Mercato immobiliare europeo: le previsioni per il 2024 settore per settore

Il mercato immobiliare europeo attraversa una fase difficile legata all’aumento dei tassi di interesse, che ha messo un freno agli investimenti in real estate (ai minimi da dieci anni) e ai prezzi degli asset, anche se i rendimenti in media reggono. Bnp Paribas RE stila le sue previsioni 2024 per il mercato immobiliare europeo: vediamo quali asset in Europa e in Italia attireranno l’attenzione nel 2024, con un focus sul mercato immobiliare residenziale.

  1. Mercato immobiliare in frenata nel 2023
  2. Lo stallo nei prezzi immobiliari europei nel 2023
  3. Rendimenti immobiliari nel 2023
  4. Il mercato degli affitti in Europa
  5. Le previsioni 2024 per il mercato residenziale
  6. Le previsioni immobiliari 2024 per gli altri settori

Il mercato immobiliare europeo attraversa una fase difficile legata all’aumento dei tassi di interesse, che ha messo un freno agli investimenti in real estate (ai minimi da dieci anni) e ai prezzi degli asset, anche se i rendimenti in media reggono. Bnp Paribas RE stila le sue previsioni 2024 per il mercato immobiliare europeo: vediamo quali asset in Europa e in Italia attireranno l’attenzione nel 2024, con un focus sul mercato immobiliare residenziale.

Mercato immobiliare in frenata nel 2023

Secondo gli analisti di Bnp Paribas RE, è probabile che, data la situazione macroeconomica,

una ripresa del mercato immobiliare potrebbe iniziare solo nel 2024,

quando gli investitori adotteranno nuove strategie che tengano conto di un contesto macro finanziario più stabile.

Gli investimenti europei ora sono ai minimi degli ultimi dieci anni, attestandosi a € 182,6 miliardi nel primo semestre del 2023, in calo del 57% rispetto al primo semestre del 2022. Dei cinque grandi mercati, il Regno Unito è in testa con € 21,3 miliardi (-52% anno su anno), seguito dalla Germania con € 9,8 miliardi (-68%), dalla Francia con € 7,8 miliardi (-42%), dalla Spagna con € 3,8 miliardi (-41%) e dall’Italia con € 2,1 miliardi (-62%). Sebbene il calo degli investimenti sembri più accentuato rispetto alla grande crisi finanziaria nel 2008 (-71%), è anche probabile che sia globalmente più lieve, con una diminuzione del 42% entro la fine del 2023.

Lo stallo nei prezzi immobiliari europei nel 2023

Alla base di questo trend c’è un punto morto sui prezzi immobiliari, piuttosto che una mancanza di liquidità come avvenuto nel 2008. La dinamica di mercato è anche diversa rispetto alle precedenti grandi recessioni su molti aspetti, poiché sia i venditori che gli acquirenti si sono ritirati dal mercato. In primo luogo, molti acquirenti sono restii a impegnarsi a rendimenti esistenti mentre i costi del finanziamento sono in aumento. Sono anche fortemente consapevoli delle scelte ridotte nella maggior parte delle classi di asset rispetto al 2022: il segmento moderno per uffici, lusso e vendita al dettaglio di massa ad alte prestazioni, e logistica nella sua interezza. Condividono questo sentiment con i venditori, i quali hanno scarsa motivazione a vendere buone unità a prezzi più bassi mentre l’occupazione rimane salda (selettiva, però). Meno proprietari immobiliari stanno faticando per ottenere prestiti rispetto al 2008, il che rende più semplice adottare un atteggiamento di attesa.

Rendimenti immobiliari nel 2023

Secondo gli analisti di Bnp Paribas Re, siamo ora alla fase finale della decompressione, principalmente per il segmento prime; il 2024 sembra essere l’anno in cui inizierà la ripresa più ampia. Al momento i rendimenti prime medi nei primi 16 mercati europei sono del 3,9% per il settore retail e del 4,4% per la logistica: questi valori sono rispettivamente 5 punti base e 90 punti base superiori allo stesso periodo dell’anno scorso. Per gli uffici, il rendimento prime medio è del 4,3% (+110 punti base).

Ulteriori espansioni dei rendimenti sono probabili, secondo gli studi, nel corso del 2023, con probabile stabilizzazione nel 2024.

Successivamente, il mercato si riattiverà selettivamente in base al tipo di asset e alla geografia, guidato dai paesi in cui la rivalutazione è stata più acuta. Secondo Bnp Paribas RE a guidare il mercato sarà la logistica (ora ampiamente rivalutata) e il residenziale, entrambi supportati da solide prospettive di crescita degli affitti.

Il mercato degli affitti in Europa

Le prospettive di crescita degli affitti rimangono al centro delle allocazioni degli investimenti nel breve termine. I canoni di locazione si prevedono infatti in crescitalimitatamente ai settori che hanno registrato buone performance negli ultimi 5 anni, come uffici e logistica, mentre il settore retail potrebbe iniziare a riprendersi e la crescita residenziale dovrebbe essere robusta.

Le previsioni 2024 per il mercato residenziale

La stretta delle condizioni finanziarie e l’incertezza su quando terminerà il ciclo dei tassi di interesse hanno portato a una diminuzione degli investimenti residenziali europei del 62% nel primo semestre del 2023 rispetto al primo semestre del 2022 e del 55% al di sotto della media quinquennale.

Nei paesi nordici, in Germania e in Francia le attività di investimento sono diminuite più della media in Europa, mentre sembrano essere più resilienti nei Paesi Bassi e nel Regno Unito. La Spagna è stata l’unico paese a registrare un aumento degli investimenti nel periodo. Aumenti nei tassi ipotecari e nei rendimenti dei titoli di Stato stanno mettendo alla prova il mercato degli investimenti riducendo il premio di rischio e il rendimento corretto per il rischio del settore immobiliare.

I prezzi devono riadattarsi in linea con il contesto economico e monetario effettivo se si vuole che le transazioni riprendano. Il rifinanziamento è il principale rischio che potrebbe costringere alcuni investitori a vendere nel breve termine, a causa dell’aggiustamento dei prezzi e quindi di rapporti Loan-to-Value più elevati. Tuttavia, gli investitori sono ancora molto interessati alla classe di asset residenziale grazie all’incremento significativo della domanda nel settore degli affitti a causa della diminuzione dell’accessibilità con l’impennata dei tassi ipotecari e dei prezzi delle case. Inoltre, c’è una grave carenza di alloggi e obsolescenza nelle grandi città, mentre la formazione di nuovi nuclei familiari continuerà a crescere nel medio termine.

Bnp Paribas RE

Bnp Paribas RE

I prezzi delle case in Europa

I volumi di transazioni immobiliari in Europa nel primo trimestre 2023 hanno registrato una diminuzione del 10,7% su base annua. I prezzi delle case in Europa hanno registrato il secondo calo consecutivo nel primo trimestre del 2023, cioè -0,7% dopo il -1,4% nel quarto trimestre del 2022. Negli ultimi 6 mesi, i prezzi delle case in Europa sono diminuiti del -2,1%. I paesi più colpiti sono la Germania (-7,8%), Lussemburgo (-5,6%), Finlandia (-5,2%), Svezia (-4,4%) e Danimarca (-4,0%). Gli stessi paesi hanno registrato una diminuzione maggiore rispetto al picco degli ultimi due anni.

Calo dei prezzi delle case in Europa…ma non ovunque

A livello cittadino, secondo il nostro rapporto di accessibilità, osserviamo che tutti i mercati (ad eccezione di Roma e Bruxelles) sono significativamente sovrastimati. Di conseguenza, i prezzi delle case stanno diminuendo in 20 città su 28 dopo aver toccato il picco degli ultimi due anni. I prezzi delle case sono diminuiti di oltre il 10% a Francoforte (-16,2%), Copenaghen (-12,7%), Amsterdam (-12,7%), Bruxelles (-10,4%) e Monaco di Baviera (-10,1%). Le città del sud Europa, così come Vienna e Varsavia, sono le più resilienti, poiché i prezzi delle case non si sono ancora adeguati e stanno ancora aumentando. Tuttavia, la tendenza potrebbe invertirsi entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda i fattori sottostanti citati, si prevede che la crescita dei prezzi delle case di seconda mano sarà negativa nei prossimi 5 anni, per iniziare a recuperare gradualmente a partire dal 2025. Complessivamente, si registrerà un calo dei prezzi delle case, con riferimento alla fine del 2022, del 9,5% nei Paesi Bassi, del 6,8% in Germania e Francia, del -5,9% nel Regno Unito, del -4,4% in Spagna e del -2,9% in Italia.

