare secca entro il termine di 30 giorni dalla data in cui l’erede viene a conoscenza del subentro mortis causa nel contratto di locazione.

Fonte: Idealista.it