Rinnovare gli edifici esistenti con un approccio olistico, creando il minimo disagio a chi vi abita, renderli smart e ridurre drasticamente i consumi è possibile. A dimostrarlo due progetti coordinati dal Politecnico di Milano e finanziati nell’ambito di Horizon 2020 e Horizon Europe, programmi quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione. Si tratta di Heart e Re-Skin. Entrambi mirano a sviluppare dei pacchetti tecnologici multifunzionali, in grado di trasformare un edificio esistente, ad alta intensità energetica, in una struttura moderna, smart, efficiente e sostenibile. Ma di cosa si tratta esattamente? idealista/news lo ha chiesto a Niccolò Aste, professore ordinario di Fisica tecnica e ambientale al Politecnico di Milano e coordinatore dei progetti.
Il progetto Heart (Holistic Energy and Architectural Retrofit Toolkit) è un toolkit che mette a sistema tecnologie costruttive ed impiantistiche da applicarsi ai fini della riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Il tutto è governato da una piattaforma informatica basata su cloud che include funzionalità decisionali e di gestione dell’energia. Questa diventa così il “cuore” dell’edificio, regolandone il consumo e il flusso energetico. Sono due gli edifici pilota sviluppati nell’ambito del progetto per dimostrarne sul campo la reale efficacia: uno si trova a Bagnolo in Piano in Italia e l’altro a Lione in Francia.
Il progetto Re-Skin, che è l’evoluzione di Heart in chiave di circolarità, integrando Ict, energie rinnovabili, materiali sostenibili (biobased, riciclati o riciclabili) e installazioni di nuova generazione, offre una soluzione olistica e sistemica per il retrofit energetico e l’aggiornamento intelligente di edifici residenziali, commerciali e pubblici. Questo progetto è ancora aperto ed è in fase di sperimentazione a Milano in Italia, poi si interverrà in Francia, in Spagna e in Bulgaria.
Il Politecnico di Milano ha lavorato a due progetti in tema di ristrutturazione degli edifici: Heart e Re-Skin. Di cosa si tratta?
“Gli interventi che abbiamo studiato e che si stanno facendo in giro per l’Europa sono interventi di deep renovation, cioè di ristrutturazione profonda. Si mette mano all’edificio in modo significativo provocando il minimo disagio agli abitanti”.
Nello specifico, i progetti Heart e Re-Skin in cosa consistono?
“Sono progetti di ricerca, sviluppo ed applicazione sul campo. Sia per Heart che per Re-Skin abbiamo studiato dei cosiddetti toolkit, pacchetti di interventi multi-tecnologici che vengono applicati agli edifici esistenti.
Quando si parla di pacchetto multi-tecnologico ci si riferisce ad esempio ad un pacchetto composto da tecnologie di facciata, da sistemi fotovoltaici, da pompe di calore, da una piattaforma cloud che gestisce l’edificio e lo fa interfacciare con l’esterno, da una serie di altri dispositivi già compatibili tra di loro e studiati per la reciproca interazione che vengono applicati in maniera sistemica sull’edificio rinnovandolo.
Si tratta di un approccio olistico. In questo caso tutti i componenti, seppur prodotti da aziende diverse, sono già stati ottimizzati per interagire tra di loro. Ciò comporta un risparmio complessivo notevole”.
Con questo sistema tutto viene ottimizzato?
“Sì, esatto. Ottimizzazione è il termine giusto. All’interno c’è un sistema di building automation che inizia a lavorare prima ancora di essere installato sull’edificio e con i dati a disposizione comincia a simulare l’edificio com’è e come sarà. Attraverso simulazioni iterative e progressive individua il migliore abbinamento tra materiali e apparecchiature. Tutto viene ottimizzato e messo a sistema. Tutto viene messo nella condizione di dare la migliore prestazione possibile. Chiaramente, non si raggiunge mai la perfezione, ma ci si può avvicinare, aumentando l’efficienza ed evitando sprechi e mismatch.
La sfida dei progetti Heart e Re-Skin è trasformare un edificio vecchio, con prestazioni carenti, in uno smart building ad alta efficienza.
Heart è stato il primo progetto, Re-Skin è una versione evoluta di Heart con molti contenuti di circular economy. Gli obiettivi di Re-Skin sono ancora più ambiziosi, ma sempre confortati dai dati”.
Quali possono essere i benefici in termini di riduzione dei consumi degli smart building?
“Si può arrivare al 90% in meno di consumi di climatizzazione.
Questo perché da una parte con le tecnologie di involucro i consumi si riducono molto, dall’altra con l’integrazione del fotovoltaico nelle coperture si autoproduce energia. Quindi si abbatte il fabbisogno di energia e gran parte di essa viene prodotta con il fotovoltaico”.
Il fotovoltaico è una preziosa fonte di energia?
“Il fotovoltaico è un’ottima fonte di energia, anche competitiva. In linea teorica, si potrebbe vivere di solo fotovoltaico. Il suo unico problema è che dipende dalla variabilità dell’irraggiamento solare, serve dunque l’accumulo, che però costa, ha un ciclo di vita più breve (dell’edificio sicuramente, ma anche dell’impianto fotovoltaico), ha un impatto ambientale diverso. Si tratta dunque di una questione in più da affrontare.