Bnp Paribas RE

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Mercato degli affitti residenziali in Europa

Il cambiamento nelle condizioni finanziarie che ha colpito le famiglie ha alimentato la domanda di case in affitto nelle grandi città.

La crescita degli affitti ha raggiunto il +8,2% in Europa anno su anno nel primo trimestre del 2022:

la crescita media annuale più elevata registrata dal 2010. Lo squilibrio tra domanda e offerta nel settore degli affitti è significativo a causa delle incertezze legate alle normative sulla casa che hanno contribuito a ridurre drasticamente l’offerta di affitti, ad esempio a Berlino, Barcellona e Valencia. Inoltre, la limitazione degli aumenti degli affitti a circa il 2%-3% per evitare l’indicizzazione all’inflazione ha spinto i proprietari a trasferire la perdita di ricavi sui nuovi contratti. La domanda da parte degli inquilini si è spostata anche verso alloggi più efficienti per evitare l’aumento vertiginoso delle bollette energetiche. La prossima sfida potrebbe essere il divieto di affittare qualsiasi abitazione con basse prestazioni energetiche, come già avviene in Francia e nel Regno Unito. Questa regolamentazione aumenterebbe significativamente la pressione sulla disponibilità di alloggi in affitto.

L’indicatore del rapporto tra acquisto e affitto mostra che nella maggior parte dei mercati, l’affitto è la migliore opzione per le famiglie che desiderano più spazio. A Stoccolma, Londra, Monaco, Amburgo, Parigi, Francoforte, Lione, Copenaghen, Praga e Oslo, l’affitto offre il doppio dello spazio che una famiglia potrebbe permettersi di acquistare. Dalla pandemia, è diventato più conveniente affittare che considerare l’acquisto in diversi mercati del Sud Europa. Questo è il caso, ad esempio, di Barcellona, Madrid, Milano, Lisbona, Roma e Siviglia.

Quanto saliranno gli affitti residenziali in Europa

valori degli affitti si prevedono in continua ascesa, trainati dall’inflazione, dal recupero del reddito disponibile delle famiglie e dalla mancanza di offerta rispetto alla domanda di affitti. I mercati degli affitti del Sud Europa dovrebbero continuare a espandersi e vedere aumenti significativi dei canoni trainati dal miglioramento dei mercati del lavoro, dalle forti aspettative di crescita dei redditi e dall’alto potenziale di profondità del mercato degli affitti.

Gli affitti residenziali continueranno a salire nei prossimi cinque anni trainati dalla crescente domanda di locazioni,

date le condizioni economiche e la ridotta capacità delle famiglie di acquistare casa. Allo stesso modo, le attuali normative sull’efficienza energetica proposte dalla Commissione Europea potrebbero avere un impatto significativo. Potrebbero ridurre la quantità di unità disponibili in affitto e migliorare l’offerta di affitti, spingendo i canoni al rialzo. Gli affitti potrebbero quindi aumentare dell’18% nei Paesi Bassi, del 15,5% nel Regno Unito, del 13,5% in Spagna, del 10,5% in Italia, del 9% in Francia e del 7% in Germania.

Le previsioni immobiliari 2024 per gli altri settori

Uffici

L’incertezza nel mercato immobiliare è più acuta in questo segmento, che sta attraversando cambiamenti profondi su più fronti: adeguamento dei prezzi dopo l’aumento più brusco dei costi del debito in decenni; modelli lavorativi che continuano a suggerire una domanda ridotta di spazio; e un quadro normativo che continuerà ad aumentare l’obsolescenza. Queste problematiche hanno portato il settore in un periodo meglio descritto come “animazione sospesa” – vivo ma con attività ridotte. L’impasse sui prezzi si risolverà entro la prima metà del 2024, quando la politica monetaria raggiungerà il suo tasso finale nel ciclo attuale. In termini di occupazione, la domanda rimane concentrata sulle migliori unità, proseguendo la dinamica instaurata dopo la pandemia, riflettendo il desiderio degli occupanti di ridurre lo spazio e occupare edifici conformi alle normative energetiche.

Logistica

Il 2022 ha visto la più grande correzione nel mercato della logistica, a causa dell’impennata dei costi di finanziamento. Allo stesso modo, il recupero della logistica in questo anno è stato molto più veloce, in alcuni paesi, rispetto agli altri settori immobiliari. Si continua a prevedere un recupero costante e ampio per il resto dell’anno. L’aumento risultante dei valori degli affitti, in alcuni casi piuttosto sostanziale, sta influenzando in modo diseguale gli inquilini. Gli investitori dovranno tenere presente ciò negli eventi di locazione.

Retail

Il settore ha attraversato una delle sue declinazioni più prolungate nella storia, guidata da profondi cambiamenti strutturali nelle nostre abitudini di shopping. La quota del retail nelle attività di investimento europee è diminuita significativamente nel corso degli anni e di conseguenza i prezzi si sono adeguati in modo significativo. L’effetto è stato disomogeneo in questo ampio settore. Il ciclo discendente dovrebbe aver toccato il fondo, come dimostra l’effetto limitato del ciclo attuale dei tassi di interesse sui prezzi. Inoltre, si osserva nuovamente crescita degli affitti in alcune aree. Questo porta a chiedersi se il settore meriti ora un’opportunità di investimento.

Fonte: Idealista.it

Bonus mobili 2024, come cambia la detrazione

Anno nuovo, regole nuove. Almeno per quanto riguarda alcune detrazioni fiscalilegate alla casa, per le quali interverranno delle modifiche. Tra queste, una delle più importanti riguarda il bonus mobili 2024. Si tratta di una specifica detrazione Irpef(al 50%) per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. Nello specifico, dal 1° gennaio 2024 il tetto di spesa per calcolare la detrazione passa dagli 8.000 euro del bonus mobili 2023 a 5.000 euro. Scopriamo tutto quello che c’è da sapere per poterne beneficiare.

  1. Bonus mobili ed elettrodomestici 2024, le novità
  2. Come ottenere il bonus mobili 2024
  3. Bonus mobili 2024: i requisiti
  4. Bonus mobili 2023 e 2024 sono cumulabili?

Bonus mobili ed elettrodomestici 2024, le novità

Come già accennato, il bonus mobili 2024 (o bonus elettrodomestici 2024) cambia parametri rispetto gli anni precedenti. Dal 1° gennaio 2024 saranno agevolabili le spese entro il limite massimo di 5.000 euro per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici per l’arredo di un immobile oggetto di interventi di ristrutturazione e recupero del patrimonio edilizio.

Lo scorso anno, invece, l’importo massimo detraibile era di 8.000 euro. Mentre per il 2021 il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione era pari a 16.000 euro. Discorso ancora diverso rispetto alle spese sostenute nel il 2022, con un limite di spesa fissato a 10.000 euro.

Come ottenere il bonus mobili 2024

Il bonus mobili 2024 è destinato a chi compra entro il 31 dicembre 2024 mobili ed elettrodomestici nuovi (di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori) contestualmente a interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.

La detrazione Irpef del 50%, entro un limite di spesa di 5.000, deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo e si ottiene dimostrando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi. Il pagamento dei mobili e dei nuovi elettrodomestici va effettuato con bonifico o carta di debito o credito (è necessario utilizzare mezzi di pagamento tracciabili). Non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri strumenti.

La detrazione per il bonus mobili 2024 è ammessa anche se i mobili e gli elettrodomestici vengono comprati con un finanziamento a rate, a patto che la società che concede il prestito paghi il corrispondente con le stesse modalità che abbiamo indicato in precedenza e che il contribuente conservi una copia della ricevuta del pagamento.

Bonus mobili 2024: i requisiti

Il bonus mobili spetta a chi acquista, entro il 31 dicembre 2024, mobili ed elettrodomestici nuovi. Non sono però agevolabili le spese per porte, pavimentazioni come il parquet, tende e complementi d’arredo. I beneficiari devono aver realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni. L’Agenzia delle Entrate ha comunicato che sono coperti dalla detrazione Irpef al 50% le spese entro il limite di 5.000 euro per:

  • armadi, letti, cassettiere, librerie;
  • cucine, credenze;
  • tavoli, scrivanie;
  • sedie, divani, poltrone;
  • materassi;
  • apparecchi di illuminazione;
  • frigoriferi e congelatori con classe energetica non inferiore alla F;
  • lavatrici, lavastoviglie, asciugatrici con classe energetica non inferiore alla E;
  • apparecchi di cottura;
  • forni elettrici con classe non inferiore alla A;
  • stufe elettriche e ventilatori elettrici;
  • forni a microonde, piani a induzione, piastre riscaldanti elettriche;
  • radiatori elettrici;
  • apparecchi per il condizionamento.

Sia i mobili sia gli elettrodomestici possono essere comprati anche all’estero e da un’azienda estera. Nella somma detraibile sono incluse le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati.

Bonus mobili 2023 e 2024 sono cumulabili?

La risposta a questo quesito è abbastanza articolata. Innanzitutto, va però specificato che i tetti di spesa stabiliti per i singoli anni non sono cumulabili in caso di acquisti distribuiti su più anni. Dal tetto di spesa relativo all’anno in cui si effettua l’acquisto è sempre necessario sottrarre le spese già sostenute nell’anno precedente. Facendo l’esempio pratico, il tetto di spesa di 5.000 euro previsto per il 2024 non si può sommare al limite di 8.000 euro in vigore nel 2024.

In sostanza, non si può beneficiare della totalità del tetto di spesa del bonus mobili ed elettrodomestici di anni diversi. Chi ha effettuato alcuni acquisti nel 2023 (tetto di spesa di 8.000 euro) e ne effettua altri nel 2024 (tetto di spesa di 5.000euro) deve rientrare in specifici parametri e, quindi: se nel 2023 si spendono più di 5.000 euro, anche se non si sono raggiunti gli 8.000 previsti dalla legge, nel 2024 non sarà più possibile fare acquisti detraibili.

Fonte: Idealista.it

Ripresa dell’offerta immobiliare in vendita in Italia: su del 3% nel III trimestre

Secondo l’analisi condotta da idealista, il principale portale immobiliare per l’innovazione tecnologica in Italia, nel trimestre più recente c’è stato un incremento del 3% nel numero di case in vendita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale aumento rappresenta una significativa accelerazione dell’offerta, considerando che nel terzo trimestre del 2022 si era verificata una diminuzione dell’11% delle proprietà disponibili rispetto all’anno prima.

Capoluoghi 
Settantatré (73) capoluoghi italiani registrano un aumento dell’offerta immobiliare.
Tra le città che trainano questa crescita spiccano Benevento (35%), Sondrio (34%) e Campobasso (31%). Altri incrementi variano dal 29% a Vercelli all’1% a Messina, Piacenza, Reggio Emilia e Trapani.

Nei principali mercati urbani, si notano significativi aumenti a Bologna (15%), Milano (+14%) e Palermo (11%), mentre crescono sopra la media del periodo anche Roma (6%) e Torino (5%). Rialzi più contenuti nelle altre città; non si rilevano variazioni a Potenza, Genova, Reggio Calabria e Vicenza.

D’altra parte, si osservano riduzioni nell’offerta immobiliare in 30 capoluoghi, con cali più pronunciati a Napoli (-31%), Crotone (-25%), La Spezia (-22%) e Lodi (-20%). Le restanti 26 città vedono diminuzioni, tra cui Firenze (-11%) e Venezia (-10%).

Province
Analizzando le province italiane, emerge una netta prevalenza di incrementi dell’offerta in 76 delle 106 aree monitorate nel confronto con il terzo trimestre del 2022. La maggiore crescita si registra a Benevento (23%), seguita da Bolzano, Trieste e Campobasso (tutte con un 22%). Importanti aumenti si riscontrano anche a Bologna e Palermo (16%) e Milano (9%). Crescite più contenute a Roma (6%), Torino (3%) e Napoli (1%).

Nessuna variazione si rileva nelle province di Belluno, Novara, Treviso, Biella e Reggio Emilia. Al contrario, le maggiori riduzioni nell’offerta immobiliare coinvolgono Lecco (-15%), Lodi, Crotone e Padova (tutte segnano un -13%). Gli altri ribassi, inferiori al 10%, interessano 21 aree, tra cui il -7% di Trento e Verbano-Cusio-Ossola e il -1% di Aosta, Vibo Valentia e Livorno. Da segnalare anche i cali nelle province di Firenze e Venezia (-6%).

Fonte: Idealista.it

Dati di utilizzo del superbonus, i numeri Enea di ottobre 2023

L’Enea ha pubblicato i nuovi dati di utilizzo del superbonus, quelli relativi a ottobre 2023. In base a quanto evidenziato, il mese scorso l’incentivo ha registrato a livello nazionale un totale degli investimenti pari a 93,8 miliardi di euro, per un totale degli investimenti ammessi a detrazione pari a 92,4 miliardi di euro e un totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione pari a 76,6 miliardi di euro. Gli investimenti ammessi a detrazione sono conclusi per l’82,9%. Il costo per lo Stato risulta pari a 83,8 miliardi di euro.

dati Enea sul superbonus 110 per cento tengono conto del numero di asseverazioni caricate sul sito dedicato; del valore assoluto degli investimenti ammessi alla detrazione; dei valori assoluti e percentuali dei lavori già completati. Sono inoltre specificati i dati per i lavori relativi a condomini (in attesa della proroga), edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti.

Dati Enea superbonus ottobre 2023

Enea

ottobre 2023 gli interventi in condominio il valore medio dell’investimento risulta pari a 642.852,56 euro, per efficientare gli edifici unifamiliari il valore medio dell’investimento è invece pari a 117.501,33 euro, per i lavori sulle unità immobiliari funzionalmente indipendenti il valore medio dell’investimento è pari a 98.532,70 euro, per i castelli infine il valore medio dell’investimento è pari a 254.502,46 euro. Dai dati emerge ancora una volta che la crescita degli investimenti legati al superbonus è determinata dai condomini.

A settembre 2023 per gli interventi in condominio il valore medio dell’investimento risultava pari a 643.059,50 euro, per efficientare gli edifici unifamiliari il valore medio dell’investimento era invece pari a 117.461,91 euro, per i lavori sulle unità immobiliari funzionalmente indipendenti il valore medio dell’investimento era pari a 98.504,22 euro, per i castelli infine il valore medio dell’investimento era pari a 254.502,46 euro. Dai dati emerge che per i condomini è stata registra ancora una volta una crescita.

Nel dettaglio, i dati Enea sul superbonus 110 per cento relativi a ottobre 2023 indicano che a livello nazionale il totale degli investimenti ammessi a detrazione è stato di 92,4 miliardi di euro per un costo di oltre 83,8 miliardi di detrazioni fiscali. Gli investimenti per interventi di efficientamento energetico agevolati con il superbonus hanno interessato 438.137 edifici.

A fine settembre il totale degli investimenti ammontava a 88 miliardi di euro, a fine agosto a 85 miliardi di euro, a fine luglio a 82,9 miliardi di euro, a fine giugno a 79,9 miliardi di euro, a fine maggio a 77 miliardi di euro, a fine aprile a 74,6 miliardi di euro, a fine marzo a 72 miliardi di euro, a fine febbraio a 68,5 miliardi di euro, a fine gennaio il totale degli investimenti ammontava a 65 miliardi di euro.

Il totale degli investimenti che hanno interessato i condomini è stato di 54,4 miliardi di euro, quelli che hanno interessato gli edifici unifamiliari sono stati di 27,9 miliardi di euro e quelli che hanno interessato le unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono stati di 11,3 miliardi di euro.