Facendo queste considerazioni, nel primo progetto, Heart, abbiamo installato dei sistemi avanzati di accumulo termico: il fotovoltaico produce elettricità, questa elettricità alimenta la pompa di calore e la pompa di calore riscalda o raffredda l’edificio a seconda della stagione; ma se si ha elettricità in eccedenza dal fotovoltaico, invece di accumularla in una batteria, la pompa di calore riscalda o raffredda dell’acqua in un serbatoio contente materiali a cambiamento di fase, che ne aumentano la capacità termica, così si ha acqua calda o fredda da usare quando non c’è sole. In questo modo si utilizza fino in fondo l’energia fotovoltaica. Nel progetto Re-Skin, invece, al fine di abbattere costi ed impatti stiamo utilizzando batterie riciclate dal settore automobilistico, questo nella logica dell’economia circolare”.
Perché sono importanti questi progetti?
“Questi progetti sono importanti perché c’è l’occasione di studiarli, di elaborare delle soluzioni e poi di provarli sul campo. In Heart abbiamo due edifici pilota, uno a Bagnolo in Piano in Italia e uno a Lione in Francia. In Re-Skin, che è ancora aperto, ne abbiamo quattro: uno a Milano, uno in Francia, uno in Spagna e uno in Bulgaria”.
È davvero possibile trasformare un edificio esistente altamente energivoro in una struttura moderna, efficiente e sostenibile lungo tutto il ciclo di vita?
“Sì. Questo è proprio uno dei risultati dei nostri progetti”.
L’attenzione verso il risparmio energetico è oramai forte. Come cambieranno le nostre case?
“Gli edifici cambieranno sicuramente, non forse tanto nell’estetica, anche se mi auguro si assista anche a un’evoluzione del linguaggio architettonico, ma certamente nell’efficientamento, anche perché abbiamo degli obblighi, morali ma soprattutto normativi come quelli derivanti dalla nuova direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici.
Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. E non è solo il disagio di un’estate al caldo. Se prosegue, il cambiamento climatico vuol dire cataclismi, danni all’agricoltura, alle acque, fenomeni metereologici estremi, aree che cominciano a desertificarsi, scioglimento dei ghiacciai etc. Il cambiamento climatico è un disastro, i primi effetti li vediamo adesso, ma sono niente rispetto a quello che potrà accadere in futuro se non si agisce con efficacia e determinazione. Una catastrofe ambientale, ma anche sociale ed economica a livello planetario che non ci possiamo permettere.
Il cambiamento climatico è legato soprattutto alle emissioni di CO2. Negli ultimi cento anni c’è stata un’impennata di livelli di CO2 nell’atmosfera che non si è mai registrata in milioni di anni.
E il 40/50% delle emissioni, in Europa siamo intorno al 50%, è dovuto al settore edilizio. La maggior parte dell’inquinamento in atmosfera, di produzione della CO2, è dovuta al settore edilizio.
In considerazione di ciò tutte le politiche energetico-ambientali dicono che è necessario intervenire sugli edifici. Come? Facendo meglio quelli nuovi e porre rimedio in quelli esistenti, il che significa innanzitutto abbattere i consumi energetici e le emissioni associate. Di conseguenza, tutte le politiche parlano di riqualificazione energetica, che fa spendere meno all’utente e che è necessaria per questa azione di contrasto al cambiamento climatico. Dopodiché ci si pone giustamente il problema di chi paga questo efficientamento energetico. Il grande dibattito verte proprio su questo punto”.
Un problema che appare difficile da risolvere…
“Un po’ alla volta si stanno mettendo a punto degli strumenti di incentivazione, di supporto, per queste azioni. Il superbonus è stato una di queste azioni, ha dato un forte impulso, ma non è stato organizzato nel migliore dei modi. L’intenzione era buona, ma le modalità con cui è stato gestito hanno aperto tante perplessità e generato criticità. I meccanismi devono essere studiati meglio, considerando che un efficientamento energetico può avere dei tempi di ritorno finanziariamente interessanti. Nella nuova direttiva europea, ad esempio, c’è la previsione di mutui specifici o fondi di investimento nell’efficienza energetica, oltre a diversi strumenti di finanziamento.
Il tema di chi paga dovrà essere affrontato nel dettaglio. Abbattere i consumi energetici è una convenienza collettiva, bisogna prevedere che anche la copertura sia in qualche modo a carico della collettività e non solo del singolo.
Una politica lungimirante a riguardo dovrebbe tenere in considerazione le diverse disponibilità economiche, le diverse possibilità, i diversi strumenti di incentivazione e trovare delle soluzioni applicabili. Soluzioni che, trovando dei meccanismi adeguati, potrebbero ad esempio prevedere una parte di coinvolgimento del soggetto interessato (che sicuramente ha un ritorno), una parte di finanziamenti da soggetti economici (come i fondi d’investimento) e una parte di incentivo pubblico (adeguatamente modulato)”.
Fonte: Idealista.it