Fonte: Idealista.it

RE/MAX: contrazione del mattone nel I semestre del 2023, ma previsioni positive

Nei primi sei mesi dell’anno si è registrata una contrazione delle compravendite immobiliari, dovuta all’aumento dei tassi di interesse e all’incremento dei prezzi degli immobili. Uno scenario che potrebbe prolungarsi anche nella seconda parte dell’anno, ma le previsioni sul medio-lungo periodo potrebbero essere positive. A dirlo è l’ottava edizione del Real Estate DATA HUB di Re/Max Italia che ha analizzato l’andamento del settore durante i primi sei mesi del 2023.

Dopo una overview sullo scenario economico, il Report, realizzato dai Centri Studi di RE/MAX Italia e di Avalon Real Estate e dall’Ufficio Studi di 24MAX, presenta dettagliati approfondimenti sulle città di Milano, Bergamo, Roma e Napoli e sulle relative regioni, esaminate per singoli comparti: residenziale, logistico, direzionale, commerciale e ricettivo.

Secondo l’analisi degli immobili transati riportata dal Real Estate DATA HUB, si conferma la preferenza degli acquirenti per i trilocali (40,32% sul totale). Seguono i bilocali (22,90%) e i quadrilocali (18,81%). Si registra anche un aumento degli immobili transati con cinque o più locali rispetto all’anno precedente. Stabili i monolocali, che rappresentano circa il 3% del totale.

Le regioni che trainano il mercato immobiliare si confermano essere la Lombardia al Nord, seguita da Veneto e Piemonte; il Lazio al Centro, insieme ad Emilia-Romagna e Toscana; la Puglia al Sud, con la Campania. Nelle Isole il maggior numero di immobili transati si registra in Sicilia. Confrontando i primi tre trimestri del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022, si nota un declino della domanda diffuso su tutta la Penisola.

Analizzando tempi di vendita e locazione, i giorni di mercato risultano essere in continua riduzione, con tempi minori al Nord rispetto al Sud. Nel terzo trimestre del 2023 sono necessari in media circa 6 mesi e mezzo per concludere una transazione.

L’andamento dei prezzi rivela complessivamente un trend di crescita nel lungo periodo. Nel breve, il primo trimestre 2023 registra prezzi al metro quadro più alti del 2,40% rispetto al primo trimestre 2022 e del 1,10% rispetto al primo trimestre 2021. Decresce il secondo trimestre 2023, che osserva un -1,08% rispetto alla media dei prezzi del 2022 e un +3,45% rispetto allo stesso periodo del 2021. Prosegue il trend nel terzo trimestre, che segna un -7,09% rispetto all’anno precedente. Si ricorda che il 2022 aveva registrato una sensibile crescita dei prezzi, mentre il confronto con il 2021 restituisce una decrescita più contenuta, pari al -1,89%. La base dati fa riferimento ai soli immobili esistenti, escludendo le nuove costruzioni e le nude proprietà.

Il mercato dei mutui nel primo semestre 2023

Nel primo semestre 2023, secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi di 24MAX, l’importo medio finanziato è aumentato del 2,56%, passando da 121.802 euro del quarto trimestre 2022 a quasi 124.923 euro. Il 92,16% dei mutui erogati nel primo semestre è finalizzato all’acquisto; in diminuzione le seconde case e le surroghe. Tra chi richiede un mutuo, diminuisce il numero dei coniugati, mentre aumentano celibi, nubili e pensionati, segnale di maggior prudenza da parte delle famiglie. La fascia di età predominante è quella dei giovani dai 18 ai 34 anni.

Lo scenario nel medio lungo periodo

La visione positiva di RE/MAX Italia trova fondamento nel numero di acquisizioni di nuovi incarichi del primo semestre 2023, dove si osserva un maggior dinamismo rispetto allo stesso periodo del 2022, anche se il contesto economico generale fa prevedere una maggiore volatilità del mercato nel medio-lungo termine.

“Come prevedibile, l’aumento dei tassi di interesse, unito all’incremento dei prezzi degli immobili, ha determinato una contrazione delle transazioni nell’ultima parte del 2022 e nei primi mesi del 2023, con un rallentamento della domanda a fronte di un’offerta stabile. Uno scenario che potrebbe prolungarsi nell’ultima parte dell’anno, soprattutto se i tassi di interesse verranno mantenuti su alti livelli per almeno altri 12/18 mesi”, commenta Dario Castiglia, CEO & Founder di RE/MAX Italia. Secondo le analisi riportate nel Real Estate DATA HUB, l’impatto sull’immobiliare dello scenario macroeconomico sembrerebbe tendenzialmente sfavorevole nel breve periodo, anche se il Centro Studi di RE/MAX Italia conferma una visione positiva nel medio-lungo periodo grazie alla probabile stabilizzazione dei tassi di interesse. “Le dinamiche del mercato immobiliare dei prossimi mesi, ovviamente, saranno fortemente condizionate dagli interventi di politica monetaria che andranno a influenzare le decisioni degli investitori e l’andamento del real estate in termini di numero di transazioni, volumi, rendimenti e prezzi”, aggiunge Castiglia.

Fonte: Idealista.it

Dove lasciare il monopattino elettrico in condominio? La normativa di riferimento

Il monopattino elettrico, mezzo di trasporto entrato a pieno titolo tra i diversi simboli della mobilità sostenibile nelle città, sta diventando sempre più popolare tra gli italiani. Con l’aumento dei noleggi e dell’uso delle app di sharing, è emerso anche un calo degli incidenti, ma la loro rapida diffusione ha sollevato nuove questioni relative alla sicurezza sulle strade.

Oltre ai luoghi pubblici all’aperto, le preoccupazioni relative alla sicurezza dei nuovi mezzi sono anche “entrate in casa”. In particolare, non è infrequente chiedersi dove lasciare il monopattino elettrico in condominio, quali sono le diverse opzioni disponibili per il parcheggio e quali le strategie da adottare per non arrecare danni all’edificio ma soprattutto agli altri residenti. A tal riguardo, è possibile affermare che sarebbe opportuno collocare il monopattino o effettuare la ricarica in spazi appositamente designati per questi mezzi elettrici, come le stazioni di rifornimento predisposte anche all’interno delle zone comuni del condominio.

  1. Dove lasciare il proprio monopattino elettrico?
  2. Le aree comuni dove lasciare il monopattino elettrico in condominio
  3. È possibile tenere il monopattino in casa?

Dove lasciare il proprio monopattino elettrico?

Il luogo in cui parcheggiare o conservare un monopattino elettrico può variare a seconda delle circostanze. Spesso, il parcheggio in strada o in apposite aree designate può essere la soluzione ideale.

Tuttavia, quando si vive in un condominio, desiderare di avere il monopattino vicino alla propria abitazione (o addirittura al suo interno) in modo da controllarlo frequentemente è molto comune. I proprietari di monopattini, naturalmente, non desiderano sapere né cosa succede se si bagna il monopattino elettrico né quali sono le conseguenze dei rischi dovuti al monopattino in carica negli spazi comuni dell’edificio.

A tal riguardo, è possibile affermare che se ci si sta chiedendo dove lasciare il monopattino elettrico in condominio, esistono diverse opzioni che tengono sempre conto di quanto sancito dal regolamento condominiale e dalle norme del Codice civile sull’uso degli spazi comuni del condominio. Seguendo tali regole è possibile garantire la sicurezza propria, dei residenti dell’edificio e anche del proprio mezzo di trasporto elettrico.

Le aree comuni dove lasciare il monopattino elettrico in condominio

In un condominio, il parcheggio e la conservazione dei monopattini elettrici possono essere regolamentati dall’apposito regolamento condominiale approvato dai residenti dell’edificio per garantire una pacifica convivenza con gli altri condomini.

Il regolamento condominiale può stabilire divieti o deroghe relativi al parcheggio di monopattini elettrici all’interno del condominio. In mancanza di un regolamento o di specifiche disposizioni o divieti, il riferimento giuridico è costituito, naturalmente, dal Codice civile. A tal riguardo è bene specificare che, le parti comuni del condominio sono menzionate nell’art.1117 c.c. e, secondo quanto stabilito dall’articolo 1102 del Codice civile (sulle comunioni in generali), è garantito ai residenti il diritto di utilizzo delle cose comuni, purché tale utilizzo sia congruente con la loro destinazione originaria e non impedisca agli altri di farne uso.

dove lasciare il monopattino elettrico

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Pertanto, spazi come corridoi, scale, pianerottoli, terrazze e giardini condominiali in genere non possono essere adibiti a parcheggi per motociclette, biciclette o monopattini elettrici, in quanto ciò non corrisponde alla loro destinazione prevista. Come già affermato, tuttavia, se il regolamento condominiale lo prevede esplicitamente, il monopattino elettrico può essere parcheggiato in tali aree della struttura condominiale.

Ad ogni modo, è bene notare che l’androne potrebbe essere utilizzato per una sosta temporanea, così com’è accettabile permettere la sosta ai condomini per scaricare valigie, pacchi o sacchetti della spesa. Tuttavia, ciò non vuol dire che è possibile fare dell’androne un vero e proprio parcheggio. Inoltre, non dovrebbe essere impedito a nessun condomino di introdurre momentaneamente un monopattino o altri mezzi leggeri in ascensore per poi riporli in casa. Qualsiasi divieto in tal senso all’interno del regolamento condominiale potrebbe essere considerato eccessivamente restrittivo.

È possibile tenere il monopattino in casa?

Tenere il monopattino elettrico all’interno della propria casa è generalmente consentito, a meno che il regolamento condominiale non contenga disposizioni restrittive in merito. Tuttavia, va posta una particolare attenzione alla sicurezza, poiché esistono rischi concreti legati alla conservazione dei monopattini elettrici all’interno delle abitazioni.

Infatti, qualora posti in carica all’interno dell’appartamento, potrebbero verificarsi incendi e, pertanto, è consigliabile non lasciare il monopattino in carica o acceso in casa. Invece, per la ricarica, dovrebbe essere parcheggiato nelle apposite aree predisposte per i monopattini.

dove lasciare il monopattino elettrico

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Dunque, la conservazione di un monopattino elettrico in condominio richiede la considerazione del regolamento condominiale, delle norme del Codice civile e, soprattutto, delle questioni legate alla sicurezza. Rispettare tali regole e precauzioni è essenziale per garantire la convivenza pacifica con gli altri condòmini e prevenire potenziali rischi per la sicurezza.

Infatti, il tema del parcheggio dei monopattini elettrici è principalmente legato a questioni di sicurezza, che non sorgono con la stessa urgenza nel caso delle comuni biciclette non elettriche. La legge finora non ha affrontato questa problematica in modo completo, nonostante gli sviluppi recenti in materia di sicurezza stradale, assicurazione dei monopattini elettrici e normative di circolazione previste dal nuovo Codice della Strada.

Fonte: Idealista.it

Affitti case, calo dei canoni ad ottobre (-2,2%). Scopri i valori nella tua città

Cala il prezzo dei canoni di locazione in Italia, sceso del 2,2% a ottobre rispetto al mese precedente, per attestarsi a 12,7 euro/m2. Nonostante la flessione di ottobre, il prezzo di richiesta segna un incremento record pari al 12,3% negli ultimi 12 mesi, secondo l’Ufficio Studi di idealista, il portale immobiliare leader per sviluppo tecnologico in Italia.

Regioni
Il prezzo medio delle locazioni è diminuito in quasi tutte le regioni, ad eccezione di Trentino-Alto Adige (6,1%), Piemonte (2,6%), Umbria (0,8%), Sardegna (0,7%), Lombardia (0,6%) ed Abruzzo. Nella parte bassa del ranking, invece, i cali maggiori spettano al Lazio (-6%), seguito da Puglia e Molise (entrambe giù del 5,7%). Con ribassi percentuali superiori alla media del 2,2% registrato ad ottobre, troviamo Marche (-4,4%), Toscana (-4,4%), Friuli-Venezia Giulia (4,3%), Liguria (-3,6%), Calabria (-3,5%) e Valle d’Aosta (-2,3%). Il resto delle macroaree hanno registrato cali meno marcati.

Sul fronte dei prezzi, la regione più costosa per gli affitti risulta essere la Valle d’Aosta (20,6 euro/m2), a seguire troviamo Lombardia (17,7 euro/m2), Toscana (16,3 euro/m2), Trentino-Alto Adige (14 euro/m2), Emilia-Romagna (13,5 euro/m2) e Lazio (12,8 euro/m2). Le altre regioni, che si attestano su valori inferiori alla media nazionale, variano da 12,4 euro al metro quadro in Liguria a 6,3 euro/mese del Molise, la regione con le locazioni più convenienti in Italia.

Province
Nel mese in esame, la tendenza provinciale dei canoni di locazione evidenzia un chiaro ribasso, con cali riscontrati in 65 delle 105 zone monitorate. Le province che guidano questa diminuzione sono Brindisi (-17,4%), Latina (-13,7%), Ravenna e Fermo (-12,5%), Lucca (-11,7%), Crotone (-11%), Belluno (-10,8%), e Massa Carrara (-10,2%). Le restanti variazioni al ribasso di ottobre oscillano tra il 9,8% di Crotone e lo 0,1% di Cagliari.

Nel panorama delle province, Ferrara emerge come l’unica area a non aver subito variazioni di prezzo nell’ultimo mese. Al contrario, gli aumenti più significativi si concentrano a Trento (5,4%), Biella (5,3%), Bolzano (4,5%), e Rovigo (4,3%).

Lucca (27 euro/m2) si posiziona come la provincia italiana più costosa, seguita da Belluno (26 euro/m2) e Grosseto (24,9 euro/m2). La provincia di Milano si piazza al quarto posto con 21,6 euro al metro quadro, Roma sedicesima con 13,6 euro di media mensili. Dall’altra parte, Enna (4,8 euro/m2), Caltanissetta (5,3 euro/m2), e Alessandria (5,6 euro/m2) sono le province con gli affitti più accessibili.

Capoluoghi
In contrasto con le tendenze regionali e provinciali, si osserva un maggior numero di capoluoghi in crescita (46) rispetto a quelli in calo (34), con 3 città che mantengono prezzi stabili a ottobre (Novara, Rimini e Savona). Le maggiori variazioni al rialzo si verificano a Monza (7%), Chieti (6%) e Firenze (5,7%), mentre i cali più evidenti riguardano Potenza (-5,4%), Campobasso (-5,2%) e Pesaro (-5,1%). Tra i principali mercati cittadini in aumento, oltre a Firenze, si includono Genova (3,6%), Napoli (1,9%), Milano (1,4%), e Palermo (0,7%). Al contrario, si registrano cali a Torino (-0,1%), Bologna (-0,9%), Venezia (-1,3%), e Roma (-1,5%).

Milano si conferma come la città italiana con gli affitti più elevati, raggiungendo, a 22,9 euro/m², un record storico dall’introduzione dell’indice di idealista nel 2012. Firenze segue a 19,8 euro/m2, quindi Venezia e Bologna a 18 euro/m2, mentre Roma si posiziona sul quinto gradino delle città più care con i suoi 14,8 euro mensili. Al contrario, Vibo Valentia è la città più economica per l’affitto, con 4,7 euro al mese.

L’indice dei prezzi degli immobili idealista
Per la realizzazione dell’indice dei prezzi degli immobili di idealista vengono analizzati i prezzi di offerta basati sui metri quadri costruiti (a corpo) pubblicati dagli inserzionisti della piattaforma. Le inserzioni atipiche e le inserzioni con prezzi fuori mercato vengono eliminate dalle statistiche. Includiamo la tipologia di case unifamiliari (ville) e scartiamo immobili di qualsiasi tipologia che non hanno ottenuto interazioni da parte degli utenti per molto tempo. I dati finali vengono generati utilizzando la mediana di tutte le inserzioni valide in ciascun mercato.

Fonte: Idealista.it

I tassi Bce si fermano al 4,5 per cento: le conseguenze sui mutui casa

Questa volta ci si aspettava una pausa, e la Banca Centrale Europea ha rispettato le attese. Dopo dieci aumenti consecutivi, i tassi di interesse che definiscono il costo del denaro sono rimasti invariati, in particolare restando al 4,50 per cento per i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, al 4,75% sulle operazioni di rifinanziamento marginale e al 4,00% per i depositi presso la banca centrale. Secondo l’istituto di Francoforte, i passati aumenti saranno sufficienti ad arginare l’inflazione che, sebbene non si registri ancora in deciso calo, mostra tuttavia segnali di cedimento nel mese di settembre, avvalorando la decisione di una pausa che dia respiro all’economia europea. Vediamo i commenti degli economisti e le valutazioni di idealista/mutui sui finanziamenti per la casa.

  1. Tassi di interesse fermi al 4 per cento, le motivazioni della Bce
  2. Tassi di interesse Bce, quando scenderanno?
  3. Le previsioni sui tassi Bce degli economisti
  4. Tassi Bce fermi al 4,5 per cento, cosa succede ai mutui
  5. Quanto costano i mutui dopo lo stop ai tassi Bce
  6. Calendario Bce, quando cambieranno ancora i tassi?

Tassi di interesse fermi al 4 per cento, le motivazioni della Bce

“Ci si attende tuttora che l’inflazione resti troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato, – si legge nella nota in cui il Consiglio Direttivo della Bce spiega la sua decisione in tema di politica monetaria. – Inoltre perdurano le forti pressioni interne sui prezzi. Al tempo stesso, l’inflazione ha registrato un netto calo a settembre, ascrivibile anche ai forti effetti base, e gran parte delle misure dell’inflazione di fondo ha continuato a diminuire. I passati aumenti dei tassi di interesse decisi dal Consiglio direttivo seguitano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento, frenando in misura crescente la domanda e contribuendo pertanto alla riduzione dell’inflazione”.

Negli ultimi giorni sono emersi infatti diversi dati che giustificano una pausa nella crescita dei tassi. Uno di essi è la moderazione dell’inflazione nella zona euro. Secondo i dati dell’ufficio di statistica comunitaria, Eurostat, l’inflazione nella zona della moneta unica si è attestata al 4,3% a settembre, scendendo di nove decimi in un mese e segnando i suo punto più basso in quasi due anni. Anche il tasso di inflazione di base si è moderato, fermandosi al 4,5%, il minimo da agosto 2022.

“Il Consiglio direttivo, – si legge ancora, – è determinato ad assicurare ilritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine.

In base alla sua attuale valutazione, il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”.

Tassi di interesse Bce, quando scenderanno?

Nella riunione del prossimo 14 dicembre l’organismo guidato da Christine Lagarde aggiornerà le sue previsioni macroeconomiche, fondamentali nelle sue decisioni. Nonostante la decisione di lasciare i tassi invariati fosse oggi scontata, gli esperti non escludono la possibilità di ulteriori aumenti dei tassi nei prossimi mesi. I primi tagli potrebbero non farsi vedere prima dell’estate 2024.

Un taglio si rende necessario dati i segnali di rallentamento economico nell’Eurozona. Secondo i dati di S&P Global e Hamburg Commercial Bank, l’indice composito degli acquisti dei dirigenti (PMI) è sceso a 46,5 punti, rispetto ai 47,2 punti di settembre, rappresentando il suo livello più basso in 35 mesi e aprendo la via a una possibile recessione nella regione nella seconda metà del 2023.

A questo si sono aggiunte le previsioni della Bundesbank, che indicano una contrazione dell’economia tedesca, la più grande d’Europa, nel terzo trimestre dell’anno. Nel suo ultimo bollettino mensile, la banca centrale tedesca avverte del indebolimento della domanda estera, del consumo interno e degli investimenti a causa dell’incremento dei costi di finanziamento, affermando che la Germania, che è riuscita a evitare la recessione per un pelo in primavera, potrebbe aver registrato una nuova contrazione in estate. Pertanto, e se i sospetti della Bundesbank si avverano, l’economia tedesca si sarebbe contratta in tre dei quattro ultimi trimestri e sarebbe rimasta stagnante nell’altro.

Un altro dato che, secondo il mercato, giustifica la decisione della BCE di mantenere i tassi di interesse al 4,5% in ottobre è l’irrigidimento delle condizioni di finanziamento,

che sta risultando superiore alle previsioni. Secondo un sondaggio condotto dalla stessa banca centrale tra oltre un centinaio di entità della zona euro, il settore finanziario ha nuovamente irrigidito i suoi standard di credito durante il terzo trimestre, facendolo in misura maggiore rispetto a quanto atteso in tutte le categorie di prestiti. Questo ha nuovamente inciso sulla domanda di credito da parte di imprese e famiglie, includendo in quest’ultimo caso sia i mutui che i prestiti al consumo.

Le previsioni sui tassi Bce degli economisti

tassi di interesse Bce in ottobre sono rimasti fermi al 4,5 per cento, ma gli esperti si interrogano sull’inizio della discesa dei tassi, che potrebbe dare sollievo all’economia, ai mutui e ai prestiti. Ma la possibilità di un nuovo aumento resta ancora sullo sfondo.

“L’inflazione sta scendendo, anche se non rapidamente come sperato, e a settembre si è assestata al 4,3%, – nota Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy. – La traiettoria suggerisce un’ulteriore discesa che potrebbe però non essere lineare in considerazione dei prezzi dell’energia, dato che il petrolio è salito del 25% dall’inizio dell’estate. In ogni caso, ci aspettiamo che si assesti poco sopra il 2% il prossimo anno.

Non ci aspettiamo ulteriori rialzi dei tassi da parte della BCE, ma la vera domanda è quando verranno tagliati.

Infatti, gli attuali tassi sono molto elevati per l’economia dell’area euro, che è già in affanno e non può contare su un aumento della domanda proveniente dalla crescita demografica o dall’allargamento della classe media, in un contesto di irrigidimento delle finanze pubbliche dal prossimo anno per via della reintroduzione del Patto di stabilità. Aspettare troppo potrebbe compromettere la crescita del prossimo anno, che è comunque attesa debole, ben sotto il punto percentuale”.

 “Crediamo che la decisione di prendere una pausa nel ciclo di rialzi dei tassi di intesse sia legata alle pressioni inflazionistiche in calo a settembre, – aggiunge Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, – ai deboli dati sul PIL delle economie della Zona Euro,  al forte rialzo dei rendimenti dei bond (governativi e corporate) e alle condizioni inasprite nel mercato del credito ben oltre le attese nel terzo trimestre (come riportato dalla bank lending survey). Questi elementi saranno usati come efficaci argomentazioni dai banchieri più “dovish” del Consiglio per convincere anche i membri più falchi dell’istituto di Francoforte a fermare il processo di rialzi del costo del denaro in Europa.

Pensiamo che la pausa sarà comunque “hawkish” ovvero mantenendo aperto uno spiraglio per un prossimo rialzo

nella riunione di dicembre quando lo staff di esperti della BCE pubblicherà le stime sulle variabili macroeconomiche (PIL, inflazione, disoccupazione) e potrebbe decidere di accelerare sulla riduzione degli asset in pancia all’istituto di Francoforte”.

“Riteniamo che il ciclo di rialzi della BCE sia concluso, – commenta Gurpreet Gill, Macro Strategist Global Fixed Income di Goldman Sachs Asset Management, – e ci aspettiamo che la decisione odierna di mantenere i tassi fermi al 4% si estenderà fino al 2024. L’aumento dei prezzi dell’energia rappresenta un nuovo rischio di rialzo per l’inflazione headline, ma una crescita contenuta e un raffreddamento dell’inflazione core probabilmente precluderanno ulteriori rialzi dei tassi. Il nostro scenario di base prevede un taglio dei tassi a partire dal terzo trimestre dell’anno prossimo, anche se un forte rallentamento dell’economia o un deterioramento del mercato del lavoro più ampio del previsto potrebbero spingere ad anticipare l’allentamento delle politiche.”

Tassi Bce fermi al 4,5 per cento, cosa succede ai mutui

Gli occhi erano puntati sui tassi Bce anche per le loro conseguenze sui mutui casa, per i quali lo scenario macroeconomico degli ultimi 12 mesi ha rappresentato una vera croce. Cosa succederà ora ai mutui?

“La BCE si prende una pausa, pur consapevole che l’inflazione è ancora a livelli importanti e che l’inverno imminente, insieme alle incertezze geopolitiche, non sono esattamente viatici per confidare in un progressivo calo dei prezzi, – commenta Fabio Femiani, responsabile idealista/mutui Italia. –

Questo atteggiamento significherà probabilmente che i mutui rimarranno ai livelli attuali se non addirittura leggermente più costosi,

sulla falsariga di un prolungato alto livello dei tassi: il che non è una buona notizia per i consumatori e probabilmente non causerà movimenti significativi sull’Euribor. Fortunatamente, la forte concorrenza tra le banche, insieme alla curva dei tassi d’interesse invertita (con tassi più bassi a medio che a breve termine), fa sì che attualmente vi siano opzioni di mutuo a tasso fisso – in alcuni casi – al di sotto del 4%, che è il livello attuale dell’Euribor a 3 mesi. Vedremo nei prossimi mesi se il mercato prenderà questa pausa come una reale anticipazione del controllo dell’inflazione e di un futuro taglio dei tassi o se, al contrario, opterà per la prudenza e attenderà i fatti oltre le parole. In questo scenario, non ci aspettiamo cambiamenti rilevanti nel prezzo dei mutui, al di là, come detto, di qualche aggiustamento tattico da parte di alcune banche che cercano di conquistare maggiori quote di mercato. In questa situazione i mutui fissi e quelli a tasso misto continueranno a essere più attraenti di quelli variabili, almeno nel breve periodo”.

Quanto costano i mutui dopo lo stop ai tassi Bce

La Bce lascia invariati i tassi di interesse, ma i continui aumenti delle rate mensili scattati negli ultimi due anni per effetto delle decisioni della Banca Centrale pesano fino a quasi +4.400 euro all’anno su chi ha acceso un finanziamento a tasso variabile. Lo afferma il Codacons, commentando lo stop al rialzo dei tassi deciso oggi dalla Bce.

Considerata una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro, per una durata di 25 anni, ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, la rata mensile è salita complessivamente negli ultimi due anni tra i +270 e i +365 euro per effetto di tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea a partire dal 2022. Questo significa, secondo Codacons, che una famiglia che ha acceso un mutuo a tasso variabile si ritrova a spendere oggi in media tra i +3.240 e +4.380 euro all’anno rispetto a quanto pagato nel 2021 come conseguenza delle politiche monetarie della Banca Centrale Europea.

Calendario Bce, quando cambieranno ancora i tassi?

Ecco il calendario delle prossime riunioni Bce durante le quali l’istituto di Francoforte potrebbe decidere nuove variazioni nei tassi di interesse:

  • 14 dicembre 2023
  • 25 gennaio 2024
  • 7 marzo 2024
  • 11 aprile 2024
  • 6 giugno 2024
  • 18 luglio 2024
  • 12 settembre 2024

Fonte: Idealista.it

Torna l’ora solare: date e vantaggi energetici del cambio dell’ora

A fine ottobre torna l’ora solare, le lancette dell’orologio verranno portate indietro: quali sono i vantaggi del cambio dell’ora?

Ritorna l’appuntamento con il cambio dell’ora: fra pochi giorni si sposteranno indietro le lancette dell’orologio, in concomitanza dell’entrata in vigore dell’ora solare. Si tratta di un rito che coinvolge tutti gli italiani due volte l’anno dagli anni ‘60 dello scorso secolo, in primavera e in autunno. Per quale ragione, allora, è stata introdotta l’alternanza tra ora solare e ora legale? Quali sono i vantaggi di una simile scelta?

Quella del cambio dell’ora è una pratica che, così come poc’anzi accennato, è stata introdotta nel corso del ‘900, allo scopo di ridurre i consumi energetici. La possibilità di fruire di un’ora di illuminazione in più al mattino oppure alla sera, a seconda dei periodi dell’anno, permette infatti di risparmiare grandi quantità di energia elettrica, tutto a beneficio del portafoglio e dell’ambiente. Ma quali sono le date per l’ora solare nel 2023 e quali i vantaggi di questa consuetudine? Di seguito, qualche informazione utile.

  1. Quando ritorna l’ora solare?
  2. Tra storia e consumi: perché si cambia l’ora
  3. Il cambio dell’ora sarà abolito? Il dibattito in Europa
  4. I dubbi più comuni sul ritorno dell’ora solare

Quando ritorna l’ora solare?

Il cambio dell’ora avviene in due specifici momenti dell’anno: durante la notte dell’ultima domenica di marzo e, ancora, dell’ultima di ottobre. La prima data segna l’avvio dell’ora legale, quella che consente di approfittare di una maggiore illuminazione naturale la sera, la seconda invece è destinata all’ora solare, che privilegia invece più luce al mattino.

Data questa consuetudine, il passaggio dall’attuale ora legale a quella solare avverrà nella notte tra sabato 28 e domenica 29 ottobre: le lancette dell’orologio dovranno essere spostate dalle 3 alle 2. Così facendo, si potrà dormire un’ora in più. Al contrario, quando in primavera entra in vigore l’ora legale, si dorme invece un’ora in meno.

Tra storia e consumi: perché si cambia l’ora

Quella del cambio dell’ora è una pratica che ha coinvolto gran parte dei Paesi occidentali sin dai primi anni del ‘900, oggi diffusa nella maggior parte delle nazioni mondiali. Con lo sviluppo delle reti elettriche, della produzione industriale e della società dei consumi, si è reso infatti necessario rispondere a un importante quesito: come ottimizzare le richieste di energia elettrica, così da evitare sprechi e ottenere risparmi? Si decise allora di riprendere un’idea di Benjamin Franklin che, nel corso del 1700, teorizzò proprio il cambio dell’ora per ridurre i consumi di candele.

Cambio dell'ora, orologio

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In Italia il passaggio tra ora solare e ora legale è stato ufficialmente introdotto nel 1966, ma vi furono dei precedenti tentativi, prima negli anni ‘20 e poi negli anni ‘40. Ai tempi le date risultavano variabili di anno in anno, pur rimanendo sempre legate a primavera e autunno, mentre negli ultimi decenni questa disciplina è amministrata a livello europeo, con la scelta dell’ultima domenica di marzo e dell’ultima di ottobre.

I vantaggi del cambio dell’ora: quanto si risparmia

La logica alla base del cambio dell’ora è la riduzione della richiesta di energia da parte dei cittadini, favorendo l’illuminazione naturale nei momenti di picco dei consumi. In primavera ed estate, con giornate estese e assolate, si ottengono grandi vantaggi nel garantire un’ora di illuminazione in più durante la sera. In autunno e in inverno, invece, si ottiene un’ottimizzazione migliore privilegiando la luce naturale di mattino.

Per sapere quanto effettivamente si possa risparmiare di anno in anno è necessario rifarsi a Terna, la società che gestisce e analizza i consumi di rete in Italia. In attesa di conoscere i risultati effettivi per il 2023, che probabilmente verranno divulgati dopo l’entrata in vigore dell’ora solare, l’ente ha stimato un possibile risparmio di 220 milioni di euro, pari a 410 milioni di kWh consumati in meno e una riduzione di emissioni di anidride carbonica di circa 200.000 tonnellate. Dal 2004 al 2002, grazie all’alternanza dell’orario è stato possibile risparmiare oltre 2 miliardi di euro in consumi energetici. 

Il cambio dell’ora sarà abolito? Il dibattito in Europa

Da qualche anno si discute della possibile abolizione del cambio dell’ora in Europa, a seguito di una consultazione pubblica condotta dalla Commissione Europea. In particolare, da diversi decenni alcuni Paesi lamentano scarsi vantaggi dall’adozione della doppia ora: in particolare quelli del Nord Europa dove, per questioni di latitudine, non godono di grandi benefici in termini di illuminazione naturale.

La proposta di abolizione è stata avanzata dalla Commissione Europea nel 2018, trovando poi l’approvazione del Parlamento Europeo l’anno successivo. In un primo momento, si era ipotizzato di consentire a ogni singolo Stato Membro quale scegliere come definitiva tra ora solare e legale o, ancora, se mantenere in essere il cambio. Tuttavia, al momento è tutto fermo per l’emersione di alcune problematiche:

  • lasciare discrezionalità ai singoli Stati Membri potrebbe portare a grande confusione, anche e soprattutto a livello di fuso orario. Si rischia infatti di avere nazioni comprese all’interno dello stesso fuso, ma con orari diversi;
  • in un’ottica di maggiore attenzione all’ambiente e di risparmio energetico, sarebbe indicato che i Paesi europei optassero per l’ora legale tutto l’anno o, ancora, per continuare con l’alternanza tra solare e legale. Su questo punto, tuttavia, non si è ancora raggiunto un preciso accordo;
  • la pandemia da Covid prima, e la crisi energetica derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina poi, hanno fisiologicamente portato a un posticipo della nuova misura.

Al momento, non è stato fissato un calendario per l’abolizione del cambio dell’ora né le linee guida a cui i singoli Stati dell’Unione Europea si dovranno attenere.

I dubbi più comuni sul ritorno dell’ora solare

Il momento del passaggio dall’ora legale a quella solare è vissuto da molte persone con una certa apprensione, anche perché può avere delle blande conseguenze sul benessere personale. Per qualche giorno, in attesa che l’organismo si abitui ai nuovi orari, ci si potrebbe sentire più stanchi e stressati del solito, così come sperimentare problemi legati al sonno. È quindi normale che emergano dei dubbi: quali sono i più comuni?

Da quando non si cambierà più l’ora?

Così come già accennato, al momento non è stato stabilito un calendario per l’abolizione del passaggio tra ora solare e legale, e viceversa. 

Cambio dell'ora, orologio

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Inizialmente si era pensato al 2021 come anno di introduzione, con la possibilità per i singoli Stati Membri di scegliere se eliminare o mantenere il cambio dell’ora. L’emersione di alcune problematiche tecniche, la pandemia da Covid e il conflitto russo-ucraino hanno posticipato questo appuntamento a data da destinarsi.

Quando si cambia l’ora a ottobre 2023?

Nel mese di ottobre 2023 si verificherà il passaggio dall’ora legale a quella solare: nella notte tra il 28 e il 29 del mese si dovranno spostare le lancette dell’orologio un’ora indietro, dalle 3 alle 2. 

Come cambia l’ora a fine ottobre?

A fine ottobre torna l’ora solare, mentre l’ora legale tornerà nuovamente in vigore la fine di marzo. Poiché in inverno le giornate si accorciano, e non vi è la possibilità di recuperare grande illuminazione naturale la sera, viene privilegiata la luce naturale alle prime ore del mattino.

Perché si vuole abolire l’ora legale?

In realtà non si vuole abolire l’ora legale, bensì permettere ai Paesi europei di scegliere autonomamente quale orario adottare. Le varie nazioni potranno infatti optare per l’ora solare, l’ora legale o proseguire nella loro alternanza. Anzi, non si esclude che diverse nazioni scelgano proprio l’ora legale come preferita per tutto l’anno, poiché quella che permette di ottenere i maggiori vantaggi in termini di risparmio energetico.

Fonte: Idealista.it

Manovra 2024, ultima ora sulla legge di bilancio

Ultima ora sulla manovra 2024. Il governo ha approvato la nuova legge di bilancio 2024 che contiene importanti novità per le pensioni, la famiglia e gli aiuti per i figli,l‘assegno unico, il taglio irpef e la flat tax. Vediamo quali sono le misure più importanti e cosa prevede la manovra finanziaria licenziata dal consiglio dei Ministri guidato da Giorgia Meloni

  1. Cosa prevede la manovra 2024
  2. Manovra 2024, le pensioni
  3. Manovra 2024, Flax tax e Irpef
  4. Misure per Famiglia e figli
  5. Canone Rai
  6. Fringe benefit e lavoro
  7. Manovra 2024, la sanità

Cosa prevede la manovra 2024

Una manovra da 24 miliardi di euro, frutto, come ha spiegato la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa, di “16 miliardi di extragettito e il resto di tagli di spese” 

Una manovra finanziaria che “non dispersa risorse, ma le concentra su grandi priorità”. E le priorità di questo nuovo disegno di legge di bilancio 2024 prevede misure per le pensioni, la famiglia, i lavoratori autonomi e il lavoro in generale”

Manovra 2024, le pensioni

Sul fronte delle pensioni le misure approvate sono in primis una rivalutazione delle pensioni per l’inflazione, con un aumento del 100% per le pensioni fino a quattro volte il minimo e del 90% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo.

Inoltre viene introdotta Quota 104 che sostituisce la Quota 103 per il pensionamento anticipato.

Manovra 2024, Flax tax e Irpef

Circa 10 miliardi sono destinati al rinnovo del 2024 del taglio del cuneo fiscale contributivo (7% per i redditi fino a 25 mila euro, 6% per i redditi fino a 35 mila euro).

Si conferma la rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni di reddito dell’IRPEF per il solo anno 2024. In particolare si prevede una riduzione a tre degli scaglioni di reddito e delle corrispondenti aliquote progressive di tassazione del reddito delle persone fisiche:

  • 23 per cento per i redditi fino a 28.000 euro;
  • 35 per cento per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • 43 per cento per i redditi che superano 50.000 euro.

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Misure per Famiglia e figli

Importante le misure per la famiglia e i figli. Confermata la carta “dedicata a te” nella misura di 600 milioni di euro per l’anno 2024, si integra lo stanziamento dei mutui prima casa di circa 380 milioni di euro per l’anno 2024 e si stanziano risorse per il rifinanziamento del contributo straordinario per il caro energia e il bonus sociale elettricità (200 milioni di euro) per sostenere le fasce più deboli della popolazione nel primo trimestre dell’anno prossimo.

Si aggiunge un altro mese di congedo parentale, retribuito al 60 per cento, per i genitori con figli fino ai 6 anni.  Si aumenta il fondo per il bonus asilo nido di oltre 150 milioni di euro. L’asilo nido sarà gratuito a partire dal secondo figlio.

Canone Rai

Diminuisce il canone Rai, da 90 a 70 euro all’anno. Alla riduzione corrisponde un’integrazione del finanziamento della Rai per le spese relative agli investimenti. La dotazione complessiva subisce, quindi, una lieve modifica in linea con i tagli previsti per i ministeri (da 440 a 420 milioni).

Fringe benefit e lavoro

Confermata la detassazione dei premi di produttività al 5 per cento e dei fringe benefit fino a 2 mila euro per i lavoratori con figli a carico e fino a 1.000 euro per tutti gli altri (i benefici potranno essere riconosciuti anche per pagamenti di affitto e mutuo prima casa).

La decontribuzione assume un volto nuovo con riferimento alle donne lavoratrici, prevedendo che la quota dello sgravio sia pari all’intera quota dei contributi a carico delle lavoratrici stesse, per un anno se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo e permanente per quelle che hanno 3 figli fino ai 18 anni del più piccolo.

Manovra 2024, la sanità

Tra le misure previste a favore della sanità, una indennità per medici e altro personale sanitario impegnati nella riduzione dei tempi delle liste di attesa.

Si stanziano risorse pari a 250 milioni di euro per l’anno 2025 e 350 milioni di euro a decorrere dal 2026 per il potenziamento dell’assistenza territoriale anche con riferimento a nuove assunzioni di personale sanitario.

Per i residenti stranieri, cittadini di Paesi non aderenti all’Unione europea, si prevede la possibilità di iscrizione negli elenchi degli aventi diritto alle prestazioni del SSN, versando un contributo di 2.000 euro annui. L’importo del contributo è ridotto per gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio o per quelli collocati alla pari.

Fonte: Idealista.